Uno strano risveglio!

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Mi svegliai di soprassalto, anche se ad essere sinceri non ricordavo nemmeno di essermi appisolato.

Pazienza.

Mi guardai intorno e, con un brivido freddo, la prima cosa che notai fu l'angusto luogo dove mi trovavo: a giudicare da un primo sguardo si trattava di una cella, ma, aguzzando la vista, i miei occhi si imbatterono in una grande scritta bianca su sfondo blu proprio sopra la mia testa: "Checca".

Ma sì! Quella famosa marca di cianfrusaglie per bambini, come non conoscerla?

Oh capperetti! Era dal mio sedicesimo compleanno che non vedevo una culla così ben fatta...

Emozionato dalla scoperta, mi misi ad analizzare ogni rifinitura decorata minuziosamente a mano, ed il mio corpo fu scosso da un fremito eccitato.

Ero così ben preso dalla situazione che non m'accorsi nemmeno di una porta che sbatté in sottofondo.

-Buongiorno, piccola!- una voce roca riecheggiò da lontano. -Ti stai divertendo?-

-Sì!- esclamai con un verso eccitato.

Finalmente avrei potuto incontrare il grand'uomo che aveva creato quest'opera d'arte, questo grande tesoro, questa scultura paragonabile al David di Michelangelo e alla Nike di Samotracia!

Mi voltai e nel mio campo visivo si posizionò la silhouette di un giovane.

I capelli rossi -tinti veramente uno schifo, devo dire- erano dello stesso colore di un gelato alla fragola andato a male. Ma che dico! Erano color amarena marcia, mista ad arancia acerba e sangue secco. Dio benedica il parrucchiere, sempre se ne avesse uno.

Il collo e metà viso erano coperti da un boa color rosa shocking, con piume dello stesso colore svolazzanti ovunque.

Rimasi abbagliato a quella vista, e ancor di più dal modo in cui scostò una ciocca rosa-verdognola sfibrata dalla fronte fin troppo ampia.

-Mio grande mentore!- gridai contento, piegandomi sulle ginocchia e abbassando il capo fino a toccare il materasso della culla con la fronte.

-Mi fa piacere che ti sia abituato così presto! Di solito i mestruati come te fanno così tante storie...-

Quasi non credevo alle mie orecchie!

Mi aveva rivolto la parola!

E per di più mi aveva fatto un complimento!

-Ma ora bando alle ciance- esordì risoluto dopo qualche secondo di meditato silenzio. -Sicuramente ti starai preoccupando del motivo per cui ti trovi qui...-

-Veramente no...-

-Taci, bestiola!- inveì subito, poggiando una mano sul bordo della culla e affacciandosi leggermente col busto.

-Da oggi sarò il tuo papino!- esclamò poi con voce minacciosa.

E allora accadde.

Lui guardò me.
Io guardai lui.
Lui guardò me.

Ci osservammo per molto, molto tempo senza battere ciglio, gli occhi mi pizzicavano da impazzire...

E scoppiai a ridere così forte, ma così forte, ma così forte che la saliva mi andò di traverso e tossicchiai per una buona mezz'ora, continuando sempre a ridacchiare.

Lui sgranò gli occhi e le guance gli si arrossarono dall'irritazione.

-Come osi...- sibilò acido, afferrandomi i capelli sulla nuca e strattonando la mia testa verso di lui.

-Scus...- dissi tossendo un altro paio di volte. Era esilarante davvero.

Papino!

Solo a pensare al modo in cui quella parola veniva pronunciata dalla sua voce falsamente seria mi venivano le lacrime agli occhi.

Il tipo non lasciò la presa, anzi, strinse e tirò ancora più forte.

-Lo trovi così divertente?- chiese adirato. -Ti faccio vedere io cos'è veramente divertente!-

-Più divertente di papino?- e scoppiai a ridere nuovamente, la pancia che mi duoleva peggio dei primi giorni di mestruo.

La drag queen Pel-di-Carota (marcia) lasciò i miei capelli e frugò freneticamente con le mani in una scatola nera ai suoi piedi.

Io intanto me la ridevo ancora, e,come volevasi dimostrare, la vescica ebbe un impellente bisogno di svuotarsi.

-Devo pisciare!- esclamai improvvisamente al tizio.

Lui mi ignorò, o almeno finse di farlo, perché lo sentii ghignare di nascosto sotto al boa.

Srotolò infine una pergamena davanti ai miei occhi, e mi fissò con aria di sfida.

A primo impatto sembrò la versione moderna dei dieci comandamenti, compresa di NON e DEVI in grassetto sottolineati tre o quattro volte.

-Embè?- lo apostrofai mantenendomi il cavallo dei pantaloni con entrambe le mani, onde evitare allagamenti improvvisi.

-Leggi- mi ordinò schiaffandomi (letteralmente) la pergamena in faccia. -Ad alta voce.-

-Con calma, eh, ma vedi un po', le buone maniere...- borbottai a mezza voce.

Mi schiarii la voce e lessi il titolo, scritto in modo così grande e grosso che anche una talpa miope avrebbe potuto tranquillamente leggere senza alcuno sforzo: "REGOLE DI PAPINO".

E così, invece di proseguire oltre, scoppiai nuovamente a ridere e stavolta niente poté fermare l'allargarsi di una grande macchia proprio sul cavallo dei miei pantaloni.

***
E comunque no, non è una storia seria.

Papino || G.W.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora