Edgar

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Il corridoio era vuoto e incredibilmente buio.

Grazie al cielo le finestre erano grandi e la luce della Luna filtrata del vetro permettendomi di vedere almeno dove mettessi i piedi e impedendomi di inciampare da qualche parte.

Se fossi caduta avrei sicuramente fatto tanto chiasso da svegliare mezzo dormitorio e sarei stata scoperta.
Dopo aver fatto quell'incubo cercai di riaddormentarmi ma ero troppo agitata, così decisi di andare nella cucina della mensa per cercare un bicchiere d'acqua. Idea malsana, lo so.

Ma ormai avevo perso il sonno e sarebbe passato un bel po' prima che mi tornasse la voglia di dormire e in quell'arco di tempo non mi andava affatto di restare a letto e guardare il soffitto nel buio della mia stanza, ma da ragazza "anormale" quale ero, e sono tutt'ora, preferì gironzolare per l'edificio, buio, vuoto, inquietante... Come ho già detto...fu un'idea malsana. Sobbalzai leggermente quando sentì degli strani rumori, ero sicura di essere stata scoperta, ma quando mi girai non vidi nessuno...solo l'oscurità della parte del corridoio che avevo già percorso.

Andai avanti fino a scendere le scale, dove per fortuna c'era molta più luce, ma l'ambiente rimaneva comunque inquietante: sulla scala centrale di rifletteva la luce della Luna che entrava da una grande finestra posta proprio in mezzo, ma per il resto...buio totale. Ad un tratto mi sentì il cuore in gola...quell'atmosfera era la stessa del mio sogno, mi girai verso il punto in cui avevo sognato di incontrare quell'ombra...Non so cosa mi aspettassi di trovare, ma mi sentivo particolarmente agitata..."Tranquilla Jane, sono le stesse cose che vedi di giorno, solo che non le puoi vedere...Non c'è niente di cui preoccuparsi"
Arrivai, miracolosamente senza inciampare, in mensa e aprì la porta della cucina. Mi vennero i brividi per il freddo... -Cavolo...Non si fanno problemi se si tratta di risparmiare sul riscaldamento...-
Aprí il frigorifero e tirai fuori una bottiglia d'acqua. Avevo lasciato il frigo aperto in modo da avere un po' di luce e cercare più facilmente dei bicchieri, ma non li trovai...anzi notai un ombra nascosta in un angolo...mi ricordai del mio incubo e il mio cuore iniziò a battere forte, sperai che fosse solo la mia immaginazione, ma quando si mosse verso di me ero così terrorizzata che nel tentativo di scappare caddi a terra versando tutta l'acqua della bottiglia che avevo già aperto. -Oh mio Dio...ehi...Ma tu...- quella figura che mi ricordava tanto l'ombra del mio sogno era in realtà Edgar. Avevo in mano il suo Bloack Notes e mi fissava, non disse una parola e senza esitare prese un straccio pulendo sotto i miei occhi il disastro che avevo combinato. Io rimasi lì, a occhi aperti...Non mi aspettavo per niente di incontrarlo...né avrei immaginato che si mettesse a pulire al posto mio. Dopo qualche minuto per elaborare il tutto presi anche io uno straccio e, ancora un po' agitata, mi misi a pulire con lui.
-non c'è bisogno che mi aiuti...posso farcela anche da sola...- non mi rispose. -comunque...io mio chiamo Jane, tu sei Edgar giusto?- in quel momento desideravo ardentemente stare zitta ma le mie parole sembravano uscire da sole dalla bocca.

Il ragazzo moro mi guardó. Quegli occhi...forse per il fatto che fossero così particolari per il loro colore o forse per la malinconia della loro espressione, ma non riuscivo a smettere di guardarli. Le mie Iridi verdi erano fosse in quelle, una verde e l'altra azzurra, di Edgar. Ero sicura di sembrare una stupida fissandolo in questo modo, ma in quel momento la mia mente era come ipnotizzata da quel ragazzo.

-Ne hai parlato con la rossa vero.-

Sentendo per la prima volta la sua voce tornai alla realtà. Mi immaginavo una voce più roca e profonda, invece si sarebbe potuta definire più che altro una voce "calda". Il suo tono non era interrogativo, ma un'affermazione, non fu nemmeno tanto rude.

Non sapevo cosa rispondere. Avrei voluto negare tutto. Ma come bugiarda non ero mai stata brava, da qui si può capire perché molti mi definissero arrogante:non sapendo mentire, dicevo la verità, e spesso lo facevo in un modo prepotente che più che sincerità sembrava rabbia e frustazione verso il prossimo.

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