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Sarah
Raggiungemmo il ristorante in orario e dovetti ammettere che la vista sul Whitefish Lake, mentre il buio avvolgeva le montagne e grappoli di luci calde punteggiavano la costa, era davvero magnifica.
«Oh, bene» cinguettò una voce femminile alle nostre spalle. Ci voltammo e ci trovammo di fronte Bethany e gli altri. Lei fece gli onori di casa, conducendo le presentazioni con un entusiasmo misurato. I quattro provenivano da società partner diverse.
Dopo strette di mano e convenevoli, la cosa che mi colpì di più fu l'assortimento multietnico del gruppo, un chiaro segno della portata globale del progetto di cui facevamo parte.
Alex, accanto a me, si rivolse a una donna bionda, sulla cinquantina, con tratti marcati e occhi chiarissimi.
«Ho letto la sua ultima pubblicazione, dottoressa Schmidt. La sua conoscenza dell'ingegneria ambientale è magistrale.»
Lei si illuminò e annuì con fierezza.
Un uomo giapponese si concentrò su di me. «Kenji Tanaka.» Si aggiustò il cravattino a scacchi colorati, che faceva a pugni con il completo grigio antracite. «Le sue riprese sono spettacolari, signorina, lasci che glielo dica» affermò in un inglese perfetto. «Anche se sono un biologo marino e passo la maggior parte del tempo tra dati e laboratori, mi sono sempre dilettato nella fotografia. Sono curioso di vederla all'opera sul campo.»
Sorrisi, mentre entravamo nel ristorante, accolti da pareti calde e decorate con fotografie storiche e dipinti delle tipiche rimesse di barche del lago. Una cameriera, impeccabile nella sua divisa, ci guidò sulla terrazza, conducendoci a un tavolo apparecchiato con posate d'argento, a ridosso del parapetto di legno. La vista diretta sul lago, con le luci riflesse sull'acqua e le montagne imponenti sullo sfondo, fece sfuggire più di un mormorio di apprezzamento tra i presenti.
Diego Morales, il vivace delegato messicano esperto in biotecnologie marine, mi coinvolse in una conversazione animata. Solo allora mi accorsi che un posto a tavola era ancora vuoto.
«Sì» intercettò Bethany la mia domanda, «la nostra delegata indiana sta arrivando. Mi ha chiesto di non aspettarla fuori... Oh, eccola lì!»
Ci voltammo e io ci misi pochi secondi a riconoscerla. Uno schiaffo in piena faccia. L'avevo vista una volta sola, ma era impossibile dimenticarla. La donna che ci raggiunse, con falcate eleganti e tacchi di vernice che risuonavano sul pavimento, era la stessa ragazza che avevo incontrato alla mostra due anni prima. La stessa che si era presentata stretta al braccio di Alex.
Un nodo spinoso mi si piantò in gola. Era splendida. Un viso scolpito, lunghi capelli lisci e lucenti, labbra laccate di rosso intenso, la pelle olivastra esaltata dal tubino nero che le avvolgeva il corpo con precisione chirurgica. «Scusate il ritardo.» La sua voce era vellutata, il tono sicuro. «Una call di lavoro che si è trascinata troppo. Io sono...»
Poi i suoi occhi si posarono su Alex. La sua espressione si accese.
«Oh, non sapevo di trovarti qui.»
«Il professor Alexander Donovan, il biologo che segue il progetto» annunciò Bethany.
«Sì, abbiamo già avuto il piacere di conoscerci.»
Sorrise, sgargiante.
Il pugno che avevo stretto lungo il fianco divenne ancora più rigido.
Quando il suo sguardo incontrò il mio, si prese un istante in più per studiarmi.
Bethany venne in mio soccorso. «Sarah Sheridan, la nostra videomaker.»
Aisha mi scrutò, cercando di capire se ci fossimo già incontrate. Poi mi strinse la mano con grazia studiata.
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WILD HEARTS
RomansLei è la sorellina del migliore amico di lui. Ha 12 anni meno di lui. E non dovrebbe neanche guardarla. Ma anche se il loro è un amore impossibile e proibito, si rincorrono e si appartengono da sempre, fino a quando si ritrovano a dover vivere e la...