Prologue

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-Ancora non riesco a crederci che ritornerò a New York!- dico alla mia migliore amica dall'altra parte dello schermo mentre sistemo le ultime cose in valigia.
-Non ti mancherà Chicago?- mi domanda lei.
-Un po' ma non tantissimo, preferisco mille volte la mia New York.
-Soprattutto perché ci siamo noi!- si aggiunge l'altra mia migliore amica alla conversazione.
-Debby togli le scarpe! Non voglio il letto sporco!- la rimprovera Margot.
-Dopo. Allora Anastasia come ti senti? Pronta a rivedere tutte le tue persone preferite alla Harmony?- continua Debby spostando l'altra dalla fotocamera.
-Non me lo ricordare, ti prego- butto la testa all'indietro a quel pensiero.
Non sono pronta a rivedere nessuno.
Avevo appena quindici anni quando mi sono trasferita a Chicago con i miei per motivi lavorativi.
Ovviamente io non volevo trasferirmi ma non si fidavano a lasciarmi a casa di mio fratello Thomas di ventitré anni.
Lavora in una delle banche più importanti di tutta New York e continua a studiare economia per prendere la seconda laurea.
Anche se abbiamo sette anni di differenza, abbiamo un rapporto bellissimo, non litighiamo quasi mai se non per cazzate varie.
Ha provato a convincermi che andare a Chicago sarebbe stata una buona cosa, soprattutto per iniziare la mia adolescenza.
Per un momento gli ho creduto anche, ma quando ho iniziato l'high school, tutte le poche speranze che avevo sono scomparse subito.
Tutte le enormi aspettative che tutti hanno nel periodo dell'high school, per me erano inesistenti.
Fortunatamente è tutto finito qui, sto per andarmene per sempre da Chicago.
-Ana ci sei?- mi richiama dai pensieri Margot.
-Si- dico poco convinta sbattendo più volte le palpebre.
-Ti eri imbambolata.
-Ci sono, ci sono. Ci sentiamo più tardi ragazze, finisco di sistemare le ultime cose e controllo di aver preso tutto. Ciao- dico velocemente e accennando un sorriso.
-Va bene, ciao!- mi salutano loro calorosamente.
Clicco sul cerchio rosso per chiudere la chiamata e osservo per l'ultima volta la camera.
Non mi mancherà molto, ho solo brutti ricordi qui dentro.
Sono stati quasi due anni di inferno.
Di solito la camera da letto dovrebbe essere il nostro rifugio, il posto in cui ti puoi isolare da tutto e tutti, il posto in cui puoi stare tranquilla, ma non il posto in cui ti facevi del male nella speranza di stare meglio e risolvere qualcosa.
Forse quando tornerò a New York sarà davvero tutto finito e starò meglio?
Lo spero.
Chiudo l'enorme valigia e la trascino fuori vicino alle altre due.
Do un'ultima occhiata alla stanza e chiudo la porta.
-Anastasia sei pronta?- mi domanda mia madre guardandomi scendere le valigie giù per le scale.
-Si. Possiamo andare- le dico freddamente.
In silenzio mi accompagna alla macchina del taxi che mi stava aspettando.
-Mi raccomando, stai attenta e se succede qualcosa avvisami subito. Sii responsabile- mi dice sempre con il suo timbro severo.
-Ho diciassette anni, non quattordici- le rispondo freddamente mentre metto le valigie nel cofano. Lo chiudo e entro nell'auto senza dire nient'altro.
-Dove andiamo?- mi domanda la donna alla guida mentre si sistema il caschetto nero con le mani.
-All'aeroporto.
Poggio la testa sul sedile e socchiudo gli occhi.
Non vedevo l'ora di andarmene.

-Signorina siamo arrivati- sento la voce della donna richiamarmi.
Mi sono addormentata senza volerlo.
Mi strofino gli occhi e mi sistemo velocemente i capelli.
Pago la donna e scendo dall'auto per prendere le valigie nel cofano.
Per essere ottobre fa già abbastanza freddo.
Il cielo è coperto di nuvoloni grigi pronti a scaricare un sacco di acqua.
Prendo le valigie e mi dirigo velocemente verso l'ingresso dell'aeroporto.
Non me lo ricordavo così grande.
Mi metto in fila per i controlli e nel frattempo prendo il cellulare.
Ci sono vari messaggi da parte delle mie amiche e notifiche da ogni social.

Sono passate due ore e finalmente sono seduta sull'aereo.
Ho avuto la fortuna di avere il posto vicino al finestrino.
Mentre le hostess spiegano come funzionano tutti gli strumenti in caso di emergenza, mando velocemente un messaggio a mio fratello: "tra poco partiamo però credo che arriveremo in ritardo, hanno detto che ci saranno un po' di turbolenze".
Metto il cellulare in modalità aereo e prendo il libro che sto cercando di finire in questo mese: kiss me like you love me 3.
Lo sto amando. E' uno dei pochi libri che mi ha presa sin dai primi capitoli e che mi ha tenuta intere notti sveglia per sapere come sarebbero andate le cose tra Neil e Selene. Ho davvero paura per il finale di questo libro.
-E' davvero bello quel libro.
Alzo lo sguardo dal libro e mi giro verso il ragazzo seduto accanto a me.
Non è neanche male: ricciolino chiaro ma non troppo, occhi verdi e un sacco di lentiggini sul naso e sulle guance.
-Già- le rispondo timidamente.
-E' stato uno dei primi libri che mi ha fatto ricredere nel dark romance, ho sempre sottovalutato quel genere.
-E' un genere particolare ed è un po' complesso da scrivere.
-Esatto. Non basta solo provare ad immaginare ma bisogna immedesimarsi nei personaggi e nelle situazioni il più possibile.
-Credo che questa sia una delle cose più belle dell'essere uno scrittore.
-Tu scrivi?- mi domanda un po' sorpreso.
-Qualcosina quando ho del tempo libero. Mi aiuta a liberare la mente. Magari inserisco nelle storie o nei personaggi quello che sto passando e magari provo anche a trovare delle soluzioni.
-Figo. Di solito cosa ti piace scrivere?
-Vite alternative che vorrei vivere.
-Wow!
-Tu invece?
-Beh, studio giornalismo al Grace College in Indiana, quindi scrivo quasi sempre. Mi è sempre piaciuta la scrittura sin da piccolo. I miei volevano che studiassi medicina e diventassi un dottore come loro, ma non gli ho dato retta. Tra quasi un anno finalmente riuscirò a laurearmi- mi racconta fiero di sé.
-Oh, complimenti! Come mai sei diretto a New York?
Non so perchè ma questo ragazzo mi piace.
-Ora siamo in sessione e vorrei stare un po' a New York per rilassarmi con i miei amici. Mi sono trasferito a Chicago quando avevo dodici anni, per il lavoro dei miei. Tu, invece?
-Mi sto trasferendo da mio fratello. Anche io mi sono trasferita qui due anni fa per il lavoro dei miei, ma qui non stavo bene, quindi ho deciso di andarmene.
-Oh, mi dispiace.
-Beh in realtà non c'è tanto di cui dispiacersi. Ho tutti lì a New York: amici, scuola, mio fratello... la mia vita. I miei non si fidavano a lasciarmi lì con lui.
Veniamo interrotti dal rumore dell'aereo che è appena partito e dalla voce del comandante che ci avvisa subito delle turbolenze presenti.
-Comunque, sempre se vuoi, potremmo uscire qualche volta insieme a New York, così ti farò conoscere anche i miei amici.
-Certo- gli sorrido.
Prende gli auricolari bluetooth, li indossa e chiude gli occhi.
Io apro il libro e comincio a leggere.
Forse tornare a New York migliorerà davvero le cose, lo spero con tutta me stessa.

The friend of my brotherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora