L'amore finisce?

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Roma, 21 aprile 1999, 08:30, 12 Via Oslavia

Il suono assordante della sveglia fece aprire bruscamente gli occhi di Francesco De Santis che si girò nel letto singolo nel quale da qualche mese si era abituato a dormire. La voglia di alzarsi gli mancava, la notte prima era tornato fin troppo tardi e ora l'idea di raggiungere il lavoro gli sembrava impossibile. Mise un piede fuori dal letto e fece un passo. Si trascinò fino al bagno che era nella camera matrimoniale, notò con disappunto che il lettone era gia stato rifatto. Si levò velocemente i boxer neri e si infilò sotto la doccia bollente che sembrò ridargli vita. Quando usci si diresse verso la sua cabina armadio, e prese uno dei suoi tanti completi da lavoro, si osservò allo specchio. L'immagine riflessa era quella di un uomo di trenta sei anni, i capelli mori disordinati, gli occhi color pece, la barba appena accennata, le spalle larghe, il viso marcato dalla stanchezza e dal tempo. In fin dei conti era un uomo qualunque. Ma nonostante ciò, una volta conosciuto, le donne non potevano far altro che soccombere al suo carisma del quale non sembrava avere coscienza.

Francesco chiuse la cabina armadio e si diresse in cucina, sua moglie Anne Dubois era seduta al tavolo, aveva raccolto i capelli biondi in un elegante chignon, il tailleur nero faceva risaltare le sue belle curve e il trucco appena accennato non faceva che esaltare la sua bellezza naturale. Suo marito restò ad osservarla per qualche minuto: leggeva il giornale che era sicuramente andata a comprare la mattina presto, allo stesso tempo portava alla bocca con grazia la tazza di caffè ancora fumante.

La cucina aveva l'odore tipico che costituiva le mattine di Francesco: caffè e cornetti caldi.

"Buongiorno" disse semplicemente De Santis ancora assonnato.

"Buongiorno" rispose a sua volta Anne con quella freddezza che da qualche mese aleggiava sulla coppia.

Francesco guardò l'orologio e sgranò gli occhi, erano le 9:25, era in ritardo, doveva stare al commissariato alle 9:30.

Si servì una tazza di caffè e la bevve tutta d'un sorso poi uscì dalla cucina senza proferire parola e andò ad infilarsi le scarpe e prendere la valigetta nera poggiata sul suo letto.

Per uscire passò davanti alla cucina, per un attimo pensò di entrare, di baciare Anne, di urlarle che l'amava che tutti possono sbagliare, di dirle che era la cosa più bella che le fosse capitata in tutta la sua vita e che non avrebbe mai ringraziato abbastanza per tutto cio.

Ma invece continuò a camminare verso la porta e riuscì solo a dire un "Buona giornata" pieno di rancore.

09: 34, 12 Via Oslavia

Appena Francesco era uscito, Anne aveva lasciato cadere la tazza di caffè sul tavolo che si era rovesciata bagnando tutto il tavolo, aveva gettato il giornale a terra ed era finalmente scoppiata in un pianto liberatorio. Aveva fatto crollare l'immagine della donna fredda e perfetta che da tempo faceva trasparire a suo marito.

Come ne erano arrivati a questo punto? Come aveva fatto un amore cosi vero e passionale a trasformarsi in questa cappa di freddo e gelo?

Francesco e Anne si erano conosciuti nella fredda Inghilterra del 1987, lei diciottenne aveva appena finito la scuola a Parigi e si apprestava ad andare all'università per frequentare la facoltà di legge a Londra, lui aveva venti tre anni ed era andato in Inghilterra con alcuni amici per staccare un po dalla facoltà di giurisprudenza.

*

Londra, agosto 1987

Anne si era appena trasferita a Londra, dopo le numerose litigate con suo padre era finalmente riuscita a spiccare il volo e andare via da Parigi. Una sera in cui decise di uscire per conoscere meglio la città si fece aggredire da due ragazzi del quartiere, Francesco capitava lì per caso e aveva visto l'accaduto, aiutato dai suoi amici era riuscito a portare via Anne prima che le facessero male.

Lei però al contrario di ciò che Francesco si aspettava non l'aveva ringraziato, al contrario, Anne si era dimostrata indipendente, gli aveva detto che avrebbe potuto benissimo cavarsela da sola prima di girarli le spalle e andarsene. Francesco era restato ad osservarla incuriosito, aveva notato il suo accento francese mentre parlava e si era chiesto se non fosse una turista come loro.

Due giorni dopo si erano rincontrati in uno delle tante cafetterie della capitale. A due tavoli di distanza Francesco si era subito accorto di lei, sedeva ad un tavolino vicino alla vetrata, di fronte a lei aveva un grosso libro dei fogli e delle penne, alle orecchie aveva delle cuffiette collegate ad un walkman.

La osservò meglio, portava uno di quei jeans levis strauss a vita alta, che non accentuava quasi per niente le sue forme femminili, una maglia un po larga con le spalline voluminose, i suoi capelli biondo miele erano leggermente cotonati, e la sua bocca era tinta di rosso fuoco. Era decisamente bella, di una di quelle bellezze particolari che lui non aveva mai visto in vita sua. La particolarità di quella donna era sicuramente il suo sorriso stupendo, che si rispecchiava nei suoi occhi blu in tempesta. Francesco si era avvicinato a lei con la sua tazza di caffè in mano, si era seduto al suo tavolo senza chiederle nemmeno il permesso. Il sorriso di lei era svanito in un attimo.

"Che vuoi ancora?" gli aveva chiesto guardandolo dall'alto in basso

"Conoscerti" gli aveva risposto lui con un sorriso gentile e sicuro poi si era presentato. Anne all'inizio era riluttante, e ancora sulla difensiva, poi dopo un po, un po per liberarsi di lui, un po perché infondo quel ragazzo la intrigava aveva accettato di andare a cenare con lui la sera stessa.

Quando Francesco era passato a prenderla l'aveva trovata incantevole, l'aveva portata in uno dei più bei ristoranti di Londra, si era mostrato subito romantico e gentile e aveva ispirato fiducia a Anne. Il loro amore era nato cosi, intorno ad un tavolino del Harveys. Anne era una donna dagli ideali forti, cresciuta abbastanza in fretta. Francesco un uomo devoto alla giustizia. Entrambi lottavano per i loro obbiettivi e forse fu proprio questo a legarli.

Nelle due settimane che seguirono i due passarono tutto il loro tempo insieme, vivendo un amore spensierato, assaporando ogni secondo e dimenticandosi del tempo tempo che scorreva in loro sfavore.

Fecero i turisti e non si preoccuparono della gente che li guardava straniti mentre Anne si lasciava andare ballando e cantando per le strade affollate di Londra.

Era ubriaca, ubriaca d'amore, si era dimenticata di essere responsabile, dimenticata di quella corazza che si era creata per proteggersi dagli altri, aveva fatto crollare ogni muro costruito per tanti anni ed era finalmente felice.

Qualche giorno prima che Francesco partisse si sdraiarono sul prato verde del St James's Park. Anne era felice, aveva quel sorriso smagliante che aveva abbagliato Francesco la prima volta in quel bar e lui la guardava con amore, lei rideva spensierata come se nessun male potesse prendere il sopravvento su tutta quella felicità.

Erano li insieme, e nient altro esisteva, si erano dimenticati dell'università, delle responsabilità, di Londra, di Parigi, di Roma. Tutto ciò sembrava loro lontano, e privo di senso.

Ma entrambi sapevano che non poteva durare per sempre. Arrivò dunque il giorno della partenza di Francesco.

Anne lo accompagnò all'aeroporto, durante tutto il tragitto nessuno dei due disse nulla, si limitarono a stringersi la mano. Avevano quella strana consapevolezza, che avviene quando ci si rende conto di amare la persona che si ha accanto, di star per compiere il più grande sbaglio della loro vita.

Quando dovettero separarsi, si strinsero l'uno all'altro, quasi a volersi fondere l'uno nell'altro per memorizzare il modo in cui i loro corpi si incastravano.

Poi Francesco appoggio le sue labbra su quelle di Anne, per quella che pensavano fosse l'ultima volta, prima di girarsi e andare via.

Non si voltò e Anne restò lì, immobile, a guardarlo andare via, con le lacrime che scorrevano veloci sulla sua pelle soffice.

*

09:58 , 12 Via Oslavia

I pensieri di Anne furono interrotti dal rumore delle chiavi inserite nella porta, si asciugò le lacrime e cercò di darsi un contegno, raccolse in fretta il giornale e si alzò per prendere una spugna, guardò l'orologio. Chi poteva essere a quell'ora?

La risposta non tardò ad arrivare, perciò sua figlia, Mathilde , si affacciò alla porta della cucina.

"Che ci fai qui?" chiese Anne con un tono duro e freddo.

L'ultima fogliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora