Run

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Verde. Questo era il colore che Jisung vedeva, ovunque lo sguardo si posasse: il verde degli alberi che scorrevano oltre il finestrino del treno, il verde delle campagne che si estendevano sotto un cielo grigio e nuvoloso. Il verde era sempre stato il suo colore preferito, simboleggiava la speranza, il rinnovamento e la possibilità. Ma ora, mentre il treno lo trasportava verso una nuova vita, il ragazzo si chiedeva se in lui ci fosse ancora spazio per la speranza.

Stava per affrontare una serie di cambiamenti: il primo anno universitario, una nuova città, una nuova casa e nuove conoscenze. Si sentiva come se stesse per decollare verso l'ignoto, un mix di paure e aspettative che lo avvolgeva. Non voleva più essere il ragazzino insicuro del liceo, quello che tutti deridevano. Questo era il suo momento di mostrare al mondo chi
era veramente.

Jeongin, seduto accanto a lui, lo riportò alla realtà con una voce allegra, che tradiva una certa preoccupazione. "Ehi amico, tutto ok?"

Jisung si scosse e sorrise, cercando di mascherare il suo turbamento. "Sì, sì, tutto ok, Innie. Ero solo pensieroso."

Jeongin era il suo migliore amico e Jisung ricordava con chiarezza il giorno in cui si erano conosciuti. Era il primo giorno di scuola alle elementari e, appena trasferito, si sentiva fuori posto. Gli altri bambini avevano già formato le loro piccole cerchie, ma lui era l'unico che non conosceva nessuno.

Poi, dal nulla, era spuntato Jeongin, un ragazzino vivace e sorridente, che gli chiese di sedersi accanto a lui. Quel gesto semplice aveva segnato l'inizio di una lunga e profonda amicizia. Jisung e Jeongin erano diventati inseparabili, condividendo tutto, dalle gioie ai dolori.

Un momento particolarmente significativo era stato quando avevano scoperto di essere entrambi attratti dai ragazzi. Per un po' avevano pensato di essere innamorati l'uno dell'altro, ma col tempo avevano capito che il loro era un altro tipo di amore. Jeongin era, e sarebbe sempre stato, il fratello che Han non aveva mai avuto.

Quando il treno giunse a Seoul, Jisung rimase colpito dalla maestosità della città. Le strade erano ampie e brulicanti di vita, i grattacieli svettavano verso il cielo grigio e l'aria era pervasa da un mix di odori e suoni. Era un caotico spettacolo di luci e colori che, sebbene disorientante, gli infondeva una strana sensazione di tranquillità.

"Wow, ma è stupendo qui!" esclamò Jeongin, afferrando il telefono e scattando una foto del loro arrivo. "Dai, Jin, facciamoci una foto!"

Jeongin postò la foto sul suo profilo con entusiasmo, mentre Jisung osservava il nuovo ambiente con occhi sgranati. "Ma che bella questa foto! Dai, Innie, andiamo a conoscere quella che sarà la nostra casa per i prossimi tre anni!"

Camminarono insieme verso il loro nuovo appartamento. La casa si trovava nella periferia della città, in un edificio modesto che rispecchiava il tipico alloggio di due giovani universitari. Al secondo piano di un condominio, l'appartamento era piccolo ma accogliente. Entrati, si trovarono di fronte a un salotto con angolo cucina ; un corridoio a destra conduceva alle camere da letto, mentre a sinistra c'era il bagno. Nonostante fosse compatto, Jisung lo percepiva già come la sua casa.

Trascorsero la mattinata sistemando le cose e, una volta completato il lavoro, Jeongin propose: "Sono proprio distrutto. Ci meritiamo un bel pranzo fuori, che ne dici, Jis?"

Jisung, un po' riluttante, rispose: "L'idea di uscire in questo momento non mi entusiasma molto."

Jeongin, con il suo inconfondibile sorriso, insistette: "Dai, non fare il solito guastafeste. Siamo in una nuova città e tu vuoi restare a casa?"

Jeongin era la parte estroversa del duo. Con quel sorriso malizioso riusciva sempre a convincerlo, infatti, anche questa volta cedette.

Non era male uscire un po', potevano sfruttare l'occasione per esplorare la città. Ogni angolo di Seoul sembrava offrirgli una nuova emozione. I grattacieli maestosi e le strade affollate erano una novità entusiasmante per Jisung, che proveniva da un piccolo paesino dove tutti si conoscevano. Camminando per le vie principali, rimase colpito da una scena semplice ma significativa: un bambino che mangiava un gelato insieme a suo padre. La felicità genuina del bambino lo fece riflettere su quanto fosse raro, per lui, sentirsi così spensierato.

Perso nei suoi pensieri, non si accorse che Jeongin si era allontanato. Si girò, preoccupato, finché non vide il suo amico tornare con due gelati in mano. Jeongin, con un sguardo affettuoso, gli porse uno dei gelati senza dire nulla.

Jisung apprezzava il modo in cui Jeongin rispettava i suoi spazi, riuscendo comunque a dimostrare, con piccoli gesti, di esserci per lui. Finito il gelato, lo  abbracciò e lo ringraziò con affetto.

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Ormai era quasi sera quando Jisung e Jeongin decisero di tornare a casa. Seguendo la voce del navigatore, svoltarono a destra e si ritrovarono in una via pullulante di negozi,udendo una musica accattivante. Jisung, incuriosito, decise di seguire il suono.
La melodia diventava sempre più forte, finché si ritrovarono davanti a una vetrina enorme con un'insegna verde:"DANCERACHA," recitarono i due.
" Ma è una scuola di danza!" esclamò Jeongin.

Dentro l'edificio, un ragazzo dai capelli bordeaux stava ballando con una grazia e una fluidità impressionanti. Sembrava essere completamente in sintonia con la musica, quasi non fosse umano. La scena era ipnotica.

Improvvisamente, la musica si interruppe e il ragazzo si voltò verso di loro. "Cos'è, non hai mai visto un ragazzo ballare?" chiese con un tono quasi sarcastico.

Jisung, sorpreso e imbarazzato, balbettò: "Emh... n-no, in realtà..."

"Senti, non ho tempo da perdere, mi sto allenando," rispose il ragazzo, riprendendo a ballare.

"Lascia perdere, Jis, è solo uno sbruffone," disse Jeongin, prendendolo per il braccio e trascinandolo via.

Tornati a casa, Jisung sbatté la borsa per terra, furioso. "Ma chi si crede di essere! È un reato fermarsi a guardare un ragazzo ballare?"

"Dai, Jis, stai ancora pensando a quel tipo?" replicò Jeongin, con un tono stanco.

"Sì, è stato proprio maleducato!"

"Non pensarci, vai a farti una doccia e riposati. Domani iniziamo l'università e hai bisogno di essere al massimo delle tue forze."
"Hai ragione, Innie," rispose.

Dopo la doccia era esausto, la giornata era stata lunga e piena di nuove esperienze. Una volta a letto, Jisung non riusciva a smettere di pensare a quel ragazzo. "Guarda tu, quell'antipatico ha rovinato la mia giornata perfetta... Ma devo ammettere che era veramente bravo. Cosa dico! Meglio andare a dormire, il sonno mi sta giocando brutti scherzi."

E così, con questi pensieri in testa, Jisung si addormentò poco dopo, vinto dalla stanchezza, pronto ad affrontare il giorno successivo e le nuove sfide che questa città e ll'università gli avrebbe riservato.

The dance of silence Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora