𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 5

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Il caos di Alissa non fa per me.

Mentre la mia migliore amica si lancia nel suo personale film romantico con il biondo dagli occhi maliziosi, io prendo la decisione più sensata della giornata: me ne vado.

Non ho nessuna intenzione di stare lì a guardare. E, soprattutto, non ho nessuna intenzione di incrociare di nuovo quello sguardo.

Mi infilo nella Butler Library.

Quando attraverso le porte di vetro, sento i polmoni espandersi in un respiro profondo. L'aria qui dentro è più fresca, più ferma. Ha un odore rassicurante: carta, polvere e un leggero aroma di caffè, proveniente dai bicchieri di carta disseminati sui tavoli. Il rumore del campus scompare, lasciando solo il suono ovattato di pagine sfogliate e il ticchettio di qualche tastiera.

Niente caos, niente sguardi insistenti, niente Alissa che trama piani romantici improbabili.
Perfetto.

Mi dirigo verso la sezione di letteratura e mi sistemo a un tavolo d'angolo, accanto a una grande finestra che lascia entrare una luce soffusa. Tiro fuori il tablet, ma la mia attenzione viene subito catturata da una ragazza qualche metro più in là, alle prese con una pila di libri troppo alta per essere gestibile.

La vedo tentare di spostarli tutti in una volta, e capisco esattamente il momento in cui la gravità decide di prendersi gioco di lei.

"Merda" mormora, mentre i volumi scivolano dalle sue mani e si sparpagliano sul pavimento in un tonfo sordo che spezza il silenzio della biblioteca.

Alcuni studenti alzano lo sguardo per un istante, prima di tornare ai loro libri.

Mi alzo d'istinto e l'aiuto a raccoglierli. "Tutto bene?"

Lei sospira, sollevando lo sguardo su di me. Ha lunghi capelli scuri raccolti in una coda bassa, con qualche ciocca ribelle che le sfugge e le incornicia il viso. La pelle chiara ha un leggero rossore sulle guance, forse per la fatica o forse per l'imbarazzo, e i suoi occhi color nocciola hanno una luce calda e vivace. Indossa un maglione largo color crema, morbido, che le scivola appena su una spalla, e un paio di jeans semplici.

Ed è bellissima.

Non nel senso classico, non in un modo ostentato o studiato. La sua bellezza è naturale, spontanea, di quelle che non hanno bisogno di trucchi o artifici per risaltare.

Ma quando mi sorride, il suo volto si illumina.

"Sì, grazie. Mi succede più spesso di quanto voglia ammettere."

Le porgo l'ultimo libro con un sorriso. "Un'esibizione niente male, ma credo che la gravità vinca ancora."

Lei si lascia andare a una risata sincera. "Lo è. Dovrei davvero imparare a fare più viaggi invece di impilare tutto come un castello di carte."

Si sistema i libri tra le braccia e annuisce verso il tavolo. "Posso sedermi qui? La biblioteca è piena."

"Certo."

Si lascia cadere sulla sedia di fronte a me e sospira, come se fosse reduce da una battaglia.

"Secondo anno?" chiedo, notando i titoli dei libri che ha con sé.

"Già. Letteratura comparata." Mi tende una mano. "Megan."

Gliela stringo. "Abby. Letteratura inglese, primo anno."

"Ti piace?"

"In realtà sì. Quando non sono troppo impegnata a evitare la mia migliore amica e le sue idee folli."

Megan inarca un sopracciglio, divertita. "Suona interessante."

"Sai, quel genere di persona che crede nel destino, nei colpi di fulmine, nelle anime gemelle."

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