Capitolo 59

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«Cancellerò il passato

per non tornare indietro,

mentre riguardo in uno specchio

i segni di chi ero.

È il tempo del risveglio,

risalgo dal profondo,

dopo aver fatto a pugni con me stessa».

Giorgia, Credo


***


Si sentiva agitata Vivian, mentre l'autovettura percorreva con disinvoltura le curve della litoranea, ricche di vegetazione e delineate dal guard rail metallico.

Il cuore, alla stregua di una grancassa, le batteva frenetico dentro al corpo, scosso com'era dalle tante emozioni di quella giornata, di cui ancora non riusciva a vedere la fine.

I palmi delle mani le sudavano, e tutti i tentativi di tamponarli con un fazzolettino di carta risultavano vani.

«Ha caldo, Signora?» le chiese l'autista notando i suoi movimenti scomposti dallo specchietto retrovisore.

«Oh, no. No, no. Sto bene, la ringrazio» replicò lei, cercando maldestramente di camuffare la sua ansia.

Dal finestrino semiaperto, al lato del conducente, arrivava una leggera brezza umida, che riempiva l'abitacolo dell'inconfondibile profumo di mare.

Mancava poco alla mezzanotte e il cielo, scuro e terso, senza luna, sembrava un manto di velluto blu puntinato di stelle.

La strada costeggiava l'alta costiera di rocce rossastre bagnate dal mare, quella notte, all'apparenza, calmo e imperturbabile.

Vivian chiuse gli occhi e respirò a fondo quel profumo, che per lei era diventato odore di casa, di famiglia, di serenità, cercando di trovarvi la giusta quiete per affrontare quel passo, divenuto oramai obbligato.

Li riaprì solo quando, dopo qualche chilometro, l'autista la avvertì del loro imminente arrivo, indicandole Villa Caterina, che si presentava a loro tutta illuminata, intarsiata nella roccia, posta a strapiombo sul mare, immersa nel verde dei roseti e degli oleandri e circondata da alti pini marittimi.

L'autista sostò col motore acceso in prossimità dell'ingresso principale, dove una piccola folla, per lo più di giornalisti e di fan, in attesa di una foto e di un autografo, stazionava davanti all'imponente cancello in ferro battuto.

Ricordando le parole di Alex, «Sta diventando un incubo riuscire a entrare in Villa. Thomas ha dovuto chiedere l'autorizzazione al Comune per farci aprire la strada laterale», Vivian chiese all'autista di proseguire per una stradina sterrata. Esaudendo la sua richiesta, il tassista costeggiò con l'auto la Villa, fino a ritrovarsi di fronte a un ampio spiazzo, nel quale vi erano numerose auto parcheggiate. L'ingresso, precluso da una sbarra elettrica, era sorvegliato da alcune guardie della sicurezza che perlustravano il perimetro dell'area.

«Va bene qui. – disse Vivian, verificando l'importo da pagare e porgendo una banconota al tassista – Tenga il resto e grazie» aggiunse aprendo la portiera, per poi scivolare fuori dalla vettura e guardarsi attorno.

Mentre l'auto si allontanava, un uomo calvo, di quasi due metri, dall'aspetto duro e dal corpo marmoreo, stretto in un completo scuro, con l'auricolare all'orecchio sinistro, le si avvicinò.

«Buona sera. Pass?» le chiese severo.

«Buona sera. Io dovrei vedere una persona».

«Pass?» ripeté lui atono.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 22 ⏰

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Vivian - La forza di ricominciareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora