1. Storm

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ATTENZIONE: Questa storia contiene scene di violenza, cattivo linguaggio, e altro. Quindi se non vi piacciono particolarmente, evitate di leggere. Ricordo che i caretteri e i comportamenti dei personaggi di questa storia non corrispondono a quelli della realtà; la storia é completamente inventata.

Mi trovavo in una stanza illuminata da una luce abbagliante, anche le pareti erano bianche, ma non di un bianco consumato, bensì di un bianco accecante, puro.

Ero in piedi, ma non riuscivo a muovermi. Mi sembrava di essere inchiodata al pavimento.

Osservai meglio la stanza e notai un piccolo lettino in fondo, accanto ad una scrivania di vetro.

Sulla scrivania c'erano tantissimi fogli sparsi ma non riuscivo a vedere cosa ci fosse scritto.

Attaccata al lettino vi era una macchina vecchia, una di quelle che si trovavano spesso negli ospedali e che segnavano i battiti cardiaci, e faceva un rumore strano.

Bib bip.

Provai di nuovo a spostare i piedi o le braccia, ma sembrava che il mio corpo non potesse più rispondere a ciò che gli dicevo. Mi sentivo così pesante, volevo muovermi e andare via da lì.Ero morta? Perché mi sembrava tutto così tremendamente bianco? Mi dava fastidio quel bagliore, io odiavo il bianco.

E perché, se ero morta, non mi ricordavo nulla? Avevo sempre pensato che morire fosse liberatorio, che fosse quasi più bello del vivere stesso.

Il momento in cui si é da soli, a esalare l'ultimo respiro era così estenuante ma in qualche modo, rassicurante. Mi piaceva l'idea della morte in sé, perché poneva fine a tutto, al dolore, all'amore, alla tristezza, perfino alla gioia.

Forse ero l'unica a pensarlo, e forse ero soltanto un'ingenua ragazzina di quindici anni che aveva rinunciato troppo presto ad essere felice.

Avevo rinunciato a sperare, a credere in qualcosa che sapevo, non avrei avuto mai.

Bip bip.

Scattai quando vidi di sbieco le coperte del lettino aggrovigliarsi, e solo in quel momento notai che vi era sdraiata una donna, girata di spalle.

I lunghi capelli biondo cenere erano sparsi sul lettino. Si mosse di nuovo, e io sussultai.

Avevo paura. Non sapevo chi fosse e non sapevo nemmeno cosa ci facessi lì.

Notai anche che i fili dell'apparecchio erano attaccati alle sue braccia.

Bip bip.

"Mi scusi? Lei chi è?" Chiesi, con voce debole.

Non mi aspettavo una vera e propria risposta, ma dovevo pur fare qualcosa. Non potevo stare lì ferma in eterno.

"Mi ha sentita?" Domandai, di nuovo. Non ebbi risposta e la donna non sembrò volersi girare dalla mia parte.
Rimasi ferma, ad aspettare.

Diedi un'occhiata ancora intorno alla stanza troppo chiara e rabbrividii quando la luce intorno a me cominciò ad abbagliarmi completamente.

Non riuscivo più a vedere la scrivania. Vedevo solo il piccolo lettino.

Improvvisamente la donna si girò, di scatto. E io tremai, quando riconobbi il volto. Quel volto che non vedevo da nove lunghissimi anni.

Mi sentii improvvisamente vuota, non provai nessuna emozione.

L'apparecchio suonò di nuovo "Bip bip."

"Mamma?"

Mi svegliai di soprassalto. Ero madida di sudore, i miei capelli si erano appiccicati alla fronte.

Dangerous Ocean. #Wattys2015Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora