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Il fumo si dissolse, lasciando il posto a un refolo di vento fresco, odore di erba bagnata nell'aria e due figure che giace-vano accasciate nel mezzo di un vecchio edificio abbandonato, del quale non rimaneva che qualche parete diroccata. Un uccel-lo cinguettava svogliato, osservandoli come se lì intorno ci fos-se qualcosa che non era al suo posto.

L'uomo si destò per primo, scattò a sedere come una molla e dalla sua gola uscì un urlo sofferente, ma carico di rabbia: «ALEX!». Dopo lo sforzo si accasciò di nuovo sul fianco: ave-va a malapena la forza di tenere gli occhi aperti, poteva solo percepire la desolazione che regnava tutt'attorno; in sottofondo poteva distinguere uno scrosciare lento di acqua. Da una fine-stra filtrava un debole raggio di sole che faceva risplendere del-le lunghe e scomposte onde di luce. Il volto della figura fem-minile rimaneva semicelato dall'oscurità.

L'uomo non era sicuro che la donna accanto a lui fosse an-cora viva. Fu preso dall'ansia: gli mancò l'aria nei polmoni come gli era successo quando ancora si trovava in mezzo a quell'inferno di fuoco e fumo soffocante perché sapeva che non sarebbe potuto sopravvivere da solo. Era quello il patto. E se lo ricordava bene.

"No, non può essere...", ripeteva frenetica la sua mente. "Che cosa ho fatto?!".

Ansimando per il dolore, che rendeva cento volte più fati-coso qualsiasi movimento, si mosse per raggiungere la donna trascinandosi a forza di braccia, riuscendo appena a muovere le gambe ferite, su quel pavimento ricoperto di foglie secche, polvere e sudiciume vecchio di anni. Non gli importava se le sue lesioni si fossero infettate, contava solo lei. Anche se forse era troppo tardi.

Quando le fu vicino tanto da poterla toccare, con timore le scostò le ciocche di capelli dal volto, vide del sangue rappreso dovuto a una brutta ferita sulla fronte. La sua pelle, un tempo liscia e puntellata di lentiggini, ora era pallida e sporca, incro-stata di sangue e sporcizia. Ma era sempre bellissima. Il suo corpo giaceva scomposto sulla schiena; notò una pozza di san-gue scuro che si allargava sotto di lei.

«Oh no! Dio, no, c'è troppo sangue...».

Ironico che proprio lui stesse pregando per salvarla. Oltre a lottare contro quel tremendo senso di colpa che stritolava la sua anima maledetta, doveva fare i conti con se stesso, contro le azioni commesse che avevano portato a tutto questo.

"Stupido, idiota... Idiota!", si accusò.

Accostandosi alla ragazza le cercò il battito tastandole il collo con due dita. In principio non avvertì nulla; si sforzò di concen-trarsi su quel punto del suo collo, una speranza racchiusa in un debolissimo pulsare. Avvicinò poi il viso a quello della ragazza per cogliere anche solo un flebile respiro o qualsiasi altra traccia di vita. Finalmente un lievissimo alito uscì dalla sua bocca socchiusa, scaldandogli l'orecchio. Quel debole sussurro riac-cese in lui un'energia che non credeva più di avere.

Ecco la sua seconda occasione... Aveva una strana sensa-zione che gli riempiva l'animo e, immediato, un selvaggio spi-rito di possesso nei suoi confronti scattò in lui, guarendolo mi-racolosamente da ogni ferita, mentre fino a un attimo prima stava quasi per morire. Si accucciò accanto a lei con le mani a terra, come un grosso felino che all'erta con il pelo ritto scruta tutt'attorno in cerca della minaccia che sta incombendo sulla sua compagna. Sì, perché lei era proprio quello, la sua compa-gna... la sua sposa... Anche se forse l'aveva accettato troppo tardi. Ma per fortuna lei era ancora viva, e solo questo impor-tava adesso.

Doveva portarla in un luogo sicuro dove poterla curare, proteggerla per permetterle di rimettersi in piedi.

Le sue orecchie si tesero come quelle di un animale che fiuta il pericolo avvicinarsi. Con uno scatto sovrastò il corpo della ragazza ancora incosciente, voltando lo sguardo verso la minaccia incombente.

Il Cerchio di Numen  Il Fuoco dell'EaresDove le storie prendono vita. Scoprilo ora