Capitolo due

305 19 4
                                    

"Signorina Parker?" Mi girai velocementee vidi il ragazzo più bello che avessi mai visto. Lo guardai attentamente,cercando di capire le sue intenzioni, avevo paura. 

"Puoi venire con me?" Chiese gentilmente, nonostante il suo tono di voce calmo e rassicurante sentivo le ginocchia tremare, e iniziarono a sudarmi le mani. Mi capitava sempre quando ero nervosa. Andai verso il ragazzo, che mi portò in un'altra stanza che mi dava ai brividi.
Sorprendentemente trovai il coraggio per parlare.
"Che cosa vuoi farmi?" Mi tremava la voce, e sentii le lacrime arrivare, non volevo essere debole e non volevo che lo vedesse, ma l'unica cosa che avevo bisogno di fare era piangere, e urlare.
"I-io non voglio farti nulla, Alyssa. Non sono qui per farti del male" Non capivo.
"Non ti sto cercando io, adesso arriverà Mr. Vasquez e non ho idea di quello che farai, o che ti farà. Ma ti prego, non contraddirlo, non dire una sola parola se non ti è dato il permesso. Lo dico per te, non voglio vederti sanguinare per terra mentre tutto quello che posso fare è guardare." Disse d'un fiato sussurrando, nonostante ci fossimo solo io e lui, poi si avvicinò: "E non ho la minima voglia e intenzione di doverlo fare io" Rabbrividii all'istante, non sapevo cosa dire, c'erano tanti sentimenti e milioni di pensieri nella mia testa e non sapevo quale ascoltare, mi ero allontanata dal mondo, non accorgendomi dell'uomo che era appena apparso davanti a me e al ragazzo. Ero disgustata, e spaventata ma soprattutto arrabbiata, non avrei permesso che mi fosse successo nulla, era la mia vita e solo e soltanto io avevo il potere di decidere.
"Eccoci qua, finalmente ci conosciamo piccina" Si avvicinò velocemente per toccarmi la spalla ma mi scansai senza pensarci un secondo, la sua espressione cambiò radicalmente, guardai il ragazzo e capii subito di aver sbagliato mossa. "Ne abbiamo trovata un'altra Justin, un'altra piccola stronza che non vuole obbedire," rise e continuò: "Mi assicurerò di averti con me il più possibile, per darti delle piccole lezioni, e per insegnarti le buone maniere."
Justin, sorrise leggermente e chinò la testa.
Mr. Vasquez si schiarì la voce e si allontanò un po' con il suo, amico? Segretario? Non sapevo come chiamarlo e non avevo neanche capito da che parte stesse.
"Per oggi, che è il tuo primo giorno, abbiamo deciso di farti fare un lavoretto facile, non c'è da preoccuparsi" prese una scatola dal tavolo e me la consegnò, la aprii e trovai una pistola.
"So che sai come utilizzarla, tesoro"
"Che devo fare?" Decisi di tagliare corto, sapevo già che avrei dovuto uccidere qualcuno.
"Vieni con me" disse con quel fastidioso ghigno sulle labbra, lo seguii sentendo la mano di Justin sulla mia schiena che mi spingeva gentilmente. Arrivammo in un'altra stanza, e quando aprì la porta vidi un uomo incatenato ad una sedia con il volto e il corpo pieno di sangue, cercai di contenere le lacrime, non potevo farlo.
"Avanti ragazzina, è il tuo momento, non ci deludere," si alzò andando contro l'uomo, e indicò un punto sulla maglietta sporca, "proprio qui Alyssa, sul cuore, sai esattamente come prendere la mira giusta".
Tenevo stretta la pistola tra le mani, non riuscivo neanche a tenerla correttamente, tremavano e sudavano.
"Io non posso farlo!" Tutti mi guardarono, e vidi il volto dell'uomo illuminarsi, e poi guardai Vasquez che se avesse potuto uccidermi con lo sguardo,lo avrebbe fatto in quell'istante.
"Non ho capito Alyssa, credo proprio di non aver capito bene, vero?" La voce era fredda e arrabbiata, iniziai ad aver più paura di prima, e quasi mi pentii di non aver ucciso quell'uomo nel momento in cui me lo aveva detto, ma non potevo assolutamente farlo, nessuno aveva il diritto di togliere la vita a quel signore, strappandolo alla sua famiglia, recando un dolore immenso a tutti, come era successo a me.
Abbassai lo sguardo, in quel momento pensai ai miei genitori, ai miei fratelli e ai miei amici. In quel momento se tutto fosse andato come al solito, sarei stata a scuola, ad ascoltare una lezione noiosissima di matematica, sperando di essere da qualche altra parte, ma in quel momento sarei stata più che felice di essere partecipe a quella lezione.
Sentii qualcuno scuotermi la spalla, e dal tocco delicato capii subito che era Justin.
"Ti prego Alyssa, chiudi gli occhi e fallo, non pensarci. Ti prego" sussurrò così piano che quasi non ero riuscita a sentirlo.
"Uccidi questo cazzo di uomo e facciamola finita!" Urlò ormai senza pazienza Mr. Vasquez, e piano scossi la testa. Non volevo farlo e non l'avrei fatto.
"Benissimo, mentre io penserò a Stone, Justin penserà a te" poi continuò guardando l'altro: "Sai cosa fare e come farlo." Lo fissò e il ragazzo annuì appena.
"Cazzo ti avevo detto di farlo e basta! Adesso sono costretto a ridurti come quell'uomo, sei felice adesso?" Mi urlò addosso quando Vasquez se ne era andato, e non riuscii più a vedere il ragazzo che avevo conosciuto, adesso ero spaventata anche da lui.
"I- io mi dispiace, ma non potevo ucciderlo!" Cercai di dire tra le lacrime ma lui mi colpì per la prima volta, facendomi cadere per terra, sentii la guancia bruciare, "Alzati!" Urlò ancora, ma non potevo crederci e lo guardai sconvolta, senza rispondere o obbedire.
La rabbia prese il sopravvento e iniziò a darmi dei calci nello stomaco, e a quel punto reagii.
"Basta, smettila!" Mi alzai ma non uscivano più le parole e sputai solo sangue, si avvicinò a me ma lo scansai velocemente, non doveva neanche toccarmi. "Vai via!" Cercai di urlare, ma la mia voce neanche si sentiva e sentivo un male tremendo ovunque. Mi alzò e mi sbatté contro il muro provocandomi altro dolore, mi mancava il respiro.
"Smettila di piangere" sussurrò, volevo bloccare la lacrime e volevo reagire e urlargli contro ma non ci riuscivo, mi tirò un altro schiaffo e fortunatamente arrivò Vasquez che gli ordinò di smetterla e di lasciarmi andare. Caddi per terra e vidi Mark arrivare, sentivo che era preoccupato e mi prese delicatamente in braccio riportandomi nella mia cella, durante il tragitto mi ero accoccolata al suo petto, mi piaceva Mark, aveva qualche anno più di me ed ero certa che non mi avrebbe mai e poi mai fatto del male. Mi potevo fidare.
"Grazie Mark" dissi piano, avevo smesso di piangere e il mio respiro era tornato regolare, lui sorrise semplicemente e mi appoggiò per terra, era l'ultima ora che passavo da sola.
"Arrivo subito" mi sorrise e mi fece l'occhiolino. Dopo pochi minuti ritornò e mi aveva portato una coperta e un cuscino, mi disse che era l'unica cosa che era riuscito a raccattare e lo ringraziai almeno 100 volte.
Odiavo stare da sola, perché potevo solamente pensare e non portava a niente di buono.
Pensai alla mia famiglia, e cercai di immaginare che cosa stessero facendo in quell'istante, chissà se mi pensavano anche loro, sicuramente non avevano smesso di cercarmi, mi avrebbero cercato per sempre, forse. Eravamo una bella famiglia, forse troppo felice, avevo tutto dalla vita ed è stato questo il mio errore, pensai. Ma non era una scusa plausibile a tutto il dolore che stavo provando.
Sentii la chiave entrare nella serratura, cosi mi alzai pronta per andare a mangiare, Mark mi prese gentilmente il braccio e mi accompagnò, trovai subito Amber e Audrey e quando mi videro spalancarono la bocca.
"Oh mio Dio, Aly, che ti è successo?" disse Amber con gli occhi bagnati dalle lacrime, abbassai la testa e iniziai a raccontare tutto, entrambe piangevano e un po' anche io, non riuscii neanche a mangiare, non avevo un minimo di fame.
Pensai tutto il tempo a Justin, a come aveva fatto ad usare tanta violenza contro una ragazza come lui, che aveva deciso di scegliere per se stessa, e non riuscivo neanche a capire da che parte stesse. Le ragazze mi avevano detto che venivano presi anche i ragazzi e sicuramente Justin era nella Dollhouse da molto tempo, perché correva anche voce che passando troppo tempo chiusi qui, si impazziva.
Quando il tempo per la cena finì, Mark mi portò nel dormitorio comune, e iniziai a preferire la solitudine della mia stanza. Eravamo tutte ammassate, anche se la stanza era grande, e c'era un po' di puzza, nonostante le ragazze più grandi cercavano di pulire il più possibile, per la priva volta vidi delle bambine molto piccole, avevano come minimo 8 anni e mi si gelò il cuore, come si poteva toccare delle donne?
Andai dalle mie amiche e mi stesi sul pavimento con loro, nessuno disse nulla, finché Audrey non parlò, era raro sentirla parlare, infatti sia io che Amber la guardammo stranite, si schiarì la voce e ci iniziò a raccontare della sua vita, di quanto era felice, ci raccontò del suo fidanzato e delle pazze esperienze che avevano insieme, mi rispecchiavo nella sua vita, mentre ridevamo arrivò Mark che mi prese da parte.
"Alyssa, c'è una persona che ti vuole parlare, adesso ti porto in un posto ma devi promettermi che non dirai nulla, neanche alle tue amiche, se ti chiederanno qualcosa al tuo ritorno, devi mentire. Fallo per me, ti prego" disse in silenzio e annuii velocemente, curiosa di sapere chi mi volesse vedere. Uscimmo dal corridoio e mi portò in una parte dell'edificio mai vista, non c'era nessuno, si sentivano solo i nostri respiri. Entrammo in una stanza alla fine del corridoio e vidi l'ultima persona che avrei mai voluto vedere. Justin.
"Voglio andare via" Feci per andarmene ma parlò e mi prese il braccio. "Lasciami subito. Non voglio avere più niente a che fare con te" dissi tra i denti. Non avevo paura, sapevo che Mark non avrebbe permesso che mi succedesse nulla.
"Ti prego, ascoltami. Mi dispiace per tutto quello che è successo oggi, ma io ti avevo avvertita, te l'avevo detto che sarebbe successo. Perché l'hai fatto?" Risi, come poteva non capire?
"Perché l'ho fatto? Io non sono nessuno per decidere sulla vita di altre persone, non potevo ucciderlo, non mi aveva fatto nulla, come potevo permettermi di ucciderlo? Perché avrei dovuto? Io non sono una bestia, non sono un animale e ho dei sentimenti a differenza vostra, a differenza tua" era ferito, lo potevo vedere, ma non mi interessava.
"Hai ragione, ma ti giuro, che io non volevo farlo davvero, mi hai fatto arrabbiare perché io ti avevo detto di non contraddirlo e tu lo hai fatto! E io ero costretto, se non l'avessi fatto..." non continuò la frase e mi lasciò incuriosita.
"Se non lo avessi fatto cosa sarebbe successo, Justin?"
"Lascia stare, non so neanche perché sono venuto a scusarmi con te!"
"Oh tesoro, sta volta nessuno ti ha costretto, nessuno ti ha detto di incontrarmi. Ma sono felice di averlo fatto, così puoi vedere con i tuoi occhi che cosa mi hai fatto, e devi sapere che non ti meriti niente di tutto questo, perché ti meriti di peggio. Pensavo fossi dalla mia parte, e invece lavori per loro!" Urlai.
"Io non lavoro per nessuno! Io sono esattamente come te, sono stato preso come te, ed ero come te, un ragazzo spaventato che non voleva obbedire. Ma poi ho imparato a farlo, perché ho scelto di vivere e loro non potevano togliermi anche la vita. Ho capito anche che questa non era più la mia vita, perché non avevo e non ho più nessun controllo su me stesso. E io voglio riprendermi tutto" Non sapevo che dire, aveva ragione. Ma non mi sarei arresa comunque.
Non lo avevo perdonato, ma non ero neanche più arrabbiata con lui, provavo solo un grande dispiacere, perché lo avevano costretto a diventare quello che non voleva.
E presto o tardi, anche io sarei diventata quello che non avrei mai voluto.

------------

Finalmente sono riuscita a pubblicare il secondo capitolo!! 
Sono stata molto impegnata in questi giorni e non ho avuto un momento libero. 
Voglio ringraziare tutti per aver commentato e votato, è molto importante per me sapere che cosa ne pensate! 
Fatemi sapere anche questa volta, spero vi piaccia e spero di non aver deluso le vostre aspettative. 
Un bacio♥♥♥ 

The Dollhouse||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora