✖Solitude

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Il picchiettare delle gocce di pioggia sull'asfalto era così violento che si sentiva persino lì dentro. Lu Han era piuttosto turbato. Si mise una mano sul collo indolenzito, esercitando una leggera pressione con dita.

Non smetterà mai, pensò, mentre la finestra semi appannata si riempiva di gocce d'acqua. Lu Han le contava pensando d'essere arrivato ormai proprio alla millesima. Silenziose, s'infrangevano all'interno del suo cranio, con un violento rimbombo. Nella penombra della sua stanza, immerso in uno spiraglio di pensieri, Lu Han si distaccava dal mondo materiale, spingnedosi oltre la sua umana quotidianità. Ricercava un sole che non c'era e che ormai non vedeva da settimane.

«A cosa pensi?» la voce di Sehun raggiunse le sue orecchie simile a un'onda d'ultrasuoni. Era bassa . Sibilata. Piatta e distante.

Da quando erano tutti insieme al dormitorio, o almeno prima del suo arrivo effettivo dalla Cina, si era illuso che lasciare Beijing sarebbe stato terapeutico per il gruppo. In particolare per lui e per Sehun. Le cose erano, tuttavia, andate diversamente, ogni giorno sempre di più, come se tra loro fosse comparsa un confine invisibile che Lu Han non conosceva. E dire che Oh Sehun era il suo migliore amico.

L'aveva costruito lui, tassello per tassello, e le spiegazioni non erano comprese nel prezzo.

Oh Sehun era di poche parole, lo era sempre stato, e lo sarebbe sempre rimasto.

Dopo anni dal loro primo incontro, Lu Han credeva di saperne abbastanza sul suo conto da poter affermare che mai sarebbe riuscito a comprendere cosa gli passasse per la testa.

«A niente di che», rispose finalmente «mi chiedevo solo quando avrebbe smesso di diluviare. Questo tempo mi sfianca» 

«Per come lo fissi non si direbbe, sai?» fu il commento disattento di Sehun, troppo preso ad armeggiare con il suo cellulare. Se ne stava appoggiato con la schiena contro lo stipite della porta socchiusa alle sue spalle, perso in solo lui sapeva quali pensieri. In fondo, Lu Han dubitava che persino una divinità sarebbe stata in grado di conoscere quelle riflessioni che parevano trascendere tutti: il mondo, gli altri, lui. Sehun era sempre più distante, metri, chilometri, miglia. Altrove. Per tale motivo, forse quasi per dispetto, anche il cinese aveva finito per crearsi un suo piccolo mondo di riflessioni interiori, e in quei mesi era cambiato; il suo spirito attivo, vitale, si era man mano spento, soppresso da troppe tensioni, da innumerevoli impegni.

La sua esistenza era giostrata da continue prove, ma per quanto questo gli creasse un senso di soffocamento - infiammando i rapporti con gli altri - continuava a non disprezzarla poi così tanto.

Lu Han, infondo, pensava di saper bene cosa fosse la gratitudine, e in quel periodo di scarsa condivisione, in cui la sua emotività, nascosta quanto profonda, aveva preso il sopravvento.

Stava rivivendo la sua adolescienza, amplificata dallo sguardo cupo e stretto di Sehun che, a modo suo, che gli ristituiva la stessa incertezza.

«..E tu? A cosa pensi, Sehun?» tentò, nello sforzo banale di farlo parlare in maniera chiara. Voleva che entrambi andassero oltre quel tempo freddo e glaciale.

«Penso a quanto non mi vada di iniziare di nuovo con le prove.

Solo l'idea di continuare sfianca me. Perciò mi spiace interrompere la tua contemplazione, ma ti ricordo che abbiamo meno di cinque minuti.» Ribatté il minore, stiracchiandosi, tirando in alto le braccia.

«La coreografia è impegnativa» Notò di rimando il più grande, riflettendo con entusiasmo celato su quanto la trovasse "emozionante". Sehun non pareva essere, comunque, della stessa opinione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 24, 2015 ⏰

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