Nashira

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-Si svegli, signora.- disse una voce dolce -Come va?
Non sapeva precisamente cosa le stesse accadendo, o meglio, cosa le fosse accaduto.
Sapeva soltanto di trovarsi in una stanza bianca, allungata su un letto non molto comodo, a fissare il soffitto.
Le faceva molto male il punto tra le scapole, un dolore lancinante.
Con le poche forze che aveva iniziò a domandare: -Dove sono?
-È all'ospedale Sirio II.- aveva una voce stridula e per nulla rassicurante.
-L'ospedale?- chiese insospettita.
-Ha avuto un incidente.
Quelle parole le fecero ricordare troppe cose.
Una sera buia, le bombe atomiche, lei che le schivava agilmente in aria, sì, era un soldato, volteggiava nella pioggia sparando più che poteva a quei bolidi volanti provenienti dal Portale, enormi ammassi di tecnologia.
Poi un esplosivo colpì la sua ala sinistra e lei precipitò.
Non ricordava altro.
-Perché non sono stata ricoverata in un normale ospedale di guerra?
L' infermiera sospirò addolorata. -Ciò che le è successo è leggermente più grave..
Capì subito ma voleva sentirselo dire.
-Le sono state amputate le ali, erano morte.
Le lacrime iniziarono a scendere lente e dolorose, tutto ciò che aveva le era stato tolto.
Lei era uno Nilitast, un soldato fin dalla nascita, una razza antica quanto Mira.
Avevano l'aspetto umano, c'ho che li rendeva dei mutanti erano le enormi ali nere dalle piume taglienti.
I Nilitast di solito diventavano soldati, il loro "marchio" gli conferiva un posto nelle Armate. E la maggior parte delle volte era l'unico.
A Nashira non era mai dispiaciuto, aveva una casa e degli amici al campo militare, questo le bastava.
Ma ora non poteva più fare niente, le sue ali nere sarebbero rimaste lontano da lei, soppresse in un contenitore di acciaio.
Pensarci la distruggeva. La sua vita sarebbe diventata più facile, avrebbe preso il congedo militare ma lei odiava non far nulla, non poter far nulla.
Solo dopo si accorse che l'infermiera era uscita, lasciando la porta aperta.
Si intravedeva un'altra stanza di ospedale, dove una donna dai capelli rossi era distesa sul letto. Aveva una smorfia dolorante in viso e intorno a lei quattro uomini la guardavano preoccupati.
Pensò a quanto fosse fortunata, anche nel dolore, ad avere delle persone che ci tenevano a lei.
Lei era sola, a rimpiangere le sue ali.
Nashira aveva solo falsi amici, non perché fosse antipatica ma semplicemente perché erano tutti soldati e volersi bene avrebbe portato solo tanta tristezza se qualcuno fosse morto in guerra.
L'infermiera entrò nuovamente, stavolta prendendo un uomo per le spalle, con qualche problema al braccio fasciato.
Lo fece allungare sul lettino vicino a quello di Nashira, anche se lui continuava a ripetere che non aveva nulla.
Era molto alto, con un fisico muscoloso. La barba e i capelli corvini gli crescevano incolti e sotto di essi risplendevano due piccoli occhi blu.
Iniziò ad osservarla, inclinando la testa di lato, cosa che la fece innervosire. Normalmente lo avrebbe attaccato scorbuticamente, ma non riusciva nemmeno a parlare per il dolore.
-Manca qualcosa..- disse ad un tratto l'uomo.
-Scusa?- rispose Nashira tra gli affanni.
-Ti manca qualcosa, la tua corporatura, è come se gli mancasse qualcosa.
Eh no, Tony Stark non era mai stato bravo con le parole.
La donna iniziò a piangere, non riusciva a smettere. Non era da lei, tutte le lacrime che aveva soppresso negli anni si riversarono in quel momento. Maledisse l'uomo.
Ma lui le si avvicinò e iniziò ad asciugarle le lacrime amare e l'abbracciò.
-Scusa.- disse tra i singhiozzi di lei.
Nashira notò che il suo profumo era identico alla sua vecchia casa nell'antica Centauris, dove la mattina tra i corridoi aleggiava un dolce profumo di dolci alla vaniglia, una pianta terrestre. Le lacrime cessarono e si tranquillizzò.
L'uomo le prese una mano dove lasciò un bigliettino. Poi si allontanò e uscì dalla stanza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 30, 2016 ⏰

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