Ho sempre amato il mare. Penso che sia un posto dove poter lasciare andare i pensieri e rilassarsi; amo il suono delle onde e camminare sulla sabbia; amo fare il bagno in quell'acqua limpida e fresca, perché ogni volta mi sento così libera.
Ecco, a Baltimora c'è il mare. Un punto a favore per questa città. Uno contro altri mille per niente a favore.
Durante il percorso dall'aeroporto fino a casa, il taxi sfreccia ad una velocità incredibile, infatti in periferia a quest'ora non c'è molta gente.
E vedo il mare.
Un giorno ci verrò, devo fare molti giri per questa città.
"Siamo quasi arrivati" mi informa mio padre. Annuisco e mi chiedo come sarà la mia nuova vita qui. Sembra una città così bella e tranquilla, ma sappiamo tutti i segreti che nasconde.
"... Si, sono 20 dollari". Solo ora mi accorgo che ci siamo fermati e che mio padre sta aspettando che io scenda dal taxi, così scendo e afferro le due valigie che gentilmente il tassista mi sta porgendo. Lo ringrazio velocemente e non appena mi giro rimango a bocca aperta.
La casa, o meglio, la villa è enorme.
Fuori è dipinta di un giallo chiaro, probabilmente è a due piani e il giardino è enorme. Cespugli e ciliegi sono ovunque e riesco a riconoscere anche qualche pianta di pesco.
C'è qualche aiuola piena di fiori colorati, gialli, lilla e bianchi di cui non vedo l'ora di prendermi cura.
La porta d'ingresso è preceduta da un piccolo marciapiede e da due scalini.
Con molta curiosità entro nella villa e come prima rimango sbalordita, se non di più.
L'ingresso è enorme, in stile moderno, e subito è collegato al salotto in cui si trovano un divano gigante e un televisore al plasma molto grande, la cucina, sempre sullo stesso piano, comprende dei mobili che fanno angolo molto belli, e un tavolo da sei posti allo stesso modo stupendo.
Dopo aver perlustrato il piano terra decido di avviarmi verso il piano di sopra e salgo le scale.
Arrivata in cima ad esse mi ritrovo in un corridoio con molte stanze.
Aprendo alcune porte trovo due bagni, una stanza per la musica, una per i giochi, la camera matrimoniale dove dormirà mio padre e quasi all'ultima porta c'è la mia stanza.
È enorme, dipinta sul lilla, con un armadio grande e capiente, c'è una scrivania con un computer, un letto da una piazza e mezza, una finestra con balcone da cui il panorama è favoloso.
Siamo in una zona considerata ancora nel centro ma è circondata da molti alberi ed altre ville.Mi ricorda molto la mia vecchia casa.
Cercando di reprimere i pensieri negativi apro la valigia e comincio a mettere a posto la mia roba.
Dopo aver finito apro la finestra per far passare un po' d'aria e sento delle urla di bambini che giocano; allora mi sporgo dal balcone e noto un bimbo ed una bimba che giocano a rincorrersi nel giardino affianco.
Dopo pochi secondi esce una donna molto giovane e ben tenuta che li invita a fare meno rumore. Ho sempre amato i bambini.
Sorridendo esco dalla mia camera e noto di non aver ancora aperto l'ultima porta. Provo ad aprirla ma è chiusa a chiave. Lascio perdere, probabilmente sarà uno sgabuzzino o una cosa del genere.
Scendo di sotto e trovo mio padre intento a sistemare alcune foto che ci siamo portati dietro dalla vecchia casa. Ci fermiamo entrambi un secondo davanti alla foto che ritrae la nostra piccola famiglia, io, mio padre e mia madre.
"Quanto mi manca" sussurro con le lacrime agli occhi
"Anche a me manca molto. Sono però convinto che sarebbe molto fiera di te. Come lo sono io" mi stampa un bacio in fronte e ci abbracciamo forte.
Ricordare quel giorno fa stare male entrambi, perciò spesso evitiamo di ricordare. Mi manca potermi confidare con lei, mi manca abbracciarla e mi mancano i suoi consigli.
"Senti papà, posso uscire e fare qualche giro? Vorrei cercare di orientarmi il più in fretta possibile"
"Ma certo tesoro, solo non fare tardi, che stasera ti porto a mangiare fuori" mi fa l'occhiolino ed io non posso fare a meno di sorridere.---------------------------------------------
La zona è molto bella, ricca di parchi e di negozi, ho camminato molto, quasi due ore, ma ne è assolutamente valsa la pena.
In effetti qualche brutta persona l'ho incontrata ma mi sono tenuta bene alla larga. Si percepisce nell'aria la paura di essere aggrediti ogni secondo, ma la vita va comunque avanti.
Mentre ritorno a casa, appena entro nel mio vialetto sento chiamarmi
"Ehi ehi! Nuova vicina"
Mi volto e riconosco il bambino di stamattina
"Ehi ciao!"
"Come ti chiami"
"Megan, e tu?"
"Io sono Erik! Piacere di conoscerti!"
"Il piacere è tutto mio" rispondo sorridendo. Questo bambino è molto dolce.
"Vieni in casa che ti presento la mia mamma!"
"Ok" un po' titubante lo seguo ed entriamo in una piccola casa, con arredamenti molto alla mano. Erik mi saluta con la mano e corre verso il piano di sopra.
"Ciao! Io sono la signora Sharks, ma puoi benissimo chiamarmi Marie!"
"Salve Marie, io sono Megan" mentre ci stringiamo le mani prontamente risponde
"Non darmi assolutamente del lei! Mi fa sentire vecchia!" prima di rispondere non riesco a trattenere una risatina
"Non c'è problema Marie"
Mi sorride dolcemente e poi mi avvisa
"Mi dispiace molto doverti far andare ma adesso abbiamo un appuntamento col dottore"
"Stai male?"
"Non io, ma il piccolo Erik, ha un po' di raffreddore, ma per fortuna sta passando, solo che lui tende ad avere le difese immunitarie molto basse perciò va controllato frequentemente"
"Oh mi dispiace, ma a quest'ora?" sono le 19,35, di solito sono chiusi
"Oh, viene in casa"
Driin Droon
"È arrivato!" Corre verso la porta e apre .
Davanti a noi c'è un uomo alto e muscoloso, pieno di tatuaggi che tutto sembra meno che un dottore.
"Salve signora Sharks, dov'è Erik?" La sua voce mi incute molto timore così mi affretto a dire
"Marie, io vado, ci sentiamo"
"Certo, vai pure. Ciao"
Sembra molto spaventata, ma lo sono pure io, quell'uomo non la smette di fissarmi.Cercando di non pensarci troppo ritorno a casa.
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"Allora l'hai trovata?"
"Sì, è lei la figlia del signor Doris"
"Bene, se ci darà ancora fastidio con le sue stupide domande, gli faremo vedere chi siamo"