Il Sole

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||Regulus||

Regulus era sdraiato a pancia all'aria sull'erba falciata del campo di Quidditch, il petto ad alzarsi e abbassarsi seguendo il ritmo forsennato del suo respiro. Aveva la fronte imperlata di sudore e i capelli attaccati alla base del collo.

Gli allenamenti della squadra di Serpeverde erano terminati appena cinque minuti prima e Regulus, scaraventatosi a terra in un grugnito subito dopo il suono del fischietto, non si era sentito dentro la forza necessaria per abbandonare la sua posizione.

Aveva una gamba distesa dritta e l'altra che si piegava verso il dentro a formare un triangolo all'altezza del ginocchio, le mani giunte alla base del petto e il bel viso volto verso il cielo. Teneva gli occhi rigidamente chiusi, l'ombra delle ciglia nere a poggiarsi leggiadra sulle guance rosee. La pelle gli prudeva, arrossata e incandescente. Forse per via del sole, forse per via dello sforzo che aveva compiuto nel volare senza sosta sul campo per più di due ore.

Se lo sentiva addosso, il sole, immensamente bello gli baciava i lineamenti in un tramonto dorato sulla pelle. Era rovente e indelicato ed invadente, eppure a Regulus piaceva. Gli piaceva perché lo sentiva su di sé, spavaldo eppure così vero. Lo faceva sentire pieno, in pace con se stesso.

Sciolse l''intrico che erano le sue mani, lasciandole scivolare dolcemente lungo i fianchi, i palmi rivolti verso il terreno solleticati dolcemente dall'erba, a risplendere come un riflesso di smeraldi liquidi.
Tuttavia, la sua quiete ebbe vita ben corta.

«Ehi!» Fu lo strepitare che sentì in un eco vago alla sua sinistra. Storse le labbra, ignorando il richiamo nella convinzione che non fosse diretto a lui.

«Ehi!» Era la stessa voce, adesso più vicina. Fu una risonanza tersa, cristallina. Regulus catalogò la voce come familiare, gli fece prudere la pelle di fastidio. Eppure, si ostinò a tenere gli occhi chiusi. Nel curioso caso in cui la voce fosse stata a tutti gli effetti rivolta a lui, a questo punto la persona avrebbe sicuramente lasciato stare.

Assorto nella placida contemplazione di quel momento, non colse il suono dei passi veloci e del respiro pesante che gli si avvicinarono.

Una mano gli si poggiò sulla spalla in un riguardo talmente accorto da fargli pizzicare la pelle. Era calda e grande e giaceva sulla sua spalla in una carezza a palmo aperto. Fu un tocco gentile. Gli fece venire voglia di appisolarsi.

Lo schiaffo che ricevette sulla guancia, invece, bruciò. Regulus fu certo che chiunque avesse avuto l'arguta idea di infastidirlo avrebbe lasciato l'impronta delle sue dita sulla sua pelle.

Le palpebre gli si aprirono in un sospiro incollerito, impugnando già la bacchetta che aveva tirato fuori dalla tasca sinistra del pantalone. Gli ci volle solo un momento per mettere a fuoco. Un momento che Regulus avrebbe preferito non finisse mai.

Quando James Potter gli si schiantò contro le palpebre, Regulus si cristallizzò. Scrutò James in quella che fu un'iride allarmata, le labbra sigillate rigidamente e il corpo tutto intirizzito.

Riccioli castani gli scivolavano sbarazzini in fronte, giungendo appena alla soglia rappresentata dagli occhiali tondi e un filo appannati per via dell'annaspo d'aria. Gli incorniciavano gli occhi, due iridi placide e accoglienti; una dolcezza intricata nel diramarsi dei filamenti ambrati all'interno di essa. Le guance gli si erano arrossate per via della corsa, imporporandogli gli zigomi alti e graziosi. Le labbra, due ciliegie dei primi giorni di luglio, erano ora leggermente dischiuse.

Tutto d'un tratto riusciva a sentire il respiro caldo di James solleticargli la base del collo, il punto dove le sue dita gli si insinuavano al di sotto della maglietta, stritolandola in una presa sicura. Il suo sguardo era risoluto, le sue pupille lo perforarono in una fermezza semplice ed incuriosita.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 10 hours ago ⏰

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