Poor life choices

440 45 4
                                    

«Me scusi, che c'avrebbe cinquanta centesimi pe’ ‘n biglietto dell’autobus?»

È familiare la voce che interrompe la passeggiata, lungo il corridoio d’accesso ai binari della stazione Tiburtina, di Simone.

È così familiare da temere che la stanchezza di quei giorni e la mancanza che sente – di quella persona – gli stiano giocando un brutto scherzo.

Al tempo stesso, però, ha paura.

Ha paura di alzare gli occhi e scoprire di non essersi completamente rimbecillito e che quella voce appartiene davvero a Manuel.

Ché, in realtà, sarebbe anche felice di rivederlo.

Non si vedono da sei mesi, dal giorno in cui Manuel ha deciso di lasciare Roma ed inseguire – in compagnia di Leo, il suo fidanzato italo - inglese – il sogno di aprire un caffè letterario a Londra.

Non si vedono da sei mesi, Simone e Manuel, ma il loro rapporto è rimasto sempre lo stesso.

Si scrivono.
Si chiamano.
Si videochiamano.

E allora no.

Non può essere.
Non può essere Manuel colui che ha avanzato quella richiesta, distraendolo dalla sua camminata.

Ché, se fosse tornato a Roma, glielo avrebbe detto.

Sfida sé stesso e i suoi pensieri, quindi.

Alza il viso.

E gli occhi vanno ad incastrarsi in un paio di perle nere che Simone riconoscerebbe tra milioni di sguardi.

«Manuel?»

Il tempo sembra fermarsi all'interno di quella stazione.

Manuel e Simone si fissano ma non parlano.

Mentre Simone è incredulo – e, in parte, anche un po' offeso – Manuel non sa davvero cosa dire.

Non si sarebbe mai aspettato di incontrare Simone.

Ché Roma è grande e le probabilità di incontrare proprio quella persona fra milione di persone, è molto bassa.

Eppure, dopo sei mesi, sono di nuovo – casualmente – uno di fronte all'altro.

«Ciao Simò» esclama Manuel.
«Ciao Simò? Ma sei serio, Manuel? Tu torni qui, dopo sei mesi, senza dirmi nulla e tutto ciò che riesci a dire è ciao Simò? Da quant’è che sei a Roma? Perché stamattina mi parlavi di Londra al telefono!»
«E infatti so’ arrivato mo’ – mente – ‘E vedi ‘e valigie? Te volevo fa’ ‘na sorpresa, ma a quanto pare…»

Non sa neanche lui con quale coraggio sia riuscito a rispondere mentendo così spudoratamente.

Ché se pensa al vero motivo per il quale è tornato a Roma, si sente ancora peggio.

«Una sorpresa, eh?»

Sembra più calmo, Simone, quando gli pone quella domanda.

Ché, in effetti, Manuel è il tipo di persona capace di quel genere di gesti.

E anche se la spiegazione che Manuel gli ha fornito, non lo convince del tutto, Simone si sforza di credergli, continuando – tuttavia – a fare domande con lo scopo di soddisfare la sua curiosità.

«Seh, ‘na sorpresa. Pare che te dispiace vedemme»
«Sai che non è così. Sono soltanto…stupito. Stamattina ci siamo sentiti e ti ho augurato una buona giornata sapendoti a quasi duemila chilometri da me. Poi vado a lavorare e la sera, mentre torno a casa, ti vedo davanti ai miei occhi mentre mi chiedi cinquanta centesimi, penso che rimanere un attimo interdetto sia il minimo, no? E poi – prosegue – a proposito: ma a cosa ti servono i soldi?»

La pioggia di LondraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora