Capitolo 2

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Era più di due settimane che Gionata era amico con Beatrice. Dire che era felice era esageratamente poco.

Finalmente riusciva a parlare con una persona,una ragazza per lo più!
E non era ancora successo niente di male.
Parlare con Beatrice era piacevole,anche perché era una ragazza intelligente e comprensiva,molto paziente ma anche a tratti divertente.
In tre incontri sull'autobus e a scuola(frequentavano sezioni differenti) era riuscito a farsi dare il numero di telefono,e conseguentemente a chattare con lei anche nel tempo libero.

Non riusciva ancora a incontrarla di persona.

Ogni volta che lei gli diceva di uscire con i suoi amici,declinava l'invito. Non riusciva ancora a pensare che la sua presenza diretta non avrebbe rovinato tutto. Inoltre...ogni volta che parlava a faccia a faccia con lei si sentiva osservato. Non dalle altre persone,non da lei.

Era come...se ci fosse una strana ombra che seguisse ogni piccolo passo di Beatrice,senza neanche che lei se ne accorgesse. Il fatto è che quando era accanto a lei,l'ambiente intorno  gli sembrava distorto...come l'aria calda emanata dall'asfalto sotto al sole. Anche adesso che era da solo in camera sua gli sembrava che quel calore fosse dietro di lui. Si era girato a scatti almeno cinque volte,ma ogni volta vedeva solo il tappeto,il letto,la finestra chiusa.

"Mi sto immaginando tutto."

Stava dubitando anche della sua stessa sanità mentale. Le poche volte che si addormentava capitava che si svegliasse in piedi sul corridoio o in soffitta.

Qualche giorno fa si era svegliato in cucina (era sceso per le scale),con sua madre che lo guardava esterrefatta.

-Gionata...credo che tu soffra di sonnambulismo.-

Lui non se ne capacitava.

"non bastava non riuscire a dormire di notte,adesso sono anche un sonnabulo pomeridiano."

Quindi evitava di dormire il più possibile,e ogni volta che si concedeva un pò di sonno chiudeva la stanza e la chiave la metteva sopra l'armadio,raggiungibile soltanto salendo con una sedia.

"Quando finirà sto casino?"
Non fece in tempo a trovarsi una risposta che senti bussare alla porta della sua camera.

-avanti.-

Sua madre si affacciò alla porta, con un vassoio in mano.

-Ti ho portato la merenda.-

Gionata sbuffó. Era almeno da quattro anni che sua madre non gli portava la merenda in camera. Da qualche giorno aveva ricominciato a dargli tante attenzioni,ed era sinceramente soffocante.

-Mamma...potevo farmelo anche da me il panino,non dovevi.-

Sua madre entrò ed appoggiò il vassoio sulla scrivania dove era seduto. La merenda comprendeva un panino prosciutto e formaggio su un piatto di ceramica,con un coltello per tagliare le croste e un bicchiere pieno di thé freddo alla pesca.

Un lusso,insomma.

-Beh,ho pensato che siccome eri così concentrato con i compiti,ti avrebbe fatto piacere...-

-Ma non dovevi,sul serio.-

Sua madre gli passò avanti,dirigendosi verso la finestra.

-no,ferma!-

La madre spalancò le imposte,facendo entrare la luce nella stanza e infastidendo gli occhi di Gionata.
-ma come fai a studiare con questo buio? Non si vede un palmo dal naso!-

Stava studiando con solo la luce di una lampadina,anche se erano solo le cinque del pomeriggio. Con la luce del sole non riusciva a concentrarsi.

-Ma se ci vedevo benissimo!-

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