2-Ma cosa...

17 3 13
                                    

Avevo decisamente dormito male.

Stamattina mi sarei dovuta alzare presto, per fare due commissioni davvero importanti prima di andare a lavoro da Megg.
Ieri avevo impostato la sveglia circa mezz'ora prima del solito orario abitudinario.
Volevo essere pronta in tempo per fare tutto. Meglio ancora se fossi stata in anticipo.

Peccato che ero stata talmente stanca dal non essermi accorta che nel dormiveglia avevo posticipato l'orario della suoneria.

Mi alzai dal letto, un po' frastornata. «Che mal di schiena ragazzi» mormorai da sola nella stanza e con la bocca ancora impastata dal sonno. Allungai un po' la schiena, che emise qualche scricchiolio. Chissà come sarei stata tra vent'anni.

Mi immaginavo già...Una vecchia con il bastone tra le mani.
Seguendo questo ritmo sicuramente.

Guardai con gli occhi semichiusi l'orologio a led sul comodino. Erano le 7:10. Impossibile, ero sicura di aver messo la sveglia alle 6:30 in punto.

Mi stropicciai gli occhi e diedi una seconda controllatina ai numeri. Sbiancai.

Tra quaranta minuti dovevo essere a lavoro, aver fatto la lavatrice e ritirato gli ultimi pacchi che mi aveva spedito mia madre. Non ce l'avrei mai fatta in tempo.

Mi alzai con una velocità stratosferica e misi le ciabatte, su cui rischiai anche di inciampare. A questo punto ci sarebbe mancato solo questo.
Scesi di corsa le scale del corridoio, facendo il più piano possibile, per quando potesse permettermi lo scorrere del tempo e mi vestii.

Mi sciacquai la faccia e applicai un sottile strato di correttore sui segni delle occhiaie, un po' di mascara, un filo di blush e il gioco è fatto. Mi guardai allo specchio. Come nuova.

Un goccio di profumo ed ero pronta.

Il campanello della porta dell'appartamento suonò. Attraversai il salotto correndo di nuovo per rispondere. Potevo fare decisamente a meno dell'abbonamento in palestra.
Alzai la cornetta del citofono e riposi «Si?». Ascoltai la voce che mi rispose, un po' arrochita dalla vecchiaia. «Ti apro subito!» dissi.

Poi presi la borsa e ci misi un pacchetto di gomme alla menta.
Avrei mangiato qualcosa in velocità al lavoro.

Non avevo tempo per prepararmi una bella colazione, anche se il pensiero di un bel pancakes di prima mattina era davvero allettante.

Bussò alla porta. «Arrivo» esclamai prendendo un paio di codini.
Aprì la porta, intenta a farmi una coda bassa. «Buongiorno Margareth. Vieni entra pure» la feci accomodare. Arrotolai i capelli e li avvolsi in un chignon che fermai con un altro elastico e alcune forcine.

«Sono un po' in ritardo, perciò non sono riuscita a preparare niente. Ti ho lasciato come al solito tutto sopra il divano. Se hai problemi chiamami pure. Non farti problemi» le dissi. Guardai l'orologio da polso. Erano le 7:35. Solo un miracolo avrebbe potuto farmi arrivare in orario. «Non ti preoccupare Diana. Ce la caveremo».

Questa donna era un cavolo di angelo.

«Ti ringrazio!» le baciai la guancia e corsi fuori dall'appartamento.

«Fa' attenzione!» la sentì avvertirmi dal pianerottolo. «Sì, a più tardi!» le risposi.

Scesi in fretta tutte la rampe di scale, non presi nemmeno l'ascensore, ci avrebbe messo troppo. Mi sentì un corridore a macinare un scalino dopo l'altro.

Arrivai con il fiatone al punto di ritiro pacchi della ditta di traslochi a cui mi ero affidata. Per fortuna non c'era nessuno a fare la fila. Recuperai in fretta gli scatoloni e li infilai nel bagagliaio della macchina un po' alla rinfusa.

Honey & saltDove le storie prendono vita. Scoprilo ora