4. POMPIERI

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"Va a fuoco! Sta andando a fuoco!"

Se avessero chiesto a Simone Balestra quale fosse la sua passione più grande, molto probabilmente la risposta non sarebbe stata 'cucinare'.

Se lo avessero chiesto agli inquilini del palazzo in cui abitava, probabilmente avrebbero concordato, e avrebbero aggiunto che non vedevano l'ora che si trasferisse altrove, davvero, perché il rischio che, prima o poi, incendiasse l'intero edificio era elevato.

Decisamente troppo elevato.

Quel giorno, quindi, nessuno era rimasto sorpreso quando, per la quarta volta in appena un mese, i vigili del fuoco erano accorsi alla porta dell'appartamento numero 3 per spegnere l'ennesimo incendio che, se non preso in tempo, avrebbe potuto rivelarsi fatale.

"Che hai combinato stavolta?"

"Massimo, ma che potevo combinare!? Nulla! Io volevo solo farmi un caffè" aveva sospirato Simone, lo strofinaccio col quale aveva cercato di spegnere il fuoco ancora in mano, mezzo carbonizzato dalle fiamme.

"È che mi sono dimenticato di mettere l'acqua nella macchinetta" aveva aggiunto poi, mortificato.

Massimo lo aveva guardato di sottecchi, il casco alla mano, e l'espressione divertita: "Se continui così, prima o poi ci rimani".

"Penso che gli inquilini abbiano iniziato a sperarci".

"Ce credo, poco ce manca che fai salta' in aria tutto" aveva fatto una pausa. "Stai più attento".

Simone aveva annuito soltanto.

"Manuel, comunque".

Simone si era ridestato dai suoi pensieri, un cipiglio confuso sul volto: "Come, scusa?"

"Me chiamo Manuel. 'Sto Massimo non ho idea di chi sia".

Che figuraccia.

Com'è che si diceva? Oltre il danno, anche la beffa?

Ecco, Simone non avrebbe saputo descrivere meglio ciò che provava: non era bastato rischiare di incendiare casa a causa di una delle sue solite e stupide distrazioni, ma era anche stato in grado di mettersi in ridicolo con il pompiere, che era sempre accorso in suo aiuto da quando lui, appena un mese e mezzo prima, si era trasferito proprio in quell'appartamento.

A pensarci bene, poi, come gli era venuto di chiamarlo Massimo?

Ricordava di aver sentito, un paio di settimane prima, uno dei suoi colleghi dirgli: "Forza, Massimo!"

Forse aveva frainteso tutto, e quel 'massimo' avrebbe potuto riferirsi a tutt'altra cosa.

Essere imbranato e spesso fuori contesto, in ogni caso, era la specialità di Simone e, di conseguenza, sperava che Manuel - ricordati di chiamarlo così, la prossima volta! - dimenticasse presto quel piccolo incidente.

Lavorare nel corpo dei Vigili del Fuoco, poi, implicava avere a che fare con decine di persone diverse ogni giorno, quindi c'era speranza che la questione passasse in secondo piano. Probabilmente, poi, Manuel non conosceva neanche il suo nome e quindi non c'era motivo di disperarsi.

"Simone. Non penso di essermi mai presentato".

"Simone Balestra. 'O so come te chiami. Ormai il tuo nome e il tuo indirizzo di casa sono sulla lista dei contatti più frequenti, giù in centrale" e aveva riso.

Bene, ci mancava solo che diventasse lo zimbello dei pompieri. Simone non poteva trovarsi in una situazione peggiore.

Era quella casa. Il problema era quel maledetto appartamento numero 3, al terzo piano. Numero civico 3.

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