III - Notti insonni

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Julie mi guardò strabuzzando gli occhi, allontanandosi da me come se la sola vicinanza col telefono potesse infettarla in qualche modo. "Io non voglio averci nulla a che fare. Avevamo ragione quando dicevamo che, con ogni probabilità, sarebbero stati dei tossici".

Misi il cellulare in borsa e mi alzai dallo sgabello, dirigendomi a passo spedito verso l'uscita e rispondendole: "Non posso permettere che capiti loro niente di male. Vieni o no?".

Julie rimase seduta al suo posto, ancora un po' stordita. Poi sbuffò e si affrettò a raggiungermi con le spalle curve. "Perché non puoi lasciarli morire e basta?".

"Perché devono prima finire di pagare il mutuo", dissi, come se fosse ovvio.

***

La strada era più desolata di come l'avevamo trovata all'andata, il che era tutto dire: il lunedì sera era un momento pressoché morto ovunque, perfino in una città viva come Los Angeles.

Parcheggiammo nel vialetto di fronte casa nostra e ci avvicinammo alla loro, cercando di intravedere qualcosa a quella breve distanza: Mark e George erano in piedi con le spalle poggiate alla porta d'ingresso e le braccia incrociate, in una chiara manifestazione di noia e impazienza.

Per la prima volta mi feci seriamente prendere dal panico: iniziai a guardarmi intorno con un vago sospetto che andava rafforzandosi man mano che mi avvicinavo ai ragazzi, cercando di prepararmi a qualche eventuale ladro o assalitore.

Ma Mark e George sembravano le uniche persone sveglie fuori casa nel giro di qualche chilometro, a parte me e Julie, e ciò non mi tranquillizzò affatto.

Poi Mark si avvicinò barcollando nella mia direzione, indicandomi con un sorriso e con la testa ciondolante.

"Lei è la nostra salvatrice, signorina Stevens", singhiozzò, e nel giro di tre secondi mi ritrovai avvinghiata contro il suo fianco, mentre posava un braccio sulle mie spalle e mi stringeva come se fossi un'amica d'infanzia.

Cercai in tutti i modi di ignorare il forte odore di vodka, fumo e tequila che il suo corpo emanava, per poi chiedergli: "Cos'è successo?".

Mark fu preda di un altro singhiozzo tanto improvviso da farlo ridere. "Siamo rimasti... chiusi fuori. Christine e Tatiane ci hanno chiesto di riaccompagnarle a casa, ma nel farlo ci siamo dimenticati... di portarci dietro le chiavi. E chi poteva aiutarci, se non la signorina Stevens?".

"Non le ho qui con me, però. Devo rientrare un attimo in casa". Mi rivolsi a Julie, che nel frattempo cercava di allontanare George da sé usando un bastoncino. "Ce la fai a tenerli occupati per qualche minuto?".

Lo sguardo che mi lanciò bastò a gelarmi il sangue nelle vene. "Perché non chiamiamo direttamente gli addetti al soccorso animali?".

Ignorai la sua uscita e mi divincolai da Mark per sfuggire alla sua presa, per poi correre verso casa mia il più in fretta possibile.

Certa di aver lasciato il mazzo delle chiavi in camera mia, salii gli scalini conducenti al piano superiore a due a due, sperando che Julie non cominciasse a tirare il bastoncino in testa a qualcuno.

Scandagliai la stanza in lungo e in largo, ma delle chiavi non c'era traccia; eppure ero sicurissima di averle lasciate nella mia stanza...

Poi una voce mi fece sobbalzare sul posto.

"Cercava queste?".

Mi girai verso la porta, fissando Mark che - con un'espressione a metà fra la pazzia e la felicità estrema - giocherellava con il mazzetto di chiavi che stavo cercando.

From Hell with LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora