5. BIGBOY🔞

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“L’illusione è figlia
di un desiderio”

Paulina Dyron.

Chiudo il portone e mi avvio verso casa mia furioso e confuso.

Cazzo!

Impreco mentalmente, mentre attraverso il viale d’ingresso per raggiungere il garage.

Cos’è appena successo?
Perché Selene mi ha guardato in quel modo?

Nel modo in cui una donna guarda un uomo.
Mi ha osservato con… desiderio?
Mi fermo un istante davanti alla porta del garage per riprendere fiato e placare i battiti del mio cuore. Devo stare calmo, probabilmente è stato uno scherzo della mia immaginazione perché è con astio e indifferenza che Selene mi guarda da sempre. Sono stato io stesso, con il mio comportamento, a invogliarla ad odiarmi.

Sì, è certamente così.
È stata la mia immaginazione a trarmi in inganno.

Eppure, già da qualche tempo, ho notato le sue occhiate strane, com’è successo alla fermata dell’autobus dopo la scuola, oppure questo pomeriggio in bagno.
Sono occhiate discrete, a volte fugaci e nascoste, altre volte lunghe e intense.
I suoi occhi vagano sul mio corpo assorti e adoranti.
Ho anche visto le sue guance colorarsi di rosso quando raggiungono dei punti inappropriati, com’è accaduto poco prima, quando si sono soffermati sul cavallo dei miei pantaloni.
Sì, Selene mi ha proprio guardato il cazzo, questo non l’ho soltanto immaginato.
Quando l’ho beccata la tentazione di farle provare la fastidiosa erezione che mi tormenta dal pomeriggio è stata forte, ma, come sempre, mi sono trattenuto.

Devo trattenermi.

Sicuramente il suo sguardo è capitato in quel punto per puro caso, dopotutto indosso uno di quei jeans attillati che mettono in risalto le linee possenti del mio corpo, cazzo compreso.
Mi passo una mano tra i capelli, portando indietro il ciuffo ribelle che mi copre la fronte con un gesto nervoso.
È assurdo, tutta questa situazione è assurda.
È impensabile che Selene sia attratta da me, non lo è mai stata, perché dovrebbe esserlo ora?
Non ha mai manifestato apertamente un interesse di quel tipo nei miei confronti, quindi, o è stata brava a nasconderlo, oppure sono io che sto girando nella mia testa un film contorto. La seconda opzione mi sembra più consona, anche perché la mia Sailor Moon è troppo innocente per lasciarsi andare a pensieri tanto impudichi.

Alzo la serranda del garage, ho già perso troppo tempo a rimuginare su una situazione inesistente.
Selene non è attratta da me, è il mio cervello che si diverte a giocare con i miei sentimenti, ricercando malizia in due occhi puri, perché, anche se consciamente mi sforzo di rifiutarla e allontanarla, inconsciamente non riesco a combattere contro il desiderio di averla, amarla e possederla come un diavolo.

Appena entro in garage le mie narici vengono investite dalla puzza dell’olio di motore e del legno stantio degli scaffali.
Sono molto sensibile da questo punto di vista, percepisco gli odori in modo chiaro e distinto, alcuni mi disgustano, altri mi inebriano. Selene, per esempio, emana un profumo dolce, zuccherino, ricorda quello del miele. Il mio istinto mi ha più volte sfidato ad assaggiarla però mi sono opposto a questo richiamo primitivo con tutte le mie forze.

Accendo la luce, illuminando il piccolo spazio fatto interamente di cemento armato, dalle pareti al pavimento. Addossati ai muri ci sono una fila di ripiani in legno che occupano la parete destra del garage, è da lì che proviene quel fastidioso odore di legno ammuffito. Questi scaffali vecchi e malridotti reggono a stento i pochi attrezzi che ospitano.
Il Bmw di mia madre, nero e lucido, occupa gran parte dello spazio circostante ed è affiancato dalla moto di Roberto, coperta da un telo nero. È una Ducati Streetfighter del 2005, il mio patrigno l’ha acquistata all’incirca un mese prima della sua morte per sostituire una Ducati Monster del 2002.

UCCIDIMI DOLCEMENTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora