Part 2

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Quel sollazzo solitario era destinato comunque a durare fino a un certo punto. Per la precisione, fino al giorno in cui Leo sarebbe caduto dal cielo senza preavviso.

I nuovi iscritti non sapevano mai dove sarebbe iniziata la loro vita ad Amorville. Al loro debutto, il server li sputava in un punto qualsiasi della città. A Clorofilla era capitata la vetrina di un negozio di antiquari e vetri di murano, nel senso che ci si trovò scaraventata contro. Nello spirito del gioco, aveva anche dovuto pagare i danni. Per fortuna lei aveva la corteccia dura e non si era fatta niente.

Il caso volle far cadere Leo nel parco di Clorofilla, e proprio sul cespuglio di rose purpuree di damasco che lei in quel momento stava potando. Le bastò uno sguardo per rendersi conto che non si trattava di un intruso, ma di un novellino che a stento riusciva a reggersi in piedi.

"Alt più freccia a sinistra per andare a sinistra, Alt più freccia a destra per andare a destra, Shift più freccia in basso per afferrare gli oggetti", gli spiegò in maniera asciutta, senza l'intento né la speranza di fare colpo. Lui l'aveva osservata, con quel suo nasino a punta, quegli occhi azzurri, quel caschetto di fili d'oro, quei tratti angelici che erano una copia spudoratamente conforme di Leonardo di Caprio dei tempi di Titanic.

Così Clorofilla aveva assistito e sostenuto i primi passi di lui, e aveva anche ascoltato le sue prime parole.

"Quello che mi interessa davvero - aveva detto lui, che aveva appena imparato a girare la testa a destra e a sinistra - è raggiungere i posti dove vanno tutte quelle fighe, tipo Lou Lou o Monella Kitty. Sai come si fa?"

Dopo quel primo, breve incontro si erano persi di vista per un po'.

Clorofilla dovette scendere in apnea nella vita reale per diversi giorni consecutivi. Anche nella vita reale abitava in un palazzo gigantesco, che però era enorme, labirintico, color tuorlo d'uovo. Sembrava un alveare gigantesco, dove lei occupava solo una minuscola cella tra altre centinaia (che peraltro divideva con sua madre). All'interno di quella cella la sua stanza da letto era grande come uno sgabuzzino.

La vita reale era sempre stata una vita grama. Lo era stata ai tempi della scuola e lo era anche adesso che lavorava da Re Pollo dalle 13 alle 19. Pur non dovendo più svegliarsi presto tutte le mattine, sua madre aveva ancora da ridire se Clorofilla usciva dopo cena. Per questo, spesso doveva sgattaiolare di nascosto, non appena quell'essere opprimente si addormentava davanti alla televisione con il telecomando in mano, la bocca spalancata e la coperta di lana sulle gambe.

La vita reale era una vita piena di responsabilità, per quanto suo fratello e sua cognata ritenevano che lei non volesse assumersene abbastanza.

Ma avevano torto. Infatti, in quei giorni la sua vita fu interrotta da un malore improvviso di sua madre, che dovette essere ricoverata. Nulla di grave, per fortuna, e comunque Clorofilla si occupò della gestione della casa senza fiatare: pagò le bollette, l'affitto, chiamò l'idraulico, andò all'ufficio postale per ritirare la pensione della mamma. Poiché aveva quasi finito i soldi dello stipendio di Re Pollo e poiché in fondo tutta quella abnegazione meritava un piccolo risarcimento, con parte di quei soldi comprò un paio di jeans, di quelli che vendevano già strappati e scoloriti, e uno smalto blu elettrico.

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ClorofillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora