One

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Caro quadernino che non so come definire...
Iniziò tutto ad aprile.
Le giornate incominciavano ad allungarsi, le maniche delle magliette che indossavo per andare a scuola incominciavano ad accocciarsi e il mio armadio iniziava automaticamente a piangere.

Non si capiva più nulla.

Impazzii nel cercare di sistemare i miei vestiti unendo le magliette a maniche corte e le felpe invernali.
Stavo scoppiando insieme al mio armadio.

Sia chiaro eh, non ho tutta questa miriade di vestiti... Vesto over-size e tutto ciò che ho è...
Alquanto voluminoso.

Per di più, come se non bastasse, non sono proprio la fan più sfegatata dell'ordine.
Ciò che finisce tra le mie mani, diventa caos.
E per quanto io cerchi sempre di sistemare, alla fine, torna ad essere più disordinato di prima.

Comunque sia, cerco di non divagare...
Quel giorno, o meglio, in quel periodo, ricordo di non essere stata proprio bene.
Stavo attraversando quel fatidico momento che tutti prima o poi arrivano a vivere:
La perdita della "bussola".

O almeno,a me piace chiamarlo così.
Mi piace pensare che ognuno di noi, grande o piccolo che sia, abbia una bussola interna che regola ciò che siamo.
Dunque che bilancia la nostra percezione di giusto e sbagliato.
Che tiene ferrei i nostri valori e che mantiene fede al nostro "io" interno.

In quel periodo però, era come se la mia bussola non mi appartenesse più.
Sentivo il bisogno di cambiare.
Volevo perdermi senza avere la necessità di ritrovarmi, per una volta.

Volevo vedere che cosa si provasse a non avere tutto sotto controllo e volevo sbagliare, senza aver paura del dopo.

Dunque, lui arrivò proprio al momento giusto.

Mi vergogno ancora un po' di quella sera,   lí iniziai ufficialmente a perdermi e  non riconoscermi più.
Uscii di casa sotto le innumerevoli richieste di Vale, una mia amica.
Era da una settimana che chiedeva di star con me ma io, molla impazzita quale ero e sono, non trovavo mai un minuto di  pausa da dedicare alle persona a cui tenevo.
E mi dispiaceva da morire.

"Dai... così è molto meglio!".
Disse con aria saccente, scuotendo il telefono.

"Vale, non vedi che è troppo chiara? Scuriscila un po'!".
Ribattei di botto.

"Sei te che hai l'animo da darkettona, non io".
A seguire questa frase, ci fu una smorfia di Val assai buffa, che scaturii in me una sonora risata.

"Seriamente, tu le pensi la notte queste cagate?".
Dissi tra le risate e lei mi diede una spintarella amichevole e mi seguii a ruota.

Passammo il pomeriggio a ridere e scherzare, fino a quando, rintanate nel parchetto isolato di fiducia della nostra piccola città, ci venne in mente quella che sembrava l'idea del secolo:
Smezzarci una birra.

Non l'avevamo mai fatto, o meglio sí, ma non insieme e mai a stomaco vuoto.
Ricordo che i nostri occhi presero a brillare di una luce particolare.
Penso che qualche adulto possa definirlo il luccichio della stupidità...
E non avrebbe nemmeno tutti i torti.
Ma quella sera decidemmo di ascoltarlo e ci mettemmo all'opera.

Andammo nei distributori che si trovavano quasi dall'altra parte della cittá e in quel momento, quando ci ritrovammo davanti al tastierino, ci guardammo incerte.
Non sapevamo se servisse la carta d'identità o meno.
"Proviamo, mal che vada non esce nulla".
Sussurrò e io annuí.
Mi misi  accanto a lei, coprendo le sue dita che stavano per digitare il numero "43" in modo tale che se fosse arrivato qualcuno, ci saremmo fermate in tempo e nessuno avrebbe visto nulla.
Non stavamo rubando un pezzo di cocaina, certo, solo che non ci andava di far circolare voci anche su questo.

The teory of the two moons.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora