Un suono, come un lampo a ciel sereno, squarciò il manto di silenzio che avvolge ogni notte. Come un'invisibile fune quel rumore lo tirò a sé. Lo strattonò, violento e brutale. Lo condusse il più lontano possibile da quell'universo fatto di ciò che tentiamo di nascondere negli abissi della nostra mente, e che solo grazie al sonno riesce a riemergere in superficie. Nick aprì gli occhi, ma ciò che vide fu il nulla. Non sapeva con certezza che ore fossero. Avrebbero potuto essere le 9 di sera come le 3 del mattino ... non ne aveva idea. Il suo telefono (un vecchio Samsung che trattava alla stregua di un computer della NASA, il più economico ma allo stesso tempo non troppo obsoleto alla sua portata) era rimasto al piano di sotto. Tra l'altro, per via dell'unica (guasta) presa di corrente, non era possibile accendere la luce nella sua fredda stanza. Non aveva nemmeno l'opportunità di leggere, unico passatempo che non implicava il fare rumore. Per Nick, si prospettava una noiosa nottata.
"Perché non vivo da solo ?" .
Già. Perché? Poi realizzò che era una domanda senza senso.
"Vivo già da solo. Tutti lo facciamo ... Nasciamo soli, e sempre lo saremo fino alla morte. Non importa che io abbia 10 o 1000 o nessun amico. Alla fine, sarò sempre da solo in balia del caos." pensò tristemente.
Non era certo di aver ragione. In fondo, nessuno è infallibile, e la perfezione non esiste in questo mondo. Poteva benissimo sbagliare. Nick aveva sempre riposto un'assoluta fiducia nella fredda, infallibile, logica. Solo in essa ... non nella propria mente. Quest'ultima, poteva benissimo percorrere la via dell'errore. Tuttavia, tendeva a riporre una certa fiducia nei propri ragionamenti. E niente suggeriva la presenza di una potenziale crepa nella fortezza mentale che aveva costruito nel corso dei suoi 17 insignificanti anni.
Lo stesso rumore che lo aveva privato del piacere del sonno ritornò, intenso e disturbante come il primo. Un'altra volta, di nuovo, ancora e ancora. Non accennava a smettere. Artù aveva deciso di non farlo dormire quella notte."Salvo quella parodia di cane dalla strada e lui mi ripaga così ?"
Sapeva che al momento quel cane era forse il suo più caro amico. Solo, non voleva darlo a vedere. Come sempre del resto. Non era certo un sentimentalista Nick. Non che non avesse dei sentimenti, a suo modo. Nella sua testa, le emozioni erano come dei proiettili vaganti. Purtroppo, le pareti erano troppo spesse per essere perforate e liberare quelle emozioni. Come se fatti d'acciaio, i confini della sua mente erano impenetrabili e insondabili, a volte persino oscuri a se stesso. Ma era certo di avere ͏dei sentimenti. ͏Altrimenti, cosa lo avrebbe reso diverso da un inerte pezzo di carne ?
Prova di ciò, il singolare rapporto di odio e amore che lo legava a quel cane. Nei cinque anni trascorsi nel giardino sul retro della casa di Nick, Artù aveva trovato un briciolo di serenità. Se quel cucciolo magro da far pena trovato in una triste giornata di Gennaio non arrivava nemmeno ai 5 kg di peso, la belva famelica che in un moto d'ingratitudine aveva appena svegliato il proprio padrone sfiorava il mezzo quintale. Si vedeva che era un cane felice. E per quanto tentasse di negarlo, vedere quella bestia crescere a affezionarglisi gli aveva regalato un certo numero di sorrisi. Pur non essendo il più loquace, era per certo il più fedele amico che gli fosse rimasto. O, addirittura, l'unica creatura che poteva ancora chiamare "amico". L'unico suo difetto, l'eccessiva aggressività. Bastava un sussurro a farlo scattare ed esplodere in uno dei suoi soliti raptus di ringhi e denti in bella mostra. Probabilmente, anche quella sera il solito gatto aveva deciso di sfidarlo passandogli davanti.Se lo ricordava ancora, Nick ... il giorno in cui si erano incontrati ... Era un Venerdì o un Sabato come tanti, di ritorno da un monotono giorno di scuola, percorrendo la solita strada piena di buche che conduceva a casa sua. A sostenerlo era solamente la forza dell'abitudine. Non era certo il cervello a comandare quei lenti, regolari passi. Non era un sonnambulo, ma quasi, visto l'interesse pressoché nullo che una normale giornata di scuola suscitava in lui. Scansava le poche persone che incrociava, svoltava nei giusti punti, ma per il resto, era da tutt'altra parte. Dove? Nessuno lo sa. Io credo, nell'unico posto dove ogni uomo o donna può ancora parzialmente conservare la propria libertà. La fantasia. In fondo ... non è forse la speranza, sciocca, vana, inutile, che ci permette di continuare a vivere in questa prigione costruita dalla nostra stessa razza? Beato com'era, non aveva potuto accorgersi del cucciolo dal pelo nero come la pece che lo seguiva da ormai mezzo chilometro. Dopo quella che gli parve una vita, ma che in realtà era una manciata di minuti, si ritrovo davanti il consueto portone blindato rivestito in legno di noce dal peso di oltre 70 kg. Tutta la casa era piena di quel genere di portoni.
"Non vogliamo certo risvegliarci con un coltello fra le scapole una di queste notti, no?" era la giustificazione di sua madre.
A vanificare il tutto, ognuno di questi portoni (eccetto quello principale) era munito di chiave infilata direttamente nella serratura. Una delle tante cose insensate con cui era costretto a convivere.
Mentre era alla ricerca della chiave, da qualche parte fra i libri consumati dall'uso eccessivo, notò finalmente di essere stato seguito. Il cane stava pochi metri alla sua destra, scheletrico, nerissimo, con due occhi altrettanto neri a scrutarlo. Ricordava per molti aspetti una qualche creatura infernale che ricordava di aver visto in un film horror, ma di cui ignorava il nome. Non era certo il tipico cucciolo tutto carino e tenero che attirava gli sguardi . Anzi, era tutto l'opposto. I suoi occhi comunicavano un senso di tristezza, come se fossero stati testimoni delle peggiori atrocità dell'inferno. E per quanto Nick ne sapeva sulla vita dei cani randagi, forse così era. Non era uno sguardo semplice da sostenere. Ma Nick, lui era in grado di guardare in quegli occhi senza sentirsi turbato. Avendo avuto una vita piuttosto agiata, non poteva certo dire di aver sofferto quanto quel cane. Ma lo capiva. Capiva la sua tristezza, simile al vuoto che ormai da anni provava.
- Sei uno che non si fa molto apprezzare, eh ? - disse ad alta voce.
Il silenzio fu l'unica risposta, ma sapeva che se quel cane ne avesse avuto la facoltà avrebbe abbaiato un si. Quasi aveva visto il cucciolo articolare quella breve sillaba.
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Il silenzio è la voce della solitudine
Tajemnica / ThrillerLa pazzia è qualcosa di assoluto o relativo alle statistiche ? Su questo si basa l'intera storia. Narra del percorso verso la normalità di Nick, uno studente dal singolare modo di ragionare. La società ha il diritto di cambiarlo contro la sua volont...