𝐆𝐫𝐚𝐜𝐞.Mi guardai allo specchio e, come ogni volta, sentii quel famigliare groppo nello stomaco.
Avevo convinto Zayn a portarmi ai suoi allentamenti di Basket, eppure ora mi chiedevo se fosse stata davvero una buona idea.
Sistemai l'elastico tra i capelli, sperando che almeno in questo modo, il mio viso sembrasse meno rotondo, più proporzionato, più... accettabile.Indossavo una felpa oversize, naturalmente. Una che mi avvolgeva bene, che cadeva morbida sulle spalle e scendeva abbastanza da nascondere quei punti di me che avrei preferito dimenticare.
C'erano giorni in cui non ci facevo troppo caso, in cui l'idea di ciò che potevo riflettere agli altri svaniva un po'. Ma oggi, con quell'uscita in programma, tutto tornava a galla. E non era tanto per gli altri, quanto per me stessa.
Tirai su la felpa e la fissai nel punto in cui si appoggiava sui fianchi. Sentivo quel peso: sottile ma persistente, come una specie di zavorra.
Sapevo che Zayn non ci avrebbe fatto caso, che per lui queste erano sciocchezze. Probabilmente mi avrebbe guardato al massimo con un mezzo sorriso, dicendo di sbrigarmi perché stavamo già facendo tardi, come sempre. Ma io, io lo vedevo in ogni dettaglio, come se lo specchio amplificasse tutto ciò che volevo nascondere.
Pensai a Beverly, a Shelly e a tutte le altre... a come sembrassero sempre a proprio agio nella propria pelle, come se fossero nate con quel tipo di sicurezza che per me era solo un miraggio.
Mi infilai le scarpe con una lentezza quasi esasperante, come se stessi cercando di guadagnare ancora qualche secondo, di scacciare quei pensieri che mi trattenevano. Alla fine mi guardai un'ultima volta, con una sorta di rassegnazione.
Era tutto lì, davanti a me.
Che schifo.
Mi ritrovai a pensare.
Feci un respiro profondo, raccogliendo il coraggio che mi serviva per uscire dalla stanza. Era assurdo quanto una semplice uscita potesse farmi sentire così insicura, eppure ogni passo sembrava più pesante dell'altro.
Scendendo le scale, intravidi Zayn che mi aspettava all'ingresso. Era appoggiato contro la parete con quell'aria di noncuranza che gli riusciva così naturale, le braccia incrociate e il cellulare tra le mani.
Appena mi vide, alzò lo sguardo e sfoderò un mezzo sorriso, inclinando la testa di lato.
Zayn mi guardò storto appena scesi le scale.
«Eccoti finalmente. Due minuti di ritardo e ti avrei piantata qui per conto tuo», disse infilandosi il cellulare in tasca. Anche se la sua voce sembrava scherzosa, avvertii una punta di impazienza.
«Esagerato», replicai, sforzandomi di sorridere mentre mi avvicinavo. Però, nella mia testa, la solita voce critica s'insinuava, chiedendosi se Zayn potesse notare la mia insicurezza così evidente.
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𝓞𝓑𝓢𝓔𝓢𝓢𝓘𝓞𝓝
Lãng mạnAthena Miller sa cosa significa il dolore. Una volta, era una ragazza fragile e insicura, ferita nel profondo da chi le aveva fatto credere di essere insignificante. Ma dopo quattro anni di assenza è tornata, ma questa volta gioca secondo le sue reg...