Capitolo 1 - Una vita da Piergiorgio

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«Una vitaaa da Piergiorgiooooo! Sempre pronto a fare il droneeeeee...»

Andrea lanciò un'occhiataccia a Matteo: «Smettila di fare casino, spaventi i clienti!»
Si guardò attorno, visibilmente imbarazzato. Fortunatamente, sembrava che nessuno prestasse attenzione a quel pietoso teatrino.
Matteo ridacchiò. Non aveva nessuna intenzione di smettere di tormentare il suo coinquilino.
Si appoggiò al bancone dei gelati, guardando Andrea con un sorriso beffardo.
Riprese a canzonarlo: «Una vita da Piergiorgio... da chi scopa sempre poco...»
«Ti ho detto di farla finita!», sibilò Andrea, visibilmente adirato. Finse, con un gesto stizzito, di lanciargli lo straccio che stava usando per asciugare le coppe gelato in vetro.
«Ehi, calma, calma! Sto solo scherzando! Ti brucia ancora, eh?»
Il giovane lo guardò serio, poi abbassò gli occhi, continuando a riordinare le coppette.
«D'altra parte, anche lei, troieggiare così sfacciatamente su TikTok con il suo Magrechad... Hai visto che roba?» continuò Matteo, rigirando impietoso il coltello nella ferita.
«Non ho TikTok e comunque non troieggia, come dici tu. Fa la ballerina per i video di trap, è normale che abbia simili atteggiamenti», borbottò, senza alzare lo sguardo.
«Sarà...», sospirò Matteo, deluso per la mancata reazione rabbiosa dell'amico. «Non ti posso vedere in questo stato. Ormai è passato un secolo da quando Sharon ti ha di fatto scaricato e tu, beh, hai accettato la cosa senza battere ciglio, rassegnato, come se avessi sempre saputo che sarebbe finita così... Non va bene.»

Andrea ignorava il coinquilino, sul suo viso un'espressione di assoluta indifferenza.

«Fin da quando ti conosco hai sempre lasciato agli altri il compito di decidere della tua vita, senza obiettare o lamentarti. Hai sopportato con il sorriso ogni genere di angheria da chiunque, specialmente da me. Trovo inconcepibile tutto questo. Vorrei far uscire il vero te, sono sicuro che l'hai sepolto da qualche parte.»

L'amico alzò gli occhi e scosse la testa. «Perdi il tuo tempo.»

Matteo stette in silenzio per qualche secondo, poi ebbe un'idea per riattizzare la fiamma dell'ira.
«Eh, ma povera Sharon, che puoi pretendere da una studentessa di Scienze Politiche, vegananimalistattivista? Ovvio che sarebbe caduta ai piedi del primo magrechaddino nonsonobellomaspaccio, sedicente trapper palestrato, tatuato anche in fronte! Come puoi competere, tu, un Soy Boy studente di Scienze della Formazione Primaria, futuro maestro elementare...» Matteo ridacchiò. «O peggio, dado dell'asilo!»
Guardò Andrea soddisfatto: dall'espressione contratta del suo volto, desunse di aver finalmente di aver raggiunto l'obbiettivo di fagli avere una qualsivoglia reazione.
«Si chiamano scuola primaria e scuola dell'infanzia.» Andrea puntualizzò, secco, continuando a rassettare le stoviglie della gelateria. «E si dice insegnante.»
Prese la spugna e iniziò a strofinare alcune tazzine sotto il getto dell'acqua del rubinetto.
«Comunque lo si chiami, la sostanza non cambia. Ma cosa vuoi insegnare a dei mocciosi urlanti?, ribatté Matteo.
«A non diventare degli adulti stronzi come te?», rispose Andrea, chiudendo il rubinetto.
Si asciugò le mani e le appoggiò sul bordo del lavello, stringendo la testa tra le spalle. Socchiuse gli occhi e rivolse all'amico un largo sorriso.
«Tutto sommato, non mi pare tu te la stia passando meglio di me. Sinceramente, oltre a qualche ragazzo con gravi problemi di secchionaggine, a chi cazzo credi che importi di studiare latino e greco? Professore di lingue morte e sepolte, un lavoro che attira le donne più delle mazzette di contante, da vero Chad, eh?»
Nascose la faccia dietro la mano e scoppiò a ridere. Matteo arrossì violentemente e strinse i denti.
«La letteratura classica ha sempre il suo fascino, sono gli ignoranti come te preferiscono l'elefante sul filo di ragnatela.»
Andrea sorrise e piegò la testa di lato, il locale era vuoto, poteva tranquillamente prendersi tutto il tempo che voleva. Sua zia, la titolare, era sul retro, impegnata a preparare le torte e i semifreddi su commissione dei ristoranti della zona. In sottofondo, la radio suonava musica commerciale.
«Ah, dimenticavo», Andrea si girò di spalle e appese lo straccio al gancio, «con le poesie di Catullo hai conquistato Michela, la prima, l'unica, la sola...»
Abbassò il capo e, senza farsi vedere da Matteo, si lasciò andare ad un ghigno malvagio.
«A proposito, come sta? Ancora in Erasmus a Barcellona?» Si voltò. Guardò Matteo con gli occhi di un sadico assassino. «Riesci ancora a passare attraverso le porte o hai dovuto alzarle?»
«Ehi, ehi, frena frena Piergy, guarda che quando torna si ritrova più corna in testa che in un cesto di lumache!» Matteo sembrava aver recuperato la sua baldanza. «Siamo una coppia aperta, poliamorosa e anarchico relazionare, posso farmi tutte le fighe che voglio, senza chiedere il permesso a nessuno!» Piegò la testa e si massaggiò il mento, mordendosi il labbro inferiore.
Andrea faticò parecchio nel trattenere una sonora risata. Lo guardò dritto negli occhi. «E da quando è partita, quante fighe ti sei fatto? Se non riesci a contarle, puoi aiutarti con le ditina!» Smise di trattenersi e gli rise in faccia. Matteo si vergognò.
«Non c'è stata ancora l'occasione, ma appena mi si presenta...»
«E a Michela, quante occasioni si sono presentate? Te ne ha parlato?», lo interruppe Andrea.
Matteo si girò in modo da dar le spalle all'amico. Suonò la campanella del negozio, qualcuno stava entrando.
«Oh, poche chiacchiere e lavora, arrivano clienti...», borbottò, infilandosi le mani in tasca.
«Ciao signor Grecolatino! Tanto ci si vede a casa!», ridacchiò Andrea.
Matteo uscì dal locale, ignorando il coinquilino e borbottando qualcosa di incomprensibile tra sé sé.
Andrea lo seguì con lo sguardo, non era offeso. Sapeva che Matteo era fatto così, in fondo era un buon ragazzo, non era cattivo, semplicemente sfogava le sue frustrazioni sugli altri.
Gli mancava Michela. Da amico, Andrea gli aveva consigliato molte volte di lasciarla andare e voltare pagina, ma Matteo si aggrappava a quel saluto occasionale che lei gli mandava, ignorando la miriade di foto che postava sui social, sempre con ragazzi diversi, sempre di locali e feste diverse. Altro che poliamore!
Andrea scosse la testa, doveva concentrarsi sulla clientela che stava entrando.

«Buonasera e benvenuti al Nido del Pinguino! Come posso servirvi?»
Andrea rivolse un caldo sorriso ai nuovi arrivati, presumibilmente una madre con suo figlio, vista la differenza di età e la forte somiglianza. La donna non doveva essere oltre la cinquantina, ma il suo volto appariva sciupato, tipico delle persone che avevano sofferto troppo. Aveva però un'aria molto allegra e stava cercando di scherzare con il ragazzo che era con lei, il quale appariva annoiato e irritato dai tentativi di interazione della donna nei suoi confronti.
«Mamma, dài, smettila! Lo sai che non mangio dolci.» Sibilò a denti stretti, fissando il pavimento per l'imbarazzo.
«E su Lori, per una volta cosa vuoi che sia...», cinguettò la donna con un tono dalla dolcezza esagerata, «Fai contenta mamma!»
Lorenzo alzò la testa e fissò sua madre negli occhi con sguardo assassino. «No», ribadì, secco.
Andrea aveva le guance in fiamme per l'imbarazzo, non avrebbe voluto assistere a quello spettacolo pietoso, ma si impegnò al massimo per mantenere l'aplomb e fingere che non stesse accadendo nulla.
«D'accordo, allora», la donna sorrise al figlio, poi si rivolse ad Andrea: «puoi farci due coni piccoli, uno con bacio e stracciatella e l'altro...», si rivolse al figlio, «tu che gusti vuoi, Lori?»
Lorenzo si sentì preso in trappola. Non riusciva a capire cosa ci fosse di tanto complicato nell'accettare una risposta negativa. Sospirò e, per la prima volta, incrociò lo sguardo di Andrea, che aveva ancora appiccicato sul volto il sorriso standard da omino dei gelati.

BUM.

♪♬♫♫♪♬
That's great, it starts with an earthquake
Birds and snakes, an aeroplane, Lenny Bruce is not afraid
♪♬♫♫♪♬

Il volto pallido di Lorenzo all'improvviso diventò paonazzo, gli occhi sbarrati, il cuore galoppava impazzito; mosse piano le labbra, non uscì nessun suono.

♪♬♫♫♪♬
Eye of a hurricane, listen to yourself churn
World serves its own needs, don't misserve your own needs
♪♬♫♫♪♬

Il tempo si congelò in un attimo infinito.

♪♬♫♫♪♬
Feed it up a knock, speed, grunt, no, strength, no
Ladder, structure clatter with fear of height, down height
Wire in a fire, represent the seven games
In a government for hire and a combat site
Left her, wasn't coming in a hurry with the furies
Breathing down your neck
♪♬♫♫♪♬

Che cos'è questo rumore?
Il mio che cuore galoppa.
Pupille dilatate,
le pareti spariscono,
gira tutto,
tutto gira.
Spirali di colore,
vorticano, vorticano.
Musica,
rumore,
voci.
Confusione.
Pupille dilatate.
Confusione.
Confusione.

♪♬♫♫♪♬
Team by team, reporters baffled, trump, tethered crop
Look at that low plane, fine then
Uh oh, overflow, population, common group
But it'll do, save yourself, serve yourself
World serves its own needs, listen to your heart bleed
Tell me with the rapture and the reverent in the right, right
You vitriolic, patriotic, slam, fight, bright light
Feeling pretty psyched
♪♬♫♫♪♬

Sono morto,
non mi reggo in piedi,
sono morto.
No, sono vivo,
sono troppo vivo.

♪♬♫♫♪♬
It's the end of the world as we know it
♪♬♫♫♪♬

La sento, scorre nelle vene.
Non ci riesco,
troppo veloce, troppo veloce.

♪♬♫♫♪♬
It's the end of the world as we know it
♪♬♫♫♪♬

Troppa vita, troppa vita.
Scorre nelle vene,
scorre troppo veloce
Pupille dilatate, esplodo.
Muoio.

♪♬♫♫♪♬
It's the end of the world as we know it
♪♬♫♫♪♬

È la fine,
è la fine.
No.

♪♬♫♫♪♬
And I feel fine
♪♬♫♫♪♬

Sono solo felice.





Credits canzone:

Compositori: Peter Lawrence Buck / Michael E. Mills / William Thomas Berry / John Michael StipeTesto di It's the End of the World as We Know It (and I Feel Fine) © Night Garden Music

Sarai il mio ragazzo [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora