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Esaù e Augusto erano finalmente rimasti da soli, i due erano i più anziani del gruppo, ma non avevano effettivamente avuto modo di conoscersi per bene: Augusto era sempre impegnato a litigare con i più giovani, che fossero gli americani o gli altri peccati, e Esaù aveva provato a convincere Chloé a fondare un business insieme per tutto il viaggio. Ora i due si ritrovavano da soli su una panchina del centro di Napoli, abbandonati dagli altri che sembravano tutti impegnati in missioni supersegrete. Infatti, dopo che Ismaele e i due agenti erano andati alla ricerca del sacerdote anche le signore, con grande dispiacere di Augusto, erano scomparse chissà dove.
Era abbastanza strano come erano arrivati lì: prima venivano rapiti da un americano leggermente morto di figa e in un paio di giorni avevano cambiato città e avevano incontrato Nino D'Angelo, quello però era il dettaglio più normale della faccenda, insomma trovare un cantante neomelodico a Napoli non era così insolito. Ma ora cosa potevano farne di tutto ciò? Augusto ancora stentava a crederci, per lui i giorni precedenti erano solo uno strano sogno pre-morte, magari aveva preso troppe pastiglie.
Esaù invece era mediamente contento di quella avventura, aveva avuto modo di ritrovarsi con il suo nipotino adorato, che ora era chissà dove con l' americano e quel cantante napoletano che gli piaceva tanto, buon per lui. Un po' quel ragazzo lo preoccupava, lo aveva visto scosso quando Tom gli aveva ordinato di distruggere i motorini, magari gli americani lo avrebbero ricondotto sulla cattiva strada? Bè, con un nonno come lui c’era da aspettarselo che finisse in carcere, era praticamente genetico! A proposito di famiglia, Esaù si chiedeva come stesse il suo amato figliolo, chissà se quando lui e Ismaele sarebbero tornati a casa lo avrebbe accolto a braccia aperte.
Esaù tossì un paio di volte, solo per evitare di stare in un silenzio tombale, non aveva mai avuto particolari problemi a relazionarsi con gli altri, ma buona parte dei peccati era ancora un mistero per lui, magari avrebbe potuto fargli qualche domanda, ma Augusto non sembrava il tipo da spifferare certe cose in giro. L' altro uomo si teneva dall' altro lato della panchina, si guardava in giro abbastanza nervoso. E così stavano seduti lì, senza guardarsi, senza parlarsi, come due sconosciuti, e un po' forse lo erano.
“Facciamo qualcosa, Napoli me la immaginavo meno noiosa” disse Augusto, tutt' a un tratto, forse era anche lui stanco di quel silenzio oppressivo, o forse era seriamente annoiato, di certo Napoli era una bellissima città e sprecare un pomeriggio seduti su una panchina quando si era circondati da monumenti e locali non era esattamente l' ideale. “Forse conosco un posto carino” disse Esaù, effettivamente una sua vecchia conoscenza era di Napoli, lo aveva invitato varie volte in passato nel suo locale, ma lui aveva sempre rifiutato di spostarsi da Foggia.
Augusto si girò finalmente a guardarlo, era probabilmente la prima cosa utile che aveva detto in tutto quel viaggio. “Dove mi porti allora?” Chiese in breve il più giovane, che già fremeva dalla voglia di scappare alla noia. A dimostrare la sua eccitazione Augusto balzò letteralmente dalla panchina, come se fosse a un tratto diventata così bollente che passarci un solo secondo sopra era una vera e propria tortura.Il caldo allarmante della città partenopea durante l’estate non invogliava di certo a stare seduti sotto al sole, si rischiava di rimanerci secchi! Al contrario, nei quartieri spagnoli, si trovava molto più refrigerio, non perché quella parte della città fosse particolarmente ombrosa o ventilata, ma poiché i palazzi erano costruiti così vicini tra loro che il sole non ci arrivava neanche, tant’è che le signore ci mettevano secoli a far asciugare i panni e se ne lamentavano sonoramente di fronte all’entrata dei loro bassi, dove i loro cari mariti invece erano spesso e volentieri appena di ritorno da una giornata sotto al sole in uno dei tanti cantieri della città e di abbronzatura non ne volevano proprio sapere, avevano una tintarella perenne, come quella dei surfisti californiani, segnata però dal duro lavoro e non dalle giornate al mare.