Dietro le maschere

Dylan

**Il suono del pianto di Amira mi colpì come un pugno nello stomaco. Non l'avevo mai vista così fragile e non sapevo come reagire. Diego si mosse subito per confortarla, mentre io rimasi immobile, limitandomi a osservare la scena da lontano. Volevo avvicinarmi per consolarla, ma una voce nella mia testa risuonò: "Devi starle alla larga per il bene di Diego". Tuttavia, quel senso di impotenza cresceva dentro di me. Sentire Amira piangere mi fece provare un mix di emozioni: frustrazione e colpa si mescolavano in me.

Mi ero allontanato negli ultimi anni, ma la verità è che non avevo mai smesso di preoccuparmi per lei. Vederla così indifesa, con un peso troppo grande da portare sulle spalle, risvegliò in me un forte senso di protezione e accese qualcosa che avevo cercato di reprimere per troppo tempo.

"Ehi, amico," disse Diego, riportandomi alla realtà, "vieni anche tu con noi?"

"O-ok," accettai senza pensarci troppo.

Le ragazze erano pronte e stavano scendendo. Per prima arrivò la piccola Anastasia, a cui spettinai i capelli con affetto. Poi scese Amira, indossando un maglione nero, pantaloni dello stesso colore, stivaletti LV e una borsa abbinata. Sempre perfetta e bellissima.

La guardai per tutto il tempo mentre uscivamo di casa per andare al nostro solito bar vicino a Piazza di Spagna. Arrivati al bar, che era un luogo piuttosto familiare poiché avevamo trascorso lì gran parte della nostra adolescenza, risi al ricordo dei vecchi tempi. Entrando, ci sedemmo e ordinammo un caffè. Mentre bevevo il mio, il mio sguardo rimaneva fisso su Amira, osservando il modo in cui rideva ai ricordi che Diego riportava alla luce.

Avevo bisogno di chiederle come stava, ma le parole faticavano a uscire. Alla fine mi decisi: "Amira, come stai?"

Glielo dovevo. Non potevo non chiederlo.**

___