NON DECIDI PER ME

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Brian mi portò a casa in silenzio. Mentre percorrevo le strade della città, immersa nella luce soffusa del tramonto, mi trovai a riflettere su tutto ciò che era successo solo quel giorno. I pensieri si accavallavano, e più tentavo di dare un ordine a quelle emozioni contrastanti più mi sembrava di perdermi in una matassa di sentimenti che non riuscivo a decifrare.
Sentivo il peso in ogni secondo trascorso così vicino a Brian, aggrappata a lui, come se quella distanza così ridotta lui potesse intuire anche i pensieri che cercavo di nascondere perfino a me stessa. Avrei voluto mantenere una certa distanza ma mi rendevo conto che non riuscivo a farlo era come se qualcosa in lui in quella sua presenza così sfacciata e sicura, mi sfidasse a lasciarmi andare.
Quando finalmente arrivammo a casa, scesi dalla moto cercando di mantenere la calma anche se avevo ancora le mani leggermente tremanti. Brian si tolse il casco, scuotendo la testa in un gesto naturale che lo faceva sempre ancora più sicuro di sé, come se tutto quello che era accaduto fosse stato un gioco orchestrato da lui, e io sono una pedina trascinata dal caso.
<Allora ti è piaciuto il giro?>
Mi chiese con quel suo solito beffardo.
In quel momento, avrei voluto rispondergli a tono, restituire ogni singola provocazione che mi aveva lanciato, ma non ci riuscii. C'era qualcosa in quegli occhi, in quel sorriso sfacciato, che mi disarmava. Mi limitai a scrollare le spalle, cercando di non dargli la soddisfazione di una risposta troppo entusiasta.
<Non è stato male>
Facendo finta di nulla
<Anche se non penso di aver bisogno di altre lezioni......di...."vita californiana" come la chiami tu>
Lui rise quella risata leggera che sembrava sempre pronta a prendere in discussione tutto.
<Ah sì?. Allora non ho fatto un buon lavoro. Dovremmo riprovarci magari vedrai le cose diversamente>
Mi resi conto che stava cercando di provocarmi di nuovo, avrei voluto essere impassibile ma sentivo il calore salire alle guance. Cercai di distogliere lo sguardo, ma i suoi occhi mi seguivano con una curiosità silenziosa, come se volesse capire se ero davvero quella ragazza chiusa e controllata che cercavo di mostrare.
Magari di dargli il tempo di dire altro, prese il coraggio e guardai altrove.
<Grazie del passaggio Brian. Ma non credo di aver bisogno di altri giri di prova. Sono qui per restare, dopo tutto>
Dissi con una punta di orgoglio come a voler difendere le mie scelte.
<E non ho bisogno di qualcuno che mi insegna a vivere>
Questa volta fu lui a sembrare sorpreso. Mi guardò per un attimo, con quello sguardo indecifrabile che sembrava sgravare più in profondità e poi annui lentamente.
<Giusto Wendy>
Rispose abbassando la voce
<Forse hai ragione>
Per un attimo nel suo sguardo col si qualcosa di inaspettato, una sfumatura di sincerità che sembrava distante dal ragazzo sfacciato che aveva incontrato quella mattina era come se in quel momento ci fosse solo un ragazzo, e non la facciata che portava sempre con sé fatta di provocazioni e sfide. Ma quel momento durò solo un istante e subito dopo Brian si limitò a un cenno di saluto, tornò sulla sua moto e partì, lasciandomi lì tra i miei pensieri.
Rimase a fissarmi. Non era solo il fatto che avesse scombussolato la mia giornata con quella sua in frustrazione sfacciata. Era qualcos'altro. Una parte di me, per quanto volessi negarlo, si sentiva stranamente attratta da quel suo modo di essere, così libero e senza compromessi. Eppure, un'altra parte di me non si fidava, come se avvertisse una distanza che in un modo o nell'altro non avrei mai potuto colmare.
Entrai in casa, sento ancora il rumore della moto che risuonava nella mia testa. Il silenzio mi accolse con la stessa intensità con cui ero stata accolta al mattino. Ero da sola, immersa in quella quiete che ora sembrava quasi soffocante. Era strano come la mia stanza, quel rifugio che avevo costruito attorno a me con i libri e i ricordi mi apparisse improvvisamente diversa, come se fosse diventata troppo stretta per i pensieri che mi affollavano la mente.
Mi siedo sulla sedia vicino alla finestra e guardai fuori. La California con il suo cielo limpido e le sue strade silenziose, sembrava così distante da tutto ciò che conoscevo, ma in quel momento, nonostante l'incertezza sentì una strana forza a crescere dentro di me. Forse per la prima volta iniziai a capire che il trasferimento qui non era solo una questione di adattamento a un nuovo ambiente. Era anche una sfida per me stessa, con tutto quello che avevo sempre creduto di essere.
Presi il telefono e mandai un messaggio a Rebecca.

Due Mondi Una StradaWhere stories live. Discover now