Il parco era avvolto in un silenzio che mi sembrava quasi surreale, interrotto solo dal fruscio delle foglie e dal battito irregolare del mio cuore. Mi sedetti su una panchina che scricchiolava ogni volta che cambiavo posizione, cercando di sistemarmi nel posto più tranquillo che potevo trovare. Avevo con me il mio quaderno dei disegni, l’unico posto dove i miei pensieri oscuri e le mie emozioni confinate trovavano un po' di pace. Il cielo era coperto da nuvole leggere, che si muovevano con la stessa lentezza con cui io mi sentivo, come se ogni attimo fosse un peso che mi schiacciava.Le stelle erano lontane, ma mi piaceva immaginarle lì sopra, come piccoli punti di speranza tra l'oscurità. Mio padre mi aveva insegnato a trovarle anche quando non erano visibili, e quel ricordo era il mio ancoraggio nei momenti di tempesta. Oggi, però, non riuscivo a concentrarmi sul disegno. La mia mente era affollata di pensieri che si accavallavano e si scontravano, come onde impetuose su una riva battuta dal vento. "Quanto vorrei che fosse ancora qui". Pensai, le cose da quando se n'è andato si sono complicate, più di quanto potessi immaginare. Mia madre iniziò a bere e a fumare senza sosta, lei e papà erano una cosa sola, la sua morte la devastò.
Devastò anche me, questa situazione era troppo da gestire e iniziai ad avere attacchi di panico, non riuscì più a sorreggerla e caddi in un vortice oscuro senza fine: depressione. Con i giusti medicinali guarì in parte, ma non abbastanza da essere completamente libera. Nel mentre che ripensavo ai momenti più brutti della mia vita mi scese una lacrima.
Poi, dal nulla, il rumore dello skateboard interruppe il mio stato di forte tristezza. Alzai lo sguardo e vidi un ragazzo che sfrecciava avanti e indietro lungo il vialetto, le ruote che scricchiolavano e lasciavano tracce nel terreno. Mi chiesi cosa stesse cercando lui qui, in questo posto che sembrava avere più domande che risposte. La mia curiosità crebbe, anche se non avevo intenzione di parlargli.
Mi guardò per un attimo, e i nostri sguardi si incrociarono. Ci fissammo per un pò fino a che non rializzai, cosa stavo facendo? Di corsa nascosi la testa nel quaderno nel mentre che divenni rossa. Dopo un pò mi girai per verificare se mi stesse ancora guardano e mi resi conto che era così. Chiusi il quaderno di scatto e lo posai sulla panchina, mi alzai e me ne andai.
<<Ehy, aspetta>>.
Mi ghiacciai e mi girai.<<Ti sei dimenticata il tuo quaderno>>.
Con una mano me lo porse.<<Oh, grazie mille>>.
Dissi, gli sorrisi e me ne andai.Dio che cosa umiliante, non feci altro che pensarlo per tutto il giorno finché i miei occhi non si chiusero, forse dalla stanchezza o forse dal fatto di avere centinaia di pensieri nella mia testa.
STAI LEGGENDO
IL PESO DELLE STELLE SPEZZATE
Short StorySadie è una ragazza di 17 anni, introversa e con un passato di ansia e depressione. Si sente spesso fuori posto, come se il mondo andasse troppo veloce per lei. Nonostante i suoi problemi, è una persona profonda e sensibile, che trova conforto nel g...