Capitolo 1

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Gionata si svegliò male quella mattina. Per tutta la notte non era riuscito a prendere sonno,ancora.
La cosa strana é che da quando ne aveva memoria riusciva a dormire bene solo quando era mattina o pomeriggio ,ma sempre e solo al buio. Il sole e il caldo...non gli erano mai piaciuti. Ma né sua madre né i suoi professori gli volevano credere,quando gli diceva che soffriva d'insonnia. Non avevano mai avuto fiducia in lui.

"Pensano che io sia come quei ragazzini rinchiusi nelle loro stanze a masturbarsi davanti al computer tutto il giorno. E in realtà è vero che sto rinchiuso nella mia stanza,ma il pomeriggio dormo e basta,e tanto sono stanco comunque. La sera, io ci provo a dormire. Ma il sonno proprio non viene." E allora la notte Gionata studiava,leggeva,o giocava online. A volte chattava con altri malati senza sonno come lui,con cui faceva gruppo nei giochi online. Ma certe notti non faceva nulla di tutto questo.
Sia in estate che in inverno,Gionata si alzava,si metteva la sua felpa nera preferita,e dopo aver attraversato il corridoio passando di soppiatto davanti alla camera dei suoi genitori saliva una scaletta che portava direttamente alla soffitta. Nella soffitta c'era una finestrella aperta sul cielo facilissima da scavalcare. E lui la scavalcava,e lì stava quasi ogni notte: sul tetto di casa,ad ascoltare il vento e a guardare le stelle. Era un richiamo naturale in lui,ce l'aveva nel sangue. Se sua madre lo avesse saputo,che saliva lassù rischiando di inciampare e scivolare per le tegole,sarebbe morta di crepacuore. Ma Gionata era bravo a essere silenzioso e a passare inosservato.

-Gionata,forza svegliati!- gli disse la madre dall'altra stanza.

-mmm...- Disse lui,cercando di aprire gli occhi affaticati:in quel momento sì che sarebbe riuscito a dormire volentieri.

-Gionata,ORA!-

Gionata scattò sull'attenti,spaventato da quello di cui era capace sua madre per tirarlo fuori dal letto.
Prese i primi due indumenti sulla cima del cumulo di vestiti che ricoprivano la sedia al lato del letto, si lavò velocemente la faccia in bagno e andò a fare colazione. Appena attraversò la porta della cucina,vide suo padre seduto sulla tavola imbandita a sgranocchiare delle fette biscottate con marmellata,mentre sua madre,che stava lavando qualcosa sul lavello,si girò verso di lui,e lo squadrò da capo a piedi. Gionata lesse lo specchio del disappunto nei suoi occhi.

-Gionata...quante volte ti ho detto di non mettere gli stessi vestiti per due giorni di seguito?- il ragazzo portava una semplice e trasandata tuta da ginnastica nera con sotto una maglietta grigia della sua band preferita.

-perché, che c'è di male? Ci sto comodo...-disse lui con la voce stanca e ancora impastata per il sonno.

Cercò di dirigersi verso il tavolo per mangiare,ma la figura autoritaria di sua madre gli bloccò il passaggio.

-eh no Gionata. Adesso tu vai in camera e ti cambi la maglietta,e poi vai in bagno e ti pettini questi capelli disordinati! -

-Mamma...non rompere...- disse esasperato,mentre cercava di stropicciarsi un occhio.
La madre si tocco la piccola croce che portava al collo,un gesto che faceva sempre quando era stanca o preoccupata.

- Dio,dammi la forza...Gionata,hai quasi diciotto anni ormai,ma ti comporti peggio di un quindicenne.Ti abbiamo cresciuto in modo dignitoso,secondo le regole di una buona famiglia cristiana. Capisco che stai attraversando un momento delicato ma...-
Gionata aveva voglia di urlare.

"non si può andare avanti così,sul serio..." La sua famiglia era sempre molto credente,bastava pensare che quando Gionata era più piccolo sua madre lo costringeva a fare la preghiera del mattino,quella dei pasti e quella della sera...per non parlare che la partecipazione alla messa della domenica aveva priorità assoluta.

Gionata aveva sempre creduto. Anche quando gli altri bambini non davano importanza alla religione,lui era devoto più degli altri. Ma la religione era diventata l'ossessione di sua madre:Gionata non poté che esserne esausto. Così, dopo aspre battaglie era riuscito ad allentare le preghiere...ma sua madre non rinunciava mai a fargli cambiare idea.

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