CAPITOLO UNDICESIMO - parte 2

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Gli occhi di Jeff, puntati dritti in quelli di suo fratello, erano rossi e lucidi.
Le lacrime avevano solcato le sue guance dalla pelle chiara, fino a cadere dal mento, e le sue labbra erano ridotte ad una stretta fessura tremante.
Rimase così: immobile, con la schiena curva e le braccia ammanettate poggiate sul tavolo, nel l'impaziente attesa di poter toccare, dopo tutti quegli anni, la mano di Liu.
Ed il castano, completamente spiazzato da quella strana richiesta, continuava a guardarlo con le palpebre spalancate. Aprì leggermente le labbra, per dire qualcosa, ma le parole morirono nella sua gola.
Era agitato al punto che sentiva la testa girare; il suo respiro si era fatto più pesante.
Le catene tintinnarono, quando il killer mosse lievemente i polsi.
-Liu...- mormorò con la fronte aggrottata, allungando le dita come meglio poteva; ma le mani del fratello, intrecciate tra loro, erano troppo distanti.
Sembrava volerle raggiungere con tutta la sua volontà, nonostante sapesse bene che le catene non lo avrebbero permesso.
Liu deglutì, e continuò a fissare il moro senza dire una parola. Era indicibile la sofferenza che poteva leggere in quei suoi occhi; poteva scorgere tutto il dolore che stava provando nel suo sguardo.
Allungò timidamente una mano verso di lui, muovendola molto lentamente, ma poi si fermò a metà strada. Ogni sorta di domanda iniziò a bombardare la sua testa.
Vorrà soltanto prendermi per mano oppure ha altre intenzioni?
Se mi tirasse a sé?
Se cercasse di aggredirmi?
Per quale motivo vuole toccare la mia mano?
Dovrei farlo, oppure farei meglio a stargli alla larga?
Il vortice dei suoi pensieri si arrestò di colpo, quando le catene ai polsi del detenuto tintinnarono ancora; Jeff aveva sollevato la mano destra, aprendo le dita per accogliere la stretta di suo fratello. Si poteva scorgere un lievissimo sorriso sulle sue labbra.
Liu riprese ad avvicinare la propria mano, con una lentezza snervante, finché ad un tratto una voce non lo fermò ancora.
-Agente Woods!-. Il capo aveva appena aperto la porta, entrando di fretta. Liu si ritrasse subito, e voltò la testa verso di lui con aria interrogativa.
-Non avvicinarti a lui- disse l'uomo, con un tono di voce severo e preoccupato allo stesso tempo. -È troppo pericoloso-.
-Ma non voglio fargli del male...- farfugliò Jeff, abbassando lo sguardo.
L'uomo corrugò la fronte assumendo un'espressione dispregiativa, e sbraitò: -Taci tu! Non sei stato interpellato!-.
-Non è successo niente- intervenne Liu, come volesse prendere le difese del fratello. Sospirò nervosamente, e sistemò la sciarpa sul suo petto. -Non ha motivo di preoccuparsi, capo-.
-Forse sarà solo una mia impressione, Liu, ma ti stai lasciando prendere dalle emozioni- disse ancora l'altro, scuotendo la testa in segno di disapprovazione -Non c'è bisogno che ti ricordi che cos'ha fatto quella persona, giusto?-.
Liu notò un cambio di tono, in quella frase, sulla parola "persona".
Ciò stava a significare che Jeff non era più da considerarsi una persona? Lui non la pensava affatto così, ma non poté permettersi di ribattere. -Non si preoccupi, so quello che faccio- si limitò a dire.
-Lo spero- rispose il capo lanciando un'ultima occhiata al killer prima di uscire dalla stanza.
Il giovane agente sospirò ed osservò l'uomo richiudere la porta dietro alle sue spalle; poi tornò a votare lo sguardo verso suo fratello, notando che adesso era tornato a fissare il pavimento con la testa bassa.
Possibile che la sua visione delle cose stesse lentamente cambiando?
Possibile che si stesse lasciando davvero coinvolgere emotivamete, arruvando a provare pena per la stessa persona che aveva odiato dal profondo del cuore?
-Per il momento abbiamo finito, Jeffrey- disse, con voce ferma.

Jeff e Liu - La nostra stella Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora