3. Elastic Heart

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~Non tutte le tempeste arrivano per distruggerti la vita.

Alcune arrivano per pulire il tuo cammino~

-Seneca

Charlotte

«Vorrei potessimo restare così per sempre.»

«Lo vorrei tanto anch'io Angi...» non sai quanto.

Stringo la bionda ancora di più a me, cerco di impregnare nella mia mente ogni secondo che passiamo insieme, con la costante paura che mi possa sfuggire da un momento all'altro.

Io non posso fare a meno di Angel nella mia vita, lei è la mia ancora, la mia salvezza. Ogni volta che passo del tempo con lei mi sento al sicuro e odio con tutto il mio cuore non essere mai a conoscenza di quando -o se- potrò rivederla. Anche se mi era proibito, mi sono lasciata trasportare dai sentimenti come una stolta, ma venire a casa Flores e stare in sua compagnia è la mia unica via di fuga dall'inferno che io e i miei genitori siamo costretti a vivere.

Apro la bocca per parlare, ma le parole mi muoiono in gola.

Perché non riesco a dirglielo?

E mentre mi crogiolo sui segreti che non riesco a confessare alla bionda, Davina ci chiama dal piano di sotto. «Ragazze, la cena!»

Angel mugugna scontenta, probabilmente si doveva star per addormentare.

La bionda si solleva di poco, poggiandosi sui gomiti così da riuscire a stare in equilibrio. Fa scontrare i suoi occhi marrone scuro stanchi con i miei. Il mio fiato si appesantisce.

Siamo tremendamente vicine, basterebbe il minimo movimento da parte di una di noi due e le nostre labbra si scontrerebbero.

Charlotte, riprenditi. Lo sai che lei non ricambia.

O almeno, questo è ciò che continuo a ripetermi per mettermi l'anima in pace.

«Dobbiamo andare», sibilo sbrigativa alzandomi dal letto.

Angel mi segue e insieme raggiungiamo la cucina. Ci sediamo a tavola, dove i nostri genitori ci hanno riservato come sempre due posti vicini.

Queste cene mi scaldano sempre il cuore, stare tutti e sei assieme mi fa sentire il calore di ciò che io immagino come "casa", anche se potrebbe essere ancora meglio se qualcuno dicesse per una buona volta la verità.

«Tuttu bene, Charlotte? Sembri silenziosa», si preoccupa Davina, nel frattempo che porta alla bocca il bicchiere.

«Sì, sì», cerco di far finta di niente, ma c'è un motivo se spiaccico a mala pena due parole in croce.

Continuo a lanciare occhiatine ad Angel, nella speranza che lei non se ne accorga e pensi che io sia pazza. Però, finché resta ad ascoltare la conversazione fra i nostri padri io sono al sicuro.

Come ha potuto Felix comportarsi così male con lei?

È da quando la bionda mi ha raccontato ciò che è successo che continuo a pensarci, ma per quanto io mi sforzi di trovare una risposta, non ci riesco.

Sono a conoscenza del bene che Angel provi per lui, quanto ci tenga, glielo leggo negli occhi tutte le volte che mi racconta delle loro sottospecie di avventure. Per Felix avrebbe fatto -e farebbe tutt'ora- qualsiasi cosa, eppure, lui è comunque riuscito a respingerla e a farla soffrire.

«Ecco, lo sapevo. Ora che ti sei fatta un nuovo amico ti dimenticherai di me», disse una versione in miniatura di me mettendo su un piccolo broncio.

«Ma cosa stai dicendo? Io non potrei mai dimenticarmi di te Charlie.»

Angel si gira verso di me, mettendosi a ridacchiare.

«Che c'è?» chiedo nella speranza che non mi abbia beccata a fissarla.

«Sei tutta sporca di pomodoro», mi comunica.

Tiro internamente un sospiro di sollievo. Prendo il tovagliolo per pulirmi la bocca, sorridendo d'impulso, sentendo il suo sguardo ancora addosso a me. «Sono a posto, adesso?»

«Ci vediamo presto» o almeno lo spero.

Charlotte, però, per la tua salute mentale -che è già precaria- puoi farmi il favore di non essere così catastrofica?

Per me è già arrivata l'ora di tornare a casa, anche se non ne ho la minima voglia.

Quando sto con Angel le ore passano molto più velocemente del normale.

«Sarebbe bello riuscire a sentirci più spesso e se per caso tu riuscissi a convincere i tuoi a prenderti un cellulare sarebbe più semplice farlo», dice la bionda alzando di poco la voce, così che la potessero sentire anche i miei genitori situati dietro di lei.

«Ci hai provato Angel, ma resta un no», mio papà passa accanto a lei scompigliandole i capelli.

Sorrido, pensando che passerei volentieri tutta vita a guardare la smorfia che le è appena apparsa sul volto.

Mi mordo il labbro.

Mi sono già piaciute altre ragazze, ma i sentimenti che sento per lei sono differenti da quelli che ho provato per chiunque altro. Mille farfalle iniziano a svolazzarmi nello stomaco ogni volta che penso a lei o che le sono vicina, le quali riesco a placarsi e a darmi un po' di pace solo nel momento in cui i nostri corpi vengono a contatto.

Riusciamo a capirci al volo, anche al minimo sguardo. Ci piacciono pressappoco le stesse cose e questo rende le nostre conversazioni interminabili. Cosa potrei chiedere di più?

Mi piace ogni singola parte di lei e del nostro rapporto.

Perché proprio lei? Perché i sentimenti più forti che io abbia mai provato, sono destinati all'unica persona che non dovrebbe piacermi?

Ed ecco che i crampi tornano a darmi il tormento...

Angel mi abbraccia sconfitta. «Ti voglio bene, Rapunzel.»

Utilizza questo nomignolo da quando abbiamo visto Rapunzel insieme anni fa. All'inizio non capivo, anche perché la piccola me credeva che al massimo avrei dovuto essere io a chiamarla così, visto che è lei ad avere i capelli biondi. Poi mi ha spiegato che ha deciso di chiamarmi così perché convinta che i miei genitori mi tenessero rinchiusa in una fortezza, proprio come fa madre Gothel.

Mi allontano di poco, accarezzandole la guancia, passando con il dito sopra le sue lentiggini. «Anch'io, Cerbiatto.»

Dopo che ci stacchiamo del tutto io e i miei genitori usciamo dalla proprietà. Guardo la porta dietro di noi, rattristandomi all'istante.

Alzo lo sguardo verso il cielo stellato, nella speranza di trovare un po' di tranquillità. Poi però, il vento freddo mi scompiglia i capelli riportandomi alla realtà, ricordandomi a cosa tornerò tra poco.

Do un'ultima occhiata a casa Flores con un po' di malinconia -sì, sono molto drammatica-.

«Forza, Charlotte. Andiamo.»

«Torneremo presto, vedrai», dichiara mio papà nella speranza di alzarmi un po' il morale, anche se non è a conoscenza di che casino io abbia combinato nella mia testa.

Ci incamminiamo verso il bosco, che dista circa una ventina di minuti da casa della mia amica.

Ormai è tardi, l'oscurità ha preso possesso della città e per le strade di Flammeville non c'è anima viva. Vorrei tanto abitare qui, magari non potrei essere al cento per cento me stessa, ma almeno sarei vicino ad Angel. Oscurare una piccola parte di me sarebbe un prezzo che pagherei volentieri per non dover tornare alla mia casa attuale.

Scaccio via quei pensieri, sapendo che è inutile sperare visto che quel piccolo desiderio non potrò mai realizzarlo.

Con la coda dell'occhio vedo i miei genitori bloccarsi. Porto l'attenzione verso l'entrata del bosco, ritrovandomi davanti una sorpresa per niente gradita.

«Non così in fretta.»

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