James ed Irwin non potrebbero essere più fieri della loro bambina, Sophia: è bella, gentile, intelligente, premurosa, dolce e molto, molto curiosa.
È per questo motivo che, una sera, si stanca di sentire dai suoi genitori le solite fiabe della buon...
"Voi mortali siete proprio strani. Siete così religiosi eppure così miscredenti al tempo stesso, quando pensate che tutto ciò che fate non sia in qualche modo già scritto da qualche parte. Ora, attenzione: non è che noi Capi dell'Universo ci mettiamo seduti a tavolino per decidere specificamente della sorte di un eroe (tranne che per Achille. Per lui fu necessario. Diavolo, quel tipo era indistruttibile!) ma non è nemmeno vero che ci interessiamo della vostra vita. Al massimo, quello che facciamo è guardarvi prendere la decisione peggiore della vostra vita mentre beviamo un super alcolico da una noce di cocco ma, ripeto, non ci importa più di tanto della vostra vita.
In effetti, c'è qualcuno che è più potente ancora di noi. Qualcuno che nemmeno noi possiamo controllare. Già, avete capito bene: le Moire. Cloto, Lachesi ed Atropo. Il destino. Le Parche, se siete romani. Comunque, avete capito: quelle tre tipe che tessono il filo della vita. Eh, loro hanno in mano anche la mia, di vita.
Vabbè. Quello che voglio dire è che, comunque, io posso giocare con la vostra vita, separare due anime gemelle per millenni, ma se le Moire hanno scritto nel Libro del Destino che quei due sono destinati ad incontrarsi, loro lo faranno. E ora ve lo dimostrerò."
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Il freddo pungente di Dicembre avvolgeva il piccolo villaggio di Alvagar, un luogo incantato nascosto tra colline innevate e boschi secolari. Era passato molto tempo dall'ultima volta che Irwin aveva percorso le sue strade acciottolate. Sei anni, per essere precisi. Sei anni da quando aveva deciso di lasciare tutto per inseguire il sogno di diventare avvocato. E ora era tornato, ma non per sua scelta. Il funerale di sua zia Lily lo aveva riportato a casa, e con esso, una valanga di ricordi che sperava di aver lasciato alle spalle.
Mentre camminava lungo la strada principale, le luci natalizie scintillavano sopra di lui. La città sembrava uscita direttamente da una cartolina: vetrine decorate, alberi addobbati e il profumo di cannella che si mescolava a quello della neve fresca. Tuttavia, la magia del Natale non bastava a placare il senso di disagio che Irwin provava. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare James.
James. Solo pensare al suo nome gli faceva stringere lo stomaco. Sei anni fa, non gli aveva detto nulla. Nessun addio, nessuna spiegazione.
Solo una lettera lasciata sulla scrivania della sua vecchia camera: «Devo inseguire i miei sogni, perdonami. Ti amo.» Irwin era convinto che fosse stata la scelta giusta, ma per qualche motivo il pensiero di doverlo rivedere gli stringeva lo stomaco.
Sospirò. Alvagar non era poi così piccola: sicuramente non si sarebbero incontrati subito.
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