1 - Il giorno in cui ho conosciuto il principe alto quanto una giraffa

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Ho scritto questa storia nel 2015. E l'ho scritta male. Perciò la sto revisionando e man mano ripubblicando qui in una nuova veste che spero le dia una giusta dignità. Tanto per esaurirmi un altro po' 😀

Ecco cosa troverete:
Enemies to lovers
Lui è un principe composto ed educato
Lei una matta cafona
Liam come personaggio trash
Un po' di mistery
Un po' di spicy
Molti riferimenti ai pomodori

🌱🌱🌱

«Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte.»
— Shakespeare, Il mercante di Venezia

Esistono due tipi di persone al mondo: quelle a cui sai di poter affidare anche la tua stessa vita e quelle a cui non lasceresti in mano neanche una piantina di plastica.

Ecco, io appartengo alla seconda categoria e mio fratello Ashton alla prima.

Attraverso il corridoio di casa, con le scarpe slacciate e i jeans sbottonati. «Ashton, siamo in ritardo!» urlo, spalancando la porta della sua stanza.

L'odore di gelsomino mi fa storcere il naso. La sua camera profuma sempre così, è un tempio sacro di ordine e organizzazione. Coordinata alla persona che è mio fratello: precisa, composta e sobria.

Il suo corpo giace sul letto, a pancia in su, e il capo è girato di lato. La massa informe di ricci color miele cela ogni dettaglio del suo viso, ma so che sta dormendo.

«Ash! Siamo in ritardo,» ripeto e salto sul suo letto per strattonarlo.

Piano piano, prende vita e solleva il viso nella mia direzione. Le ciocche gli coprono gli occhi, e dopo aver sbadigliato se le sposta all'indietro. Due occhi assonnati mi fissano, confusi. «In ritardo per cosa?»

«È il dieci settembre. Oggi iniziamo il nuovo anno di college. Ricordi?»

Ashton si alza con uno scatto, perde l'equilibrio e capitombola giù dal letto. Afferra gli occhiali da vista sul suo comodino. «Oh, mio Dio. Cosa? No, non è possibile! Che ore sono?» strilla come una gallina.

Provo a rispondergli, ma lui è così nel panico che comincia a strapparsi i capelli dalla testa. È sempre stato un tipo un po' drammatico. «È una disgrazia! In ritardo il primo giorno del mio secondo anno. Non è possibile. Ma perché non mi hai svegliato? Adesso rovinerò il mio intero anno scolastico, capisci Scarlett? Capisci?»

Comincia a camminare per tutto il perimetro della stanza, incapace di calmarsi e decidere da dove partire per recuperare il tempo perso. Mi avvicino a lui e lo placco, poi gli afferro il viso tra le mani e lo scuoto con vigore, fino a farlo ammutolire.

«Scusa fratellone, ma ti serviva uno scossone per calmarti.»

«Lo so, hai ragione, gli scossoni prepotenti mi calmano sempre.» Fa un respiro profondo e punta i suoi occhi ambrati nei miei.

È una cosa nostra, che nessuno ha mai capito. Ashton è un maniaco del controllo. Quando qualcosa non va come organizzato da lui, si abbandona al panico. Afferrarlo per il volto e scuoterlo fino a zittirlo, fino ad oggi, è sempre stato l'unico modo per farlo rinsavire.

Ci scrutiamo in silenzio per qualche istante.

«Che ore sono?» sussurra.
«Prometti di non impazzire?»
Annuisce.
«Le otto e mezzo.»

«A che ora è l'incontro in aula magna?» Si sbatte il palmo della mano in fronte. «Come dannazione ho fatto a non svegliarmi!»

«Prometti di non impazzire?» chiedo, ancora.
Alza gli occhi al cielo. «Dimmi quel cazzo di orario e smettila!»

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