Aurora si svegliò prima dell’alba, come spesso le capitava negli ultimi tempi. Dalla finestra della sua piccola casa in montagna, una sottile luce bluastra filtrava appena, sfiorando i contorni della stanza con una freddezza che si insinuava fino alle ossa.
Era una casa semplice, immersa tra i boschi, lontana dalle luci della città, e le offriva la solitudine di cui aveva bisogno.Scese dal letto in silenzio, infilò un maglione di lana spesso e si diresse in cucina, accendendo la stufa.
L’acqua per il tè cominciò a scaldarsi mentre lei si preparava una colazione veloce: un tozzo di pane con un po' di miele, il più delle volte sufficiente a darle l'energia per affrontare la giornata. Aurora prese in mano la tazza fumante e si avvicinò alla finestra, dove i primi raggi di sole coloravano le vette di un rosso acceso.
Guardava spesso l'alba come se fosse un rituale, un modo per ricordarsi del legame profondo che aveva con la natura e, ancor di più, con il cielo.Quella giornata sarebbe stata lunga. Sapeva già che, come ogni anno, avrebbe scalato la montagna per raggiungere la vetta prima della notte, pronta per osservare le stelle cadenti.
Era un appuntamento fisso, un rito solitario che si concedeva per sentirsi parte di qualcosa di più grande.
Ma questa volta c’era qualcosa di diverso, qualcosa che non riusciva a spiegare.
Una tensione nascosta che la accompagnava da settimane, come una domanda silenziosa che ancora non trovava risposta.Dopo colazione, Aurora si immerse nel lavoro.
Le ore scorrevano lente, scandite dal fruscio dei fogli, dai numeri e dalle formule che studiava per un progetto a cui si stava dedicando da tempo.
La sua mente si concentrava sui calcoli, eppure, a tratti, si ritrovava a vagare. Quella tensione sottile le pizzicava i pensieri come una presenza invisibile, difficile da ignorare.
Era da giorni che aveva scelto di isolarsi, di evitare contatti con colleghi e amici, e il peso di quella solitudine si faceva sentire.A metà pomeriggio, decise di uscire per una passeggiata.
L’aria era frizzante e, man mano che si addentrava nel bosco, il mondo sembrava affondare in un silenzio ovattato.
Gli alberi si stagliavano imponenti, e il vento che sibilava tra i rami creava una melodia inquieta, quasi primordiale. Passò davanti a un piccolo ruscello, dove l'acqua scorreva cristallina.
Si fermò, inginocchiandosi per bere un sorso.
L'acqua era gelida, eppure le diede un senso di sollievo.Mentre si risollevava, le tornò alla mente suo nonno.
Era lui che, da bambina, l'aveva accompagnata per la prima volta a vedere le stelle.
Non si era mai stancato di raccontarle storie, miti antichi e leggende di popoli che si lasciavano guidare dal cielo.
La prima volta che l'aveva portata a osservare le stelle cadenti, le aveva detto: "Ci sono cose che non si possono spiegare, Aurora, e il cielo è una di quelle." Lei, ancora bambina, aveva annuito senza comprendere appieno, ma col tempo quelle parole erano diventate parte di lei.
La spinta verso l'ignoto, verso ciò che non poteva controllare o capire completamente, l’aveva portata a diventare astrofisica.Verso sera, tornò a casa per prepararsi alla salita verso la vetta.
Riempì il thermos di caffè, prese il binocolo e indossò una giacca pesante, assicurandosi di avere tutto il necessario per affrontare l’escursione notturna. Mentre chiudeva la porta dietro di sé, si fermò un istante a respirare a pieni polmoni.
L’aria aveva un profumo pungente, misto di pino e terra umida, e il vento sembrava parlare una lingua antica, quasi familiare.Iniziò a salire, e il crepuscolo trasformò la foresta attorno a lei in un mondo di ombre.
Le scarpe affondavano nel terreno soffice, i passi lenti e sicuri seguivano il sentiero che conosceva ormai a memoria.
Quando il buio calò del tutto, si accese una piccola torcia che illuminava appena il percorso davanti a lei.
Salire era sempre un momento in cui le preoccupazioni del mondo sparivano; lì, immersa tra i suoni della natura, si sentiva parte di qualcosa di autentico, come se riscoprisse una parte di sé che la città le faceva dimenticare.Dopo un paio di minuti di cammino, raggiunse finalmente la vetta.
Il cielo era già trapunto di stelle, una volta buia e misteriosa che si apriva sopra di lei come un libro antico.
Si sedette su una roccia piatta, stringendosi le ginocchia al petto per scaldarsi.
Il freddo pungente non le dava tregua, ma le stelle, sopra di lei, parevano vicine, quasi a portata di mano.
Ogni anno, quel momento le ricordava chi era, la sua vita intera racchiusa in quei puntini luminosi.
Chiuse gli occhi per un attimo, permettendo a quella sensazione di pace di avvolgerla.Restò così, in silenzio, ascoltando il battito del proprio cuore mescolarsi al soffio del vento.
Sapeva che le stelle cadenti sarebbero presto comparse, in una danza che si ripeteva da millenni.
E mentre attendeva, una domanda che non aveva mai osato fare, non al cielo almeno, si fece strada nel suo cuore: cosa avrebbe trovato, quella notte, dietro il velo delle stelle?Forse era solo il frutto della sua immaginazione, o forse il destino aveva qualcosa di diverso in serbo per lei.
STAI LEGGENDO
Il peso delle stelle cadenti
FantasyAurora, una giovane astrofisica affascinata dalle stelle, si rifugia ogni anno in montagna per osservare la pioggia di meteore e formulare desideri segreti. Ma quest'anno, una stella cadente si avvicina troppo alla Terra, rivelandosi un antico mess...