Sentirsi

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||Regulus||

Regulus Black si era sempre ritenuto un ragazzo intelligente.

All'età di un anno e mezzo era già perfettamente in grado di comporre frasi di senso compiuto e all'età di tre anni, non smetteva mai di parlare. A dire il vero, parlava talmente tanto, che crede di aver esaurito il suo conteggio massimo di parole prematuramente. A quindici anni, quasi non parlava più.

All'età di sette anni lesse il suo primo libro, intitolato Le Fiabe di Beda e il Bardo. Eppure, invece che assecondare la natura della sua passione, dopo averlo scoperto in un angolo buio della libreria della proprietà dei Black a leggere, i suoi genitori l'avevano punito. Ritenevano che sarebbe stato meglio dedicare
il suo tempo libero in qualcosa di concreto, piuttosto che a leggere quelle futili sciocchezze pubblicate da traditori del sangue. Regulus aveva annuito, abbassando il capo. Quella stessa sera, però, calatosi le coperte fin sopra i riccioli scuri, aveva tirato fuori da sotto il cuscino un vecchio libro di fiabe che aveva scovato in un angolo appartato della libreria e aveva fatto scorrere gli occhi sull'inchiostro fino a quando questi non avevano iniziato a fargli male. È così aveva continuato a fare, ogni singola sera, fino al giorno in cui non prese il treno diretto a Hogwarts, luogo nel quale scoprì di non doversi più nascondere.

All'età di undici anni, appena iniziato il suo primo anno, era stato il primo della classe in grado di evocare un Defènsio Evocàtus. Era un semplice incantesimo di difesa, capace di creare una barriera di dimensioni minime, eppure, molti avevano ritenuto che fosse sorprendente come fosse riuscito a svolgere tale incantesimo soltanto nella prima ora di lezione.

All'età di 14 anni, labbra strette insieme dalla stridente e gelida magia di Walburga Black, aveva appreso come decidere volutamente di svolgere gli incarichi assegnati durante l'influenza di questa, si potesse neutralizzare gli effetti della maledizione imperio.

Per cui sì, Regulus Black si era sempre ritenuto un ragazzo piuttosto intelligente. Eppure, c'erano momenti in cui ogni sua piccola vittoria, ogni incantesimo ben riuscito, ogni buon voto, ogni realizzazione non erano sufficienti a non farlo sentire stupido.

Aveva imparato, che ritenersi qualcosa o sentirsi tale, erano due cose che non sarebbero potute essere più differenti.

Regulus sapeva, logicamente, di non essere stupido. Eppure, trovava così complicato non sentirsi tale.

Era sciocco, davvero, che si sentisse così per via di un insulso voto in aritmanzia. Sciocco, come quel desolante scribacchiato al bordo sinistro della pagina gli facesse arricciare i nervi, venire il voltastomaco.

Quando la campanella che segnava il termine delle lezioni per la giornata suonò, Regulus si diresse verso la cattedra. Septima Vector sedeva con espressione imbronciata, i capelli castani legati in una coda bassa. Sporgendosi in avanti, si grattò distrattamente il mento, gli occhi tondeggianti a scrutare Regulus oltre gli occhiali a mezzaluna.

«Posso esserle d'aiuto, signor Black?» Domandò, voce inacidita.

Regulus ingoiò aria, negli occhi seppellito un restio risentimento. «Mi duole disturbarla al di fuori del suo tempo lavorativo, professoressa Vector, ma avrei un quesito da porle.» Contraendo i nervi alla base della mascella, si affannò nel abbozzarsi in viso un'espressione affabile.

«Prosegua, signor Black.» Fu la risposta arida della donna, dita a scribacchiare distratte nella piccola agenda nera e labbra sottili a contrassegnare la sua seccatura.

«Vede professoressa, come lei certamente già sa, vengo ritenuto da molteplici professori uno dei migliori, se non il miglior alunno del mio anno» Regulus si sporse in avanti, l'espressione pragmatica a ignorare il godimento che aveva nell'infastidire la donna, la quale si limitò ad annuire rassegnata.

The Unspeakable Sort ||Jegulus||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora