CINQUE

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Emily fissava il soffitto del suo appartamento, il cellulare stretto tra le mani, mentre cercava di mettere in ordine i pensieri. La giornata era stata un disastro, e ogni secondo in quell'azienda sembrava renderla più ansiosa. La vibrazione del telefono la riportò alla realtà: era Kate.

"Ehi, come stai? Com'è andata oggi?"

Emily sospirò, portando il telefono all'orecchio.
"Non è andata bene. Non ho trovato nulla di utile, e Amanda... Beh, diciamo che non mi sta facilitando le cose. Mi tratta come se fossi un'intrusa."

"Amanda? Quella della reception?"

"Sì. E non è solo lei. Anche Daniel non è esattamente accogliente. Mi ha fatto qualche domanda per mettermi in difficoltà, ma ho tenuto testa. Nonostante tutto, mi sento come se stessi lottando contro un muro."

"Non mollare, Em. Lo sapevi che sarebbe stato difficile. Sai perché sei lì e hai un obiettivo. Non lasciare che Amanda o Daniel ti mettano i bastoni tra le ruote. Se non hai trovato nulla oggi, domani sarà diverso. Ma sii prudente."

Emily sorrise debolmente."Hai ragione, ma ogni volta che mi confronto con loro mi sembra di essere sotto un costante giudizio. Daniel... è freddo, distaccato, sembra quasi che nulla lo tocchi."

"Scommetto che ha le sue ragioni per essere così. Ma tu non sei lì per farti influenzare dal loro modo di fare. Ricorda perché hai iniziato tutto questo. Hai forza dentro di te, non lasciare che te la portino via."

Emily annuì, anche se Kate non poteva vederla. "Grazie. Davvero. Non so cosa farei senza di te."

"Sempre qui per te. Ora stacca un po', dormi, e domani tornerai più forte."

Emily chiuse la chiamata, posando il telefono accanto alla foto del fratello. Le parole di Kate le avevano dato nuova forza. Si mise a letto, cercando di immaginare il giorno successivo.

Il mattino dopo, Emily arrivò di nuovo in anticipo. Improvvisamente si avvicinò un uomo con i capelli castani leggermente spettinati e gli occhi nocciola che sembravano osservare tutto con attenzione. Indossava una camicia elegante, le maniche arrotolate fino ai gomiti, e un paio di pantaloni scuri che gli davano un'aria rilassata ma professionale. Non era imponente come Daniel, ma il suo fisico atletico e il sorriso gentile lo rendevano immediatamente più accessibile. Aveva in mano una tazza di caffè.

"Buongiorno! Sei Emily, giusto? Sono Leo. Lavoro qui da un po'." Le porse il caffè con un sorriso amichevole.

"Sì, sono io. Grazie per il caffè." Sorseggiò, lasciandosi sorprendere dalla sua gentilezza.

"Sai, non è facile qui dentro per i nuovi. Amanda non ti ha già messo alla prova?"

"Già. Diciamo che non è esattamente accogliente."

Leo sorrise con comprensione. "Non sorprenderti. Amanda è sempre così con chiunque lavori vicino a Daniel."

Emily lo guardò, incuriosita. "Perché?"

Leo sospirò, come se stesse per rivelare un segreto. "Tutti qui sanno che Amanda ha una storia con Daniel. Beh, se così si può chiamare. Lei vorrebbe essere l'unica, ma per Daniel non è così. È più il tipo da una donna a sera."

Emily fece una smorfia, capendo finalmente la tensione con Amanda. "Adesso tutto ha più senso."

Leo la osservò per un attimo, diventando più serio. "Qui, Emily, non puoi fidarti di nessuno. A volte succedono cose... strane."

Emily lo guardò, confusa. "Strane? Cosa intendi?"

Leo si avvicinò leggermente, abbassando la voce. "È meglio che tu non sappia troppo, almeno non adesso. Fidati, ti farà solo male sapere certe cose."

Emily avvertì una leggera stretta allo stomaco. "Non mi sembra di aver paura della verità."

Leo sorrise amaramente. "Forse no, ma credimi, non è così semplice." Fece una pausa, poi aggiunse: "Se posso darti un consiglio, stai attenta. Non tutto è come sembra, e più ti avvicini al potere, più diventi un bersaglio."

Prima che Emily potesse rispondere, la voce autoritaria di Daniel interruppe la conversazione.

"Leo, smettila di perdere tempo. Hai qualcosa da fare, o ti pago per socializzare?"

La voce di Daniel era dura, ma Emily notò una sfumatura di fastidio. Si rivolse a Emily. "E tu, dovresti già essere alla tua scrivania."

Emily annuì, alzandosi in fretta. Sentiva il cuore accelerare, mentre cercava di non incrociare troppo lo sguardo di Daniel. Ma non poté fare a meno di notare quel sottile fastidio nei suoi occhi.

Una volta tornata alla scrivania, Emily si immerse nei faldoni che le erano stati consegnati. Digitalizzava i documenti con cura, ma ogni tanto alzava lo sguardo, notando che Daniel la osservava da lontano. Era una sensazione strana, come se stesse cercando di capirla, di decifrare chi fosse davvero.

Poco dopo, Daniel si avvicinò alla sua scrivania.
"A che punto sei?"

Emily sollevò lo sguardo, mantenendo la calma. "Sto per finire questi documenti, poi passerò all'ultimo faldone."

"Non serve correre. La precisione è più importante della velocità."

Emily sorrise debolmente."Non sono abituata a fare le cose a metà."

Daniel la guardò per un istante, poi piegò leggermente la testa.
"Sei ambiziosa. Un pregio, se ben gestito. Ma ricordati che sei qui per imparare, non per competere."

Emily lo fissò, combattendo l'impulso di rispondere con tono pungente. "Faccio solo il mio lavoro."

"Fallo bene, allora." Si allontanò senza aggiungere altro.

Emily si sforzò di riprendere il lavoro, ma sentiva le parole di Daniel riecheggiare nella sua testa. C'era qualcosa nel suo tono che la turbava, una sfumatura di controllo che la metteva a disagio.

Terminato il suo lavoro si recó finalmente nell'archivio.

Emily si trovò di fronte a una fila interminabile di scaffali pieni di faldoni polverosi. L'archivio era vasto, con file di documenti organizzati in modo metodico ma criptico. La luce fioca delle lampade al neon ronzava sopra di lei, creando un'atmosfera cupa. Mentre cercava di orientarsi, notò diversi documenti archiviati, ma non c'era scritto esplicitamente per cosa fossero. Sembravano documenti comuni, almeno a prima vista.

Poi vide un fascicolo diverso dagli altri, un titolo spiccava sul dorso consumato: "Progetto Delta". Un brivido le corse lungo la schiena mentre lo tirava fuori. Quando lo aprì, trovò una lista di pazienti, ognuno identificato con un codice. Sfogliando rapidamente le pagine, il suo sguardo si bloccò su un nome familiare: Nathan Carter.
Le mani iniziarono a tremare mentre il suo sguardo si fissava su quelle lettere, come se il nome stesso la stesse sfidando. Accanto a lui, un altro nome, indicato solo come "Paziente X". Emily si chiese cosa potesse significare tutto ciò e come un documento simile potesse trovarsi in un archivio così apparentemente banale.

Proprio mentre stava per approfondire la lettura, sentì dei passi avvicinarsi. Il cuore le salì in gola. Chiuse velocemente il faldone e si voltò di scatto, temendo di essere stata scoperta. Ma invece di Daniel o un supervisore, apparve Leo.

"Non dovresti essere qui" disse Leo, con uno sguardo severo. C'era un tono di avvertimento nella sua voce che la fece irrigidire.

Emily cercò di mantenere la calma. "Stavo solo cercando di sistemare i documenti che mi hanno assegnato."

Leo si avvicinò, abbassando la voce. "Ascolta, qui dentro ci sono cose che non dovresti vedere. Per il tuo bene, ti consiglio di non ficcare il naso dove non dovresti."

L'iniziale severità di Leo si attenuò, e il suo viso si distese in una sorta di scusa. "Mi dispiace, non volevo spaventarti. È solo... pericoloso."

Emily lo osservò attentamente. C'era qualcosa in lui, una tensione appena sotto la superficie. "Tu sai qualcosa, vero?" domandò, cercando di non sembrare troppo insistente.

Leo si morse il labbro, visibilmente combattuto. Poi, con uno sguardo cupo, sussurrò: "Qui succedono cose di cui è meglio non parlare. Ma credimi, Emily, se vai troppo a fondo... potresti non uscirne indenne."

Emily lo fissò, il cuore in tumulto. Leo sapeva sicuramente più di quanto stava lasciando intendere.

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