Aprii la prima porta, quella che accedeva alle scale condominiali.
Forse per la stanchezza del giorno di, come direbbe mia nonna, Santa Susina, o forse più semplicemente perché alle mie spalle c'era il ragazzo più bello che io avessi mai visto, ma improvvisamente le mie mani si fecero calde e la tensione piombó su di me.
Lui invece sembrava rilassato, il suo respiro era regolare.
Forse stavo semplicemente interpretando male la situazione.
Salimmo le due rampe di scale e aprii il portone di casa.
Feci entrare Robert e chiusi la porta alle sue spalle.
<<Dove sono i tuoi genitori Violett?>>
Mi voltai verso di lui.
<<In realtà, qui abito da sola con mia madre. I miei si sono separati quando avevo otto anni, mio padre abita dall'altro lato della città. Mia mamma comunque è a lavoro, finisce alle quattro e mezzo, dovrebbe rientrare alle cinque.>>
Mi tolsi il cappotto e lo posai su una sedia, che si trovava subito dopo l'arco che collegava il salotto con l'ingresso.
<<Mi spiace.>> rispose turbato mentre anche lui si sfilava il cappotto.
<<Nessun dispiacere, lo vedo tre volte a settimana. La separazione dei miei genitori non ha cambiato così tanto la mia vita, vivevano in due case diverse anche quando stavano insieme.>>
Lo invitai a seguirmi in cucina e aprii il frigo.
<<Ti piace la frittata?>> domandai quasi impaurita.
<<Sì.>>
Mi girai per parlargli e mi accorsi che era talmente vicino a me da togliere il fiato.
<<Menomale, perché in frigo ci sono solo uova.>> dissi accennando un sorriso.
Robert scoppio in una risata.
<<Posso fumare una sigaretta?>> domandò mentre mi aiutava a tirare fuori due uova dalla confezione.
<<Certo.>>
Sorrise, poi tirò fuori il pacchetto di Marlboro gold dalla tasca.
<<Ti apro la finestra.>> lo informai mentre mi dirigevo verso il davanzale.
Lui sorrise e accese la sigaretta. Si mise con le spalle rivolte verso la finestra a guardarmi, mentre posizionavo la padella sul fuoco. Un tiro dopo l'altro, rimaneva in silenzio, senza togliermi gl'occhi di dosso.
<<Stavo pensando una cosa.>> disse rompendo il silenzio.
<<Cosa?>> risposi frettolosa, quasi senza fargli finire la frase.
Sorrise.
<<Lo vuole il destino.>> disse penetrandomi con lo sguardo.
<<Dovrei sapere di cosa parli?>> mi voltai per rompere il primo uovo nella padella.
<<Il nostro incontro intendo.>> esitò un secondo, poi proseguì. <<Voglio dire, se stamani non ci fosse stato solo quel posto libero, accanto a te, ora non saremmo qui. Ti conosco da meno di quattro ore, eppure mi pare di conoscerti da sempre.>> abbasso lo sguardo, come se si fosse pentito di quello che mi aveva appena 'confessato'.
Ruppi il secondo ed ultimo uovo nella padella.
<<Anche a me, Robert.>> risposi.
Mangiammo, e parlammo del più e del meno. Mi fece domande ridicole: colore preferito, film che guardi più spesso e così via.
Le mie riposte finivano tutte con 'te?' o 'il tuo?' ecc.
Scoprimmo di avere davvero troppe cose in comune.
Alle quattro e mezzo, fui costretta a chiedergli di andare a casa sua.
Sarebbe rientrata mia madre a momenti, chi glielo spiegava che avevo pranzato con un tizio che conoscevo da giusto poche ore.
Eppure io e lui sapevamo quello che sentivamo. E qualsiasi cosa fosse, non aveva una risposta.
Si avviò verso la porta.
<<Scusami Robert, mi dispiace doverti mand...>> mi interruppe.
<<Sono stato bene con te Violett.>> sospirò.
Si avvicinò e mi dette un bacio sulla guancia destra.
Mi tremarono le gambe.
Sorrisi e aprii la porta.
<<Ci vediamo domani.>> disse.
<<Sì.>> dalla mia risposta in monosillabe capì probabilmente di avermi sciolta con quel 'bacio'.
Sorrise e si allontanò.
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Come in un film
RomanceDi una cosa ero certa: quelle, erano le uniche labbra che avrei voluto baciare per il resto dei miei giorni.