prologo

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Quell'accattivante luce colma di calore, durante quella sera, rilasciò un culmine di puro terrore

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Quell'accattivante luce colma di calore, durante quella sera, rilasciò un culmine di puro terrore.

Fece spazio nella gelida e piccola stanza da pochi metri quadri; era quasi vuota, poco accogliente. Le pareti grigie sembravano assorbire ogni suono, ogni pensiero rendendo l'atmosfera quasi insostenibile. Con aria sbeffeggiante, si sedette su una poltrona in pelle rossa con dei dettagli in oro. Sembravano brillare lugubremente sotto la luce fioca.
Picchiettò la sigaretta fra le dita, facendo ondeggiare una spirale di fumo che poi si disperse nell'aria. Ed in seguito a ciò, la spense in un portacenere in vetro posto sopra un mobile che aveva al suo fianco.

Una figura apparve davanti a lui, si girò verso di essa e con un tono quieto, iniziarono a conversare.

<< Signor Volkov, che piacere rivederla. >> Si fece avanti per poi raccogliere il suo bicchiere di vino rosso presente su un piccolo mobile accanto a quel misterioso signore.

<< In fretta, non c'è da perder tempo. >> Lo fulminò con quel terribile sguardo. La sua fama da "diavolo" non era casuale; quegli occhi di ghiaccio erano vuoti, pieni del nulla cosmico che faceva rabbrividire chiunque osasse incrociarli.

<< L'accordo mi sembrava andato a buon fine, lei non crede? >> Insistette Moore, cercando di infondere disperata sicurezza nella sua voce tremante.

<< Le ripeto Moore, fin quando non avrò visto la mia parte di soldi, non avrò pace. >> Distolse lo sguardo per versare un po' di vino nel suo bicchiere.

<< Comprendo molto bene la situazione, d'altronde le posso assicurare che entro un mese il patto sarebbe andato a buon fine.>> Moore tentò di sorridere, tuttavia il tremore nella sua voce tradiva la sua paura.

<< Lo spero, d'altronde le posso assicurare che la sua incolumità con me non avrà prezzo. >> Ghignò soddisfatto dalla reazione impaurita del signor Moore mentre l'ansia di impadroniva di esso.

Ad un tratto, entrambi si voltarono verso lo spiraglio della porta da cui stavo sbirciando, ignaro di ciò che sarebbe stato il mio destino. I nostri sguardi si incrociarono, e li il mio cuore prese a battere furiosamente sovrastato dalla paura paura che mi tormentava da quell'uomo.

Eppure, una voce dentro di me sussurrava che, prima o poi, il mio destino sarebbe stato inesorabilmente legato a quello di mio padre. Un'ombra oscura si allungava su di me, e ogni giorno che passava, la sua presenza diventava sempre più palpabile.

Non dovette nemmeno parlarmi per farmi capire che in quel momento non sarei dovuto essere lì. Perciò, con quello sguardo cruciale che mi rivolse, mi alzai e feci spazio a ciò che sarebbe stato di quel giorno.

Scesi le scale titubante, non seppi proprio dove andare. Era tardo pomeriggio, perciò l'unica cosa sensata da fare in attesa di poter tornare a casa fu quella di andare verso il parco per schiarire un po' le idee.

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