Capitolo cinque

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La mensa era silenziosa, più del solito, non solo io forse avevo avuto una brutta giornata. Non avevo fame, volevo solo andare a dormire, Amber non si era presentata, sia io che Audrey eravamo spaventate, non sapevamo che fine avesse potuto fare e soprattutto non sapevamo se fosse ancora viva. Non c'era neanche nel dormitorio, e la sua guardia, ovviamente era assente.
Decisi di stendermi un po', mi faceva male la testa e avevo bisogno di starmene da sola a pensare.
Sarei impazzita, quasi sicuramente sarei diventata tutto quello che non volevo. Non avevo più speranza in nulla, e la maggior parte dei miei pensieri erano negativi e cattivi e le scene della giornata scorrevano nella mia testa senza mai fermarsi.
Ero così concentrata che non mi accorsi neanche che Mark mi stava chiamando scuotendomi il braccio, gli sorrisi appena.
"Vieni con me Aly" mi alzai e lo seguii, non capivo cosa avesse, mi aveva evitata tutto il tempo, cercando di fare meno conversazione possibile. Non è la mia giornata, pensai.
Mi portò in una stanza familiare, entrammo e trovai Justin. Mi fece un sorriso, era bellissimo, pieno di ferite ovunque, ma era davvero bellissimo, non mi ero mai resa conto di quanto potesse essere bello, metteva di buon umore, sentii di essere un po' più felice nel vederlo, nel vedere quanto i suoi occhi potessero essere di un colore così caldo e dolce, e gli sorrisi, non era un sorriso fatto per gentilezza, gli sorrisi davvero, come per urlagli che, cazzo, anche io ero felice di vederlo.
Mark nel frattempo se ne era andato, e io mi ero seduta di fronte a Justin.
"Avevo davvero bisogno di vederti-" non gli feci finire la frase, e iniziai a parlare.
"Pensavo fossi arrabbiato con me, prima mi hai lasciata, lì da sola senza dire nulla e davvero, non capivo che ti succedesse, e se ho fatto o detto qualcosa che abbia potuto ferirti, beh, perdonami, non è stata una buona giornata, mi spiace" feci un mezzo sorriso e guardai la punta dei miei piedi.
"No, Alyssa, non devi assolutamente scusarti, non hai fatto assolutamente nulla. Mi dispiace, non volevo lasciarti così!" Si avvicinò e mi abbracciò, così forte che non riuscivo a respirare. Continuò a parlare.
"Ti ho chiamata perché oggi è una giornata particolare, mi sentivo solo e sconfortato ed ero triste e avevo bisogno di parlare con qualcuno, o meglio, volevo parlare con te. Non so perché ma sento di potermi fidare e so di poterti confidare i miei segreti, sento di poter parlarti di ciò che mi tormenta tutti i giorni. E so che non mi giudicherai, vedo così tanta bontà nei tuoi occhi" Sentivo la sincerità nelle sue parole e questa volta mi avvicinai io per abbracciarlo.
"Non ci conosciamo per nulla, e anche se mi hai fatto del male, puoi fidarti, e hai ragione, non ti giudicherei mai e poi mai. Puoi contare su di me." Avevo le lacrime agli occhi, e la voce mi tremava, e come lui anche io avevo bisogno di parlare con qualcuno e forse quel qualcuno era proprio Justin.
"Sai, ho passato anni qua dentro, e ogni giorno che passa mi sento sempre peggio. Tutto il buono che c'era in me è sparito. Non sono più io. Passo la notte ad immaginarmi mentre li uccido tutti. Non voglio spaventarti, ma è la verità. Immagino tutti i giorni la mia vendetta, di come li ucciderò tutti e finalmente scapperò e tornerò dalla mia famiglia. E poi mi sveglio, e capisco che è solo un sogno, perché è impossibile, perché non ne uscirò mai, sono uno contro un milione. Sono tutti troppo spaventati per poter solo pensare ad una vendetta, ad una fuga, a qualsiasi cosa. Sono l'unico davvero arrabbiato, e non capisco come tutti non possano sentire la rabbia nelle vene, mentre vengono privati di tutto quello che hanno. Non capisco come non riescano a ribellarsi e ad urlare" Si fermò. Rabbrividii, i suoi occhi si erano incupiti e vedevo la rabbia che provava, pensai alle sue parole e in effetti sentivo le stesse cose, anche io ero arrabbiata, delusa, indignata, e schifata. Ma dall'altra parte ero anche spaventata, perché sapevo di cosa erano capaci quegli uomini, sapevo che avrebbero potuto toccare anche la mia famiglia e non potevo permetterlo.
"Justin io ti capisco, ma capisco anche gli altri, come puoi non essere terrorizzato? Sappiamo bene che possono fare tutto quello che vogliono, quando vogliono"
"Certo che lo so, ne sono più che consapevole e anche io ammetto di essere spaventato, ma la rabbia prevale sempre su tutti i miei sentimenti. Come possono essere capaci di tutto questo? Sono semplicemente dei pazzi, ecco cosa sono." Restammo un po' in silenzio, e decisi di raccontargli le vicende di oggi, avevo bisogno di tirare fuori tutto questo, prima che potesse mangiarmi l'anima.
Mentre parlavo mi tremava la voce, e piangevo, e qualche volta tremavo un po' anche io.
Justin invece aveva gli occhi pieni di compassione e tristezza, e che ogni tanto si riempivano di rabbia e di schifo, come biasimarlo.
"Sono sempre stata una di quelle ragazze che parlando di stupri diceva "ma tanto gli tiro un calcio nelle palle e scappo" ma mentre mi trovavo sotto di lui, mentre abusava di me, mi sono sentita piccola e impotente e l'unica cosa che mi riusciva era piangere, e provavo così vergogna che avrei preferito morire. Pensavo di essere una ragazza forte, e stabile ma ho scoperto di essere soltanto una povera ragazzina che non può fare nulla per salvarsi, sono così debole fisicamente e mentalmente che non so se riuscirò a sopportare tutto questo da sola" piangevo ancora di più mentre sputavo la verità, mentre mi spogliavo delle mie paure. Justin mi abbracciò e sentii le sue lacrime sulla mia spalla, lo strinsi più forte a me, pregandolo mentalmente di non lasciarmi andare.
"Non sei sola, non sei sola, ti prego non lo dire mai più. Non sei sola, ci sono io, sempre. Per qualsiasi cosa sai che ci sono, non lo pensare neanche. E sei una ragazza forte, sei una delle ragazze più forti che io conosca, prima o poi tutto questo finirà e torneremo alla nostra vita normale" Sentii la sua presa diventare più forte "Vivo o morto, questo finirà, lo giuro" la sua voce era più dura.
Ci riprendemmo un po' e poi continuammo a parlare.
"Da piccolo ero un vero disastro. Combinavo dei casini in continuazione ed ero sempre in punizione. Ricordo che una volta scappai dalla mia stanza, quel giorno volevo andare a giocare con la mia vicina di casa che mi piaceva tantissimo. Così saltai giù, ero solo al primo piano, quindi pensai bene che non mi sarei fatto nulla, e invece era talmente alto che atterrai con le ginocchia e mi ruppi il ginocchio destro. Non volevo dirlo ai miei genitori, ma non riuscivo neanche ad alzarmi senza morire dal male. Fortunatamente passò mio fratello maggiore, lui aveva 13 anni e io solo 8 e gli chiesi gentilmente di aiutarmi e gli avevo promesso che sarei stato più buono e non gli avrei dato fastidio, ovviamente era tutta una farsa, non ho mai smesso di tormentarlo" Mi fece l'occhiolino ed entrambi ridemmo.
"Beh, lui mi aveva creduto e mi aiutò, ma non finì bene, mi aprì di più la ferita e inoltre avevo il ginocchio rotto, così i miei genitori lo sono venuti a sapere e oltre ad aver passato un mese nella mia stanza perché non potevo muovermi, passai un altro mese nella mia stanza in punizione per aver tentato la fuga" Sospirò triste e scoppiammo entrambi a ridere.
"Io invece da piccola ero abbastanza tranquilla, sempre gentile, educata e disponibile, ma poi la vera me scoppiò fuori durante l'adolescenza. Penso di non aver passato un solo weekend a casa dai miei 14 anni. Ero sempre in giro, a fare feste e mi piaceva viaggiare, ho esplorato un po' l'America e un pezzo d'Europa. A scuola ero brava, ma un anno rischiai di essere bocciata, non c'andavo quasi più a causa di un ragazzo che mi aveva totalmente fatto perdere la testa e mi sono messa in un sacca di guai, sono anche stata arrestata una volta! Niente di serio, ma comunque provai l'ebbrezza di entrare nella macchina della polizia. I miei genitori erano arrabbiatissimi, non mi parlarono per almeno un mese ma comunque non potevano resistere alla mia infinita bellezza" Sbattei le ciglia ripetutamente e sorrisi, lui rise.
"Hai ragione, come si può resisterti? Non ce l'avrei fatta neanche per un'ora!" Risi anche io e gli colpì il braccio scherzosamente. Si stava bene con lui, mi metteva incredibilmente di buon umore.
"Come minimo sei diventata la reginetta del ballo, tutti gli anni, non è vero?"
"No non è così, lo sono stata solo per un anno, poi è arrivata una stronza che mi ha rubato il titolo, ma non perché era meglio di me, solo perché era andata a letto con tutta la scuola. Io ero chiaramente più bella" Gli feci l'occhiolino e gli mandai un bacino, lui fece finta di prenderlo e se lo portò alle labbra.
"Adesso posso andare in giro vantandomi per aver baciato Alyssa Parker, la reginetta del ballo per un anno ma comunque la più bella della scuola" Ridemmo entrambi e io gli feci la linguaccia.
"Come osi misera Queen A?" Mi guardò con aria arrabbiata e io feci finta di essere spaventata.
"King J, lo giuro, non volevo farlo!" Lo guardai impaurita e mi alzai velocemente allontanandomi. Lui si avvicinò e prendendomi per i fianchi mi portò sul letto e iniziò a farmi il solletico, risi così tanto che avevo male alla pancia e non riuscivo quasi a respirare.
"Basta, ti prego, chiedo perdono! Mi arrendo a lei King J!" Parlai tra le risate cercando di scappare.
"Va bene, per questa volta ti lascio andare, ma ti prometto che la prossima volta non ti lascerò andare così facilmente" Sorrise e mi si stese vicino a me, così mi spostai per fargli più spazio. Mi sentivo bene.
Passammo così almeno un'ora, senza dire nulla, ma era un silenzio confortante, non potevo stare meglio. Io mi accoccolai al suo petto e ascoltai il battito del suo cuore, mentre lui mi accarezzava gentilmente i capelli. Mi piaceva questa sensazione, se avessi potuto fermare il tempo lo avrei fatto senza pensarci due volte.
Ormai erano quasi le quattro del mattino, ci era rimasto poco, alle 7 venivano a chiamarci e almeno alle 6 dovevo essere nel dormitorio, così come lo doveva essere lui.
"Justin conosci una certa Audrey White?"
"Mh, sì, non l'ho mai vista ma comunque la conosco, perché?"
"Perché oggi non si è presentata né in mensa né nel dormitorio e io e Amber, una mia amica, siamo molto preoccupate, cosa può esserle successo?" Continuò ad accarezzarmi i capelli, ma sentivo un po' di tensione.
"Non lo so Aly, potrebbe esserle accaduto qualsiasi cosa. Ma non pensare subito al peggio, magari qualcuno ha voluto tenerla tutta l'intera giornata"
"Oppure?" Sospirò.
"Oppure potrebbe esserle successo qualcosa di brutto. Potrebbe essere stata uccisa, anche se non consentito dal regolamento, o magari è così ferita che l'hanno portata nell'ospedale dell'edificio per un controllo, non so"
"Oh mio Dio, spero non sia stata uccisa, non potrei accettarlo"
"Se vuoi possiamo fare un giro e andare nell'ospedale, non è troppo lontano e comunque non ci sono telecamere nell'edificio"
"Sei sicuro non ci siano?"
"Sì, ne sono certo. E poi a cosa servirebbero? Nessuno riuscirebbe mai ad uscire da qua, non ci sono neanche delle finestre e molte porte sono blindate e l'uscita probabilmente è attraverso quelle porte impossibili da aprire"
"E se si creasse un esercito di schiavi che vogliono uscire?"
"Come ho già detto le porte sono impossibili da aprire, solo i capi possono accedervi, e non aiuterebbero mai l'esercito di schiavi a scappare" Rise leggermente e io annuii, pronta ad andare.
Ci alzammo entrambi e uscimmo, iniziai a camminare velocemente e lui mi prese il braccio per fermarmi.
"Fai con calma e soprattutto fai silenzio!" Era serio e decisi di fare come mi era stato detto.
Camminammo senza dire nulla per un sacco di tempo, finché non raggiungemmo "l'ospedale" che non ci assomigliava per nulla, ma ovviamente non sarebbe stato nulla di impressionante.
"Dove dobbiamo andare?"
"Non lo so, non ho idea di dove possa essere, l'ospedale è diviso in reparti e non sappiamo cosa possa esserle successo, possiamo solo supporre" Sospirai, sarebbe stato difficile trovarla.
Guardammo in varie stanze ma di Audrey non ce ne era l'ombra. Così mi sedetti stanca e Justin mi guardò rassegnato.
"Dai alzati, non possiamo perdere tempo. Se la vuoi trovare o ci muoviamo, o ci muoviamo"
"Sì ma mi fanno male la gambe, non ce la faccio più" Gli feci gli occhi da cucciolo e lui scosse la testa sbuffando.
"Ti prenderò in braccio allora" Battei piano le mano e sorridendogli gli saltai addosso.
"Ouch, mi distruggerai la schiena!" Sbuffò di nuovo scherzosamente e io sorrisi scompigliandogli i capelli.
"C'è qualcuno?" Ci bloccammo all'istante.

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Ciao ragazzi!! Scusate per la lunghissima attesa, ma spero ne sia valsa la pena!
Lo scorso capitolo ha avuto pochissime visualizzazioni e sono un po' dispiaciuta, ma ci rifaremo!
Grazie per i voti e per i commenti e vi prego di dirmi sempre cosa ne pensate e soprattutto ditemi dove sbaglio, cosi da migliorare nei prossimi capitoli.
E aiutatemi nello sponsorizzare la storia, consigliatela ai vostri amici, famiglia, a chi vi pare!
Grazie a tutti e scusate ancora!
♥♥♥

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