Non avevo mai preso davvero in considerazione l'idea di poter essere seriamente pazza: sembra facile riuscire a capire che ci sia qualcosa che non va in te, ma concretamente parlando non credo sia possibile sapere con certezza fin dove arriva la nostra conoscenza, quale sia il limite che ci permette di capire che ciò che stiamo vivendo sia reale e non solo frutto della nostra immaginazione. Sono moltissimi i casi in cui persone apparentemente normali hanno iniziato a vedere cose che in realtà non c'erano, cose che nessun altro riusciva a percepire, a sentire.
Per questo motivo la prima volta che incontrai John credetti di aver perso completamente la testa; ma in fondo non si può dire che fossi una ragazza del tutto normale.
"Terra chiama Rachel. Mi stai ascoltando?"
Voltai lo sguardo e incrociai quello di Michael: aveva iniziato a raccontarmi l'ennesima teoria sulla quale aveva speso il weekend, secondo cui in realtà non stiamo davvero vivendo la nostra vita ma una qualche genere di simulazione. Non era la prima volta che mi rendeva partecipe e avevo il brutto presentimento che non sarebbe stata nemmeno l'ultima; per quanto mi riguardava, avevo smesso di ascoltarlo dopo la prima frase.
"Vuoi la risposta sincera oppure quella che ti farà sentire soddisfatto di te stesso e di tutto il tuo ragionamento logico?" domandai regalandogli un sorriso tirato.
Michael alzò gli occhi al cielo. "Onestamente penso di non volere nessuna delle due"
Ci conoscevamo da così tanto tempo che ormai aveva capito quando un argomento mi portava a distrarmi più facilmente del normale: non lo facevo con cattiveria, ma era difficile che rimanessi concentrata su qualcosa che non riusciva a catturare la mia attenzione in meno di dieci secondi e Michael era la persona che meglio lo sapeva, dal momento che mi riportava costantemente alla realtà durante i miei momenti di estraniamento totale. Inoltre era fin troppo consapevole del fatto che avrebbe ottenuto solo risposte sarcastiche da parte mia, qualunque fosse stata la sua scelta finale.
Aspettai qualche secondo prima di voltarmi nuovamente verso la finestra della caffetteria: uno dei motivi principali per cui quello era il mio posto preferito era la vista sul parco, uno spazio modesto che durante l'autunno si riempiva di foglie rosse e gialle. Erano ormai quattro anni che, dopo le lezioni, prendevo posto al solito tavolino nell'angolo accanto alla vetrata del locale insieme a Michael e Lucy, i miei compagni di stanza; l'atmosfera era sempre accogliente e calda, le pareti in mattoni a vista piene di quadri e poster, scaffali ricolmi di vasi e libri di tutti i generi.
Quel giorno era iniziato decisamente troppo bene e dal momento in cui avevo messo piede nella caffetteria avevo atteso pazientemente che qualcosa di strano accadesse: ormai avevo iniziato ad accettare il fatto che quando provavo una qualsiasi sensazione avevo ragione, ed il fatto che tutto stesse filando liscio mi infastidiva in qualche modo. Non doveva necessariamente trattarsi di qualcosa di grosso, ma oggi sembrava che l'universo avesse deciso di prendersi una pausa dalla mia persona.
"Sai..." iniziò Michael sistemandosi meglio sul divanetto. "Non è scritto da nessuna parte che debba capitarti obbligatoriamente qualcosa tutti i giorni; certo è raro che non accada, ma questo non deve portarti a credere che-"
"Ho ottime notizie" esordì Lucy sedendosi al tavolo.
"Ti dispiace? In caso non te ne fossi accorta, stavo parlando"
"Si, me ne ero resa conto. E no, non mi dispiace." rispose prima di voltarsi verso di me. "Hai presente il nuovo ragazzo a cui ho fatto fare il giro della scuola stamattina? Si da il caso che sia la persona di sesso maschile migliore sulla faccia della terra"
Michael sbuffò sonoramente in segno di protesta; non era un segreto che Lucy fosse avversa a chiunque, specialmente se si trattava di maschi, ma si disturbava sempre di ricordarlo. In effetti non ero davvero certa del motivo per cui noi le stessimo stranamente simpatici, però lamentarmi non era nella lista di cose che avevo in mente di fare prossimamente.
"Dev'essere davvero...non so nemmeno cosa, se è veramente riuscito ad ottenere la tua approvazione" le dissi dandole una pacca sulla spalla.
"Dico sul serio, Rachel: è estremamente intelligente, educato, ha senso dell'umorismo e per ultimo, non per importanza, è molto interessato all'arte e tutto ciò che si collega ad essa"
"Anche a me piace l'arte" protestò Michael giocherellando con uno dei mirtilli sul suo muffin.
Lucy lo degnò di un veloce sguardo di traverso. "Certo. Comunque, cosa ne pensi?"
Corrugai la fronte. "Sembra fantastico; perché me lo chiedi?"
Non era raro che Lucy prendesse l'iniziativa e facesse scelte decisamente azzardate: una prova a sostegno era la cicatrice sul suo braccio destro risalente alla volta in cui aveva scommesso su quanto sarebbe riuscita ad avvicinarsi ad un pavone, il quale aveva in seguito deciso di rincorrerla per tutto il parco. Aveva vinto cinque euro e un biglietto gratuito per il museo.
In quel momento mi stavano venendo in mente innumerevoli motivazioni per cui Lucy dovesse farmi una domanda del genere: conoscendola, poteva benissimo avergli domandato se fosse interessato a vivere in una piccola villetta di campagna insieme a dodici gatti con i nomi dei segni zodiacali. Ovvero la sua aspirazione per quando sarebbe andata in pensione.
Lucy amava l'astrologia tanto quanto Michael le teorie improbabili e io la mitologia greca: nel complesso eravamo un trio ben assestato.
"Non guardarmi in quel modo; ho semplicemente pensato che ti avrebbe fatto piacere conoscerlo e gli ho chiesto se avrebbe gradito la nostra compagnia per un pomeriggio"
"Quando dici così intendi dire che-"
"OH ECCOLO" Lucy interruppe nuovamente Michael e si diresse verso la porta del locale per accogliere il ragazzo che ne aveva appena varcato la soglia.
Questa volta non potevo dire di non comprendere le azioni di Lucy: il ragazzo che in quel momento si stava togliendo un giubbotto stile aeronautico era decisamente troppo alto per noi comuni mortali che difficilmente superano il metro e settanta. Come se la bellezza nei suoi lineamenti non fosse sufficiente a far sfigurare qualsiasi persona avessi mai conosciuto, la natura aveva deciso di concedergli un paio di occhi azzurri e dei capelli biondo scuro che portava tagliati corti, scalati. Dire che sembrava un angelo sceso in terra era forse un eufemismo. Ovviamente aveva le fossette: mi presi tutto il tempo che impiegò ad arrivare al tavolo per esaminarlo meglio, per trovare qualcosa nel suo aspetto che non fosse stato ideato da Michelangelo in persona, ma non trovai alcun difetto apparente.
"Piacere di conoscerti, mi chiamo Samuel" disse sorridendomi educatamente.
Cercai di ricambiare il sorriso senza sembrare troppo in imbarazzo, ma non sono sicura che quello che uscii fosse esattamente rassicurante. "Piacere, Rachel"
Ed ecco che la stessa sensazione che avevo provato quella mattina si ripresentò senza alcun preavviso, un rapido brivido mi percorse per tutta la colonna vertebrale, facendomi provare un bizzarro senso di gelo alle mani. Per una frazione di secondo sembrò che anche Samuel fosse riuscito a percepirlo; non lo conoscevo abbastanza bene per poter dire cosa gli passasse per la mente e decisi di non badarci, nonostante avessi il presentimento che i suoi occhi si fossero puntati esattamente sulle mie spalle. La mia mente mi stava molto probabilmente giocando brutti scherzi, perché non c'era assolutamente nulla dietro di me se non la parete del locale.
"Io sono Michael, comunque" salutò con un gesto della mano.
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Angels
ChickLitCome riusciamo a capire qual è il confine tra il mondo reale e ciò che si trova al di fuori di esso, se quello che ci circonda è vero o solamente un illusione creata abilmente dalla nostra mente? E se le nostre convinzioni venissero messe in dubbio...