Anche quella sera, la ragazza usciva dalla scuola di danza alle nove in punto.Ormai era una cosa abituale, una cosa che ripeteva quasi tutti i giorni.
Le converse di Allison battevano sull'asfalto della stradina che percorreva ogni volta che tornava a casa. Quel rumore era l'unico che si udiva in tutto l'isolato.
Aveva lo sguardo perso nei suoi pensieri, era molto stanca e non vedeva l'ora di oltrepassare la soglia del suo appartamento per rilassarsi.
Dopo qualche minuto passò davanti al solito locale in fondo alla strada, situato in una via buia e secondaria.
L'insegna 'More' luminosa rosso fuoco l'accecò per un attimo, facendole distogliere lo sguardo.
Molte persone erano in fila là fuori, impazienti di entrare e divertirsi come non avevano mai fatto.
Il More non era un semplice pub dove ci si incontrava e si beveva. Quel locale era qualcosa di più: ospitava tutto ciò che esisteva di illegale.
La ragazza, come di consueto, accelerò il passo per superare del tutto la via.
Arrivata nel quartiere dove abitava intravide qualcuno seduto sul marciapiede davanti la sua palazzina.
"Michael" lo salutò con la mano e si avvicinò a lui.
Era uno dei suoi migliori amici e abitavano nello stesso palazzo in due appartamenti differenti, uno sotto all'altro.
Michael era sempre stato un ragazzo piuttosto strano. Si tingeva spesso i capelli, cambiava colore quasi ogni mese.
Lui sosteneva di dover avere qualcosa fuori dal comune, qualcosa che lo distinguesse dagli altri. E secondo l'amica ci era riuscito a pieno.
Allison lo reputava come il fratello che non aveva mai avuto: Michael sapeva prendersi cura di lei quando serviva, proprio come un fratello maggiore. Non si divertiva con nessuno come con lui, era la sua certezza, la sua spalla.
"Come è andata?" le chiese lui.
Allison si sedette accanto all'amico sul marciapiede e incrociò le gambe.
"Bene, come sempre" affermò. "Ma sono stanchissima."
Le facevano male tutti i muscoli e per questo non vedeva l'ora di immergersi in un bagno caldo con tanta schiuma.
Michael sospirò guardando un punto fisso davanti a se. "Calum oggi voleva andare al More."
Calum era l'altro amico, erano un trio. Si conoscevano l'uno con l'altro dalle elementari e da lì furono inseparabili.
Erano cresciuti insieme, nel vero senso della parola, e sapevano ognuno tutti i segreti dell'altro.
Allison si girò a guardarlo sorpresa. "Perché?" gli chiese prendendosi nervosamente una ciocca di capelli tra le mani.
"Non lo so"
Allison cercò di non dare molto peso alla notizia e cercò di rassicurare l'amico che si preoccupava per lui.
"Vedrai che è solo un periodo, lo sai come è fatto Calum." Cercò di farlo ragionare. "Ad un certo punto si stufa della monotonia, vorrebbe cambiare qualcosa, ma ogni volta comunque ritorna sui suoi passi." gli disse alzandosi lentamente dal marciapiede.
Sentiva le palpebre pesanti e sapeva che se non si dava una mossa sarebbe finita per addormentarsi sulla spalla dell'amico.
"Vado a casa, ci vediamo domani a scuola" annunciò.
Il ragazzo annuì salutandola. Sentì dietro di sé il rumore del portone che si chiudeva.
Cinque minuti e sarebbe rientrato anche lui.
***
"Potresti dire qualcosa?" L'uomo era esausto.
Il figlio accanto a lui era sdraiato svogliatamente sul sedile dell'auto e guardava distrattamente la città scorrere via dal finestrino.
Dopo quella frase, guardò suo padre incenerendolo con lo sguardo. "Cosa dovrei dire?"
"Qualsiasi cosa. Non hai detto una parola da quando siamo saliti in macchina." Ribatté l'uomo come se fosse ovvio.
Dopo qualche secondo, non avendo ricevuto nessuna risposta, continuò a parlare. "E' il tuo primo giorno di scuola."
Il biondo sul sedile del passeggero staccò lo sguardo dallo schermo del cellulare e scoppiò a ridere. Forse lo stava prendendo in giro.
Portò i suoi occhi azzurri a quelli identici del padre che lo guardavano incredulo.
"Questo è il mio terzo primo giorno di scuola." Marcò la parola 'terzo' più del dovuto. "In due anni." Scosse la testa incredulo."Direi che ormai ci sono abituato."
Luke e Andrew non erano mai andati d'accordo.
Forse un tempo si, quando abitavano in California, e il padre non era ancora arrivato all'apice della sua carriera, quando aveva ancora tempo da dedicare alla sua famiglia.
Quando iniziarono i suoi viaggi lavorativi in giro per il mondo non ci fu più spazio per nulla.
Il vero e proprio primo giorno di scuola in un'altra città fu a Boston quando frequentava ancora il quarto anno di liceo, poi a novembre si trasferirono ad Edimburgo, dove rimasero fino alla fine dell'anno.
L'ultimo trasloco e viaggio, ad inizio gennaio, era diretto dall'altra parte del mondo, in Australia, precisamente a Melbourne.
Ed era proprio tra le strade di quella città che si stava svolgendo l'animato battibecco tra padre e figlio.
Erano già stati in quella città tre anni prima durante l'estate, e Luke si chiedeva spesso il motivo per cui erano tornati.
Il ragazzo da una parte sperava che quello fosse l'ultimo trasloco, ma dall'altra ormai non faceva più alcuna differenza.
Come aveva detto prima, si era abituato a non avere amicizie stabili, a cambiare scuole senza mai ambientarsi, a percorrere strade sempre nuove.
Il segreto era decisamente non affezionarsi.
Ma soprattutto si era abituato a non avere una casa fissa, una casa che poteva considerare veramente come tale.
La casa in California era stata l'unica, tutte le altre dopo quella sarebbero state solo un tetto e quattro mura per lui.
Dopo quelle ultime dure parole di Luke, nella macchina cadde il silenzio più totale.
Andrew chiaramente non sapeva cosa dire, non sapeva cosa dire o fare per giustificarsi. Perché forse non era in grado di trovare una giustificazione a quel trambusto.
Appena arrivarono a destinazione l'uomo spense l'auto, girando la chiave con un gesto secco.
Luke, che aveva aspettato solo quel momento, aprì lo sportello e uscì di fretta senza degnare il padre di uno sguardo e di una parola.
Sapeva di aver fatto uno sbaglio a non guidare da solo fino a lì. Sicuramente dal giorno dopo lo avrebbe fatto, non potendo sopportare di passare altro tempo con suo padre.
Camminò fino al cancello principale dell'istituto, pronto ancora una volta a ricominciare tutto da capo.
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Indelible || Luke Hemmings
Fanfictionin·de·lè·bi·le/ aggettivo Che non si può cancellare. Capace di persistere, conservando validità ed efficacia oltre i consueti limiti di tempo; indimenticabile, perenne.