Entro breve la stagione estiva avrebbe concesso il suo spazio alle foglie arse e traballanti, con noi studenti a rammentare alla nostra memoria che non siamo essere ordinari che conducono un esistenza conforme alla consuetudine babbana. Non esiste tale spensieratezza. Ciò mi causa ogni anno dispiacere e ritengo di essere la sola ad avere questi pensieri malinconici, perché in fin dei conti chi non vorrebbe trascorre la vita nel nostro mondo? Il luogo appellato casa. Un universo totalmente opposto, in cui tutto può rientrare nei limiti di una ipotesi e la magia è dovunque. Ci attornia, ed è interiormente in ciascuno di noi.
Beh, per me non è così.
È come se ho già vissuto questo mondo che non ha eguali e questo comporta in me il non riconoscere il suo valore. Ho questa impressione di aver già visto, di aver acquisito quello che dovevo e adesso... non mi rimane niente. Non comprenderò mai questa perplessità e nessuno riuscirà mai a fornirmi una risposta, dunque mi lascerò ammaliare da questo cielo stella che osservo a lungo, stando seduta sul tetto di casa.
Non ho idea di come sfruttare il tempo con la mia sola compagnia, sono un soggetto piuttosto penoso. Ho passato la maggior parte delle vacanze a incrementare le mie capacità, scoprendo con approfondite ricerche argomenti che mio padre consacrerebbe in una paternale esorbitante. In qualche modo devo colmare la mia sete di conoscenza, ma al tempo stesso non voglio fornire l'ennesima delusione disobbedendo.
Essere collocata nella casa del serpente è stata una delle prime. Che sciagura per chi appartiene a una famiglia di soli orgogliosi grifondoro. Francamente ero certa di conseguire la stessa sorte, ma il capello parlante ha compreso che ero troppo svitata per ostentare soltanto della audacia.
Papà nonostante questo imprevisto ha cercato di rincuorarmi. Semplicemente per lui rispecchio le caratteristiche e che c'è presente un pregiudizio che ti spinge ad avere la tipica convinzione che chiunque successivamente sarebbe stato un essere crudele. Le sue parole non sono servite, perché io sono conscia che non sono pura di cuore. Nel profondo del mio animo c'è del deteriorato, un qualcosa di malefico che tengo sigillato. Se dovessi accogliere quella parte di me, accettare che esista, temo in che cosa potrei diventare. Temo soprattutto che possa essere la vera me.
Zio Alberfoth mi rappresenta come un futura creatura innaturale, tale da suscitare l'orrore. Dichiara la colpa a papà, lo incrimina di non avermi dedicato abbastanza tempo da consentire che il male mi guastasse sul piano morale. Perché come lui ne era stato ammaliato un tempo, la medesima cosa sarebbe capitata a me.
Avverto d'un tratto un rumore assordante. Un corpo che si abbatte con pesantezza, procurandomi un tonfo al cuore. Mi volto bruscamente verso la finestra che volge l'interno della stanza, ma non scorgo nulla. Tento di avvicinarmi maggiormente, vigilie a qualunque suono. Assottiglio lo sguardo cercando di cogliere qualunque presenza nella penombra e quando intercetto una chioma bionda sollevarsi, freno la lingua prima di scagliare un incantesimo.