3. Il tormento dei ricordi

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POV Benjamin Nicholson

La vita del college era assolutamente fantastica. Era tutto quello che avevo sognato durante l'ultimo anno di superiori.

Le lezioni erano a malapena cominciate, e già nel campus giravano volantini di feste e misteriosi riti d'ingresso per le varie confraternite.

"Magari diventerò un membro dei Dark Sigma," dissi passando davanti al loro porticato ricoperto di bicchierini di plastica schiacciati, con un tizio privo di conoscenza disteso sulle scale. "Di sicuro sanno come divertirsi." 

Jeremy Smith, il mio infelice compagno di stanza, si lasciò scappare un sospiro infastidito adocchiando il suo brutto orologio digitale. "Sono già le otto e tre minuti. La lezione iniziava alle otto precise. Non possiamo fermarci ad ogni confraternita per commentare il declino dell'istituzione educativa. Ti prego, Benjamin, sbrighiamoci!"

Cominciavo a pensare che sarebbe stato meglio lasciarmi il damerino alle spalle. Aveva attorno a sé un'aria da chipmunk ansioso, e non sapeva cosa volesse dire la parola divertimento.

Non c'era scritto da nessuna parte che dovessimo andare a lezione tenendoci per manina, anche se partivamo dallo stesso punto A e dovevamo dirigerci allo stesso punto B.

"E va bene, e va bene..."

Non contento della mia resa, Jeremy mi afferrò per un braccio e cominciò a tirare in direzione dell'edificio B1, ma non appena arrivammo alla porta d'ingresso il suo cellulare squillò per quella che doveva essere la quinta volta quella mattina.

"Pronto? Scusa amore, sto entrando a lezione. Ti richiamo io. Sì!"

Dopo circa quattro giorni di conoscenza, potevo stilare una media statistica affidabile. Jeremy riceveva all'incirca trenta chiamate al giorno, di cui venticinque dal suo fidanzato polipo.

Sul serio... doveva esserci un limite legale a quante volte una persona potesse dire le parole "amore mio" in una giornata sola.

Cinque era accettabile. Sei era fastidioso. Ottanta era meritevole di decapitazione.

Specialmente considerando il fatto che il nostro caro Lucas Hernández, di cui ormai sapevo più di quanto mi interessasse sapere di qualunque essere umano, sarebbe passato nel nostro campus due volte a settimana, tutte le settimane, nonostante Jeremy avesse intenzione di tornare a casa ogni weekend.

Questi due individui mostravano chiaramente un livello malato di interesse l'uno per l'altro.

Magari io mi ero innamorato di un bugiardo criminale e assassino, ma quanto meno nessuno mi aveva mai colto sotto la luce del sole a chiamarlo "amore mio".

E subito dopo quel pensiero, mi sentii invadere da un senso di repulsione. Non ci pensare, non è reale, non è mai successo.

Affondai le unghie nel dorso dell'altra mano e traccia solchi profondi. Di recente, la pelle in quel punto cominciava a bruciare non appena la sfioravo.

"Se ti prude tanto da farti sanguinare dovresti fare una visita da un dermatologo." Disse Jeremy, il futuro detective.

Avrei dovuto trovare un modo più inconspicuo per far tacere il mio cervello ogni volta che minacciava di ripensare a cose che era meglio lasciare dimenticate, ma mi piaceva l'idea che un giorno avrei smesso di tormentare la mia mano perché sarei finalmente riuscito ad annientare ogni ricordo velenoso del mio passato. 

"Dai, andiamo. Non c'è più nessuno nei corridoi, scommetto che hanno già iniziato." Jeremy sbloccò il telefono per ricontrollare quale fosse la nostra aula.

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