𝖀𝖓𝖔. La prima punizione

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Il vecchio lampione all'angolo del corridoio emette una luce tremolante, come se fosse stanco di illuminare la strada per le anime perdute

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Il vecchio lampione all'angolo del corridoio emette una luce tremolante, come se fosse stanco di illuminare la strada per le anime perdute. Nessuno sa chi l'ha acceso la prima volta, e nessuno osa spegnerlo.

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Il cielo sopra il campus è di un grigio opprimente, come se riflettesse l'atmosfera rigida che pervade ogni angolo del Romanus College. Le foglie autunnali, di un arancione sbiadito, si ammassano contro i bordi dei sentieri in pietra, spazzate via dal vento che soffia tagliente tra gli edifici austeri e gotici.

Tiro su il cappuccio della giacca mentre attraverso il cortile centrale, stringendo al petto il grosso libro di storia che sto riportando in biblioteca. A ogni passo, sento gli occhi vigili delle telecamere di sicurezza seguire i miei movimenti, un promemoria costante delle regole soffocanti del college. Qui, ogni sussurro è ascoltato, ogni trasgressione punita.

C'è un uomo che non ho mai visto prima. Sta armeggiando con un vecchio lampione all'angolo del cortile. I capelli brizzolati cadono disordinatamente sulla fronte e indossa una giacca scura, pesante, che sembrava fuori luogo in mezzo a questi edifici, dove tutto è perfettamente regolato e in ordine.

Un'ombra ricade su metà del suo viso, rendendo i suoi tratti ancora più intensi e curiosi. È attraente quanto trasandato. La pelle sotto gli occhi è leggermente violacea, come se non dormisse da giorni; la barba grigiastra è poco curata, eppure così perfetta per il suo volto, esalta i contorni del suo viso, specialmente la mascella, che contribuisce a dare al suo aspetto maggiore imponenza.

Sta fissando qualcosa all'interno del lampione, con una concentrazione tale che sembra quasi ignorare il resto del mondo. Ma poi, come se avesse percepito la mia presenza, solleva lo sguardo, i nostri occhi si incontrarono per un breve istante. Mi assale un brivido lungo la schiena, una sensazione inspiegabile. Le sue iridi, dello stesso colore dell'acciaio, incutiscono timore. Osservarle mi fa congelare più di quanto non stia facendo già la temperatura.

Mi affretto a distogliere lo sguardo, continuando a camminare verso la biblioteca. Chi era quell'uomo? Non l'avevo mai visto prima nel campus, eppure sembrava muoversi con la sicurezza di qualcuno che conosce ogni angolo di questo luogo.

Scrollo la testa, pensarci non serve a niente. Tanto vale tornare a concentrarmi sul libro di storia che, a quanto pare, non ho più fra le mani.

«Occhi blu, capelli neri come un legno bruciato... bassa statura... Sì, devi essere Emel Valdea, quella nuova» dice, sfogliando le pagine del libro, senza nemmeno soffermarsi a leggere. Lo fa e basta.

Mi schiarisco la voce. «Esatto. Tu chi sei?»

Porta indietro i suoi lunghi e lisci capelli rossicci. «Georgia Damascu» risponde con un sorriso poco convincente. Il rumore della carta che si strappa, poi lo richiude velocemente e me lo restituisce. «Ops. Credi che se la bibliotecaria se ne accorgerà, chiederà per te una punizione?»

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