capitolo 29 il cliché della perfetta combattente

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Ogni muscolo, anche il più piccolo, grida pietà per il bruciore
Le mani sono indolenzite insieme alle altre articolazioni, e sul palmo ci sono piccoli arrossamenti che presto si trasformeranno in calli.
Harley non si è mai sentita così a pezzi fisicamente.

Nel suo bel castello di cristallo era abituata a piccolo tagli dovuti alle pagine dei suoi libri,  un piccola sbucciatura sul ginocchio quando da piccola è caduta in bicicletta e a un leggero fiatone durante l'ora di ginnastica.
Mai ha conosciuto questo dolore fisico, il petto che si alza e si abbassa per il fiato corto e veloce, il sudore che si appiccica alla pelle insieme alla polvere dandole l'irritazione.

"Tranquilla, appena il tuo corpo si abituerà, andrà meglio."

Le sorride Tristano massaggiandole le gambe tremanti e Harley annuisce poco convinta mentre lotta con tutta serenità stessa per non piagnucolare per i crampi che sente ai muscoli.
Non è del tutto convinta delle parole di Tris, non riesce neppure ad immaginare di abituarsi a questo sforzo fisico.

Si sta allenando da appena due ore e già il suo corpo ne porta i segni mentre Thomas e Tris sono freschi come una rosa.
Cerca di dissuadersi, ma i lividi e i dolori in tutto il corpo le urlano che forse non è fatta per tanto sforzo fisico.

Si osserva le mani ed è così strano.
Non sa neppure lei quante storie di ragazzi che combattono sul ring a letto.
Tutti stupendi li a combattere, nessuno parla dei lividi che bisogna sopportare per allenarsi, un stupido cliché del perfetto combattente.
L'idea di un corpo perfetto che si allena, tutte bugie, nessuno a mai scritto dei calli sulle mani e dei muscoli indolenziti.

"Vado a prenderti una bottiglietta d'acqua, direi che per oggi possiamo fermarci."

Tris la lascia sola a massaggiarsi le gambe e solo un pensiero la sfiora nella stanchezza.
E vero che non è mai stata così male, eppure non si è mai sentita così bene.
Sorride, che strano controsenso, non ha davvero senso e potrebbe pensare che persino il suo cervello è talmente stanco da essere impazzito.
Ma non è così.

A parte lo sforzo fisico, Thomas gli ha spiegato cosa vuole dire l'autodifesa, imparare a "combattere".
Molti possono pensare che sia solo la forza di dare un pugno, la possibilità di difendersi contro un malintenzionato, la mira precisa per prendere a calci i gioielli di uno stupido.
Ma è molto di più.

"Imparerai a conoscere il tuo corpo, conoscerai i tuoi punti deboli e quelli invece di forza.
Poterti difendere vuol dire avere fiducia in te stessa, sapere che il tuo corpo può affrontare la stanchezza e il dolore di un livido."

Apprezzare se stessa, proprio quello di cui aveva bisogno e capisce perché Camilla per farla innamorare di sé stessa, la portata qui.
Guarda i suoi lividi, sente il dolore nei muscoli e si cura accarezzandosi.
Si prende cura di sé.

Questo è l'autodifesa, prendersi cura di sé ed è amare se stessa.
L'amore di cui ha bisogno.

Ha sempre sognato il principe azzurro, letto della ragazza in difficoltà salvata dal ragazzo di cui è innamorata.
Le piaceva l'idea, stava ore seduta sul davanzale della finestra, guardando il giardino sognante di vedere il suo vero amore arrivare e portarla via su un cavallo bianco.
Pensava che era quello che voleva ma ora si accorge che c'è molto di più.
Che può avere di più.

Stringendo un po' i denti si tira in piedi, camminando verso gli attrezzi da lavoro.
Tris si avvicina a lei con la bottiglietta d'acqua ed è fantastico il sollievo di freschezza che scende in gola.

Sa cosa si aspetta l'amico, ma lei non è d'accordo.

"Non voglio fermarmi, posso farcela."

Ha appena provato questo dolore misto a fierezza, quel calore che si prova a un primo appuntamento.
Non è ancora pronta a fermarsi e come se stessa le stia chiedendo di non arrendersi.

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