II capitolo

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Avevo sentito qualcosa sfiorarmi le labbra e farmi battere il cuore.
Poi delle urla. Riconobbi la voce di mia sorella, ma non quella maschile. Era roca e così profonda, così bella.
Mi ero appena risvegliata, probabilmente da un incubo, stranita e senza nessun ricordo della sera precedente. Provai ad aprire gli occhi, ma non ne avevo le forze. Dopo diversi tentativi ci riuscii, ma feci fatica: le palpebre sembravano due grossi macigni da tanto erano pesanti. Non appena li aprii mi abbagliò una luce bianca, molto forte, e chiusi gli occhi di botto. Li riaprii ancora un paio di volte prima di riuscire ad abituarmi alla luce a neon.

"Caty."

Mia sorella sussurrò il mio nome. Strizzai gli occhi e guardai la sua espressione incredula: aveva le mani davanti alla bocca, gli occhi spalancati e pieni di lacrime.
Cos'era successo?
Notai subito che non mi trovavo nella mia camera, né in nessun'altra stanza di casa mia, dalla parete dietro di lei. Era di un azzurro chiaro, per buona parte, poi diventava bianca come il soffitto.

"D-dove mi trovo?" Chiesi con un filo di voce.

"Oh Caty!" Scoppiò a piangere. "Tutti pensavano che non ce l'avresti fatta. Ma io no. Io lo so che tu sei forte!"

Corse ad abbracciarmi, o meglio, ci tentò, ma non ci riuscì. Tutti i miei mucoli erano indolenziti e doloranti, mentre al collo portavo un collarino che mi impediva di muovermi e quasi mi soffocava.

"Dove sono?" Chiesi di nuovo. "Che mi è successo?"

"Amore sei in ospedale. Hai fatto un'incidente e sei entrata in coma." Sorrise con le lacrime agli occhi. "Ma ora ti sei risvegliata e andrà tutto bene, non ti preoccupare. Vado a chiamare il dottore."

"Aspetta." Dissi con tutta la poca voce che avevo nel corpo.

Non mi sentì e uscì dalla stanza.
Ero in ospedale, appena risvegliata dal coma e nella testa mi ronzavano una miriade di domande: come avevo fatto a finire lì? Da quanto stavo dormendo? Com'ero entrata in coma? Ma sopratutto: cosa mi aveva risvegliata? Cos'è che mi aveva riportata nel mondo dei vivi?
Cercai disperatamente di ricordare ciò che era successo, ma era inutile. L'unica persona che poteva aiutarmi se ne era appena andata, lasciandomi in quella stanza sconosciuta in balia dei miei mille pensieri. D'un tratto qualcuno bussò e sentii il rumore della porta aprirsi. Non sapevo chi fosse, il mio collo mi impediva il movimento di girare la testa, fino a quando la persona non entrò nel mio campo visivo.
Era un uomo alto, sulla mezza età, moro e con gli occhiali. Mi sorrise e io ricambiai il gesto, pur non conoscendo chi avevo davanti.

"Salve." Dissi.

"Buon giorno signorina, vedo che si è ripresa."

"Già." Mugolai. "Lei è il dottore?"

L'uomo fece una piccola risata, prima di rispondermi.

"Beh si, ma non il suo. Vede, io lavoro qui in ospedale, ma in questo momento sono un semplice parente in visita."

"Come mai?" Chiesi, senza pensare a ciò che era appena uscito dalla mia bocca.

L'uomo chinò il capo, spostando lo sguardo da me al pavimento. Mi resi conto, più di prima, che la mia domanda era poco opportuna.
Accidenti a me e alla mia curiosità.

"Mi scusi." Dissi con un filo di voce e piena di imbarazzo.

"No, no, non si preoccupi. È così che va la vita. C'è chi nasce e chi muore. Chi si risveglia e chi no."

"C-cosa intende dire?"

"Intendo dire che lei si è risvegliata dal suo sonno profondo, mentre mio padre.. Beh mio padre può essere che dormirà in eterno." Disse con gli occhi lucidi.

"Oh." Esclamai con un filo di voce.

La stanza si riempì di silenzio e nella mia testa rimbombava in continuazione quella domanda, senza darmi tregua: come mi ero svegliata? Cos'era stato ciò che avevo sentito? Forse lui lo sapeva. Forse lui, essendo dottore, poteva darmi la risposta, poteva trasformare uno dei miei tanti dubbi in certezza.

"Lei per caso sa cosa mi ha risvegliata?"

Il dottore alzò lo sguardo, rivolgendomi un piccolo sorriso.

"No, mi spiace."

Sospirai afflitta. Insomma, neanche lui poteva aiutarmi.

"Però avrei un ipotesi." Esclamò poco più tardi.

Sul mio volto apparve un sorriso e i miei occhi si illuminarono di speranza.

"Penso che sia stato quel ragazzo. Lo stesso che vostra sorella ha cacciato con le urla."

Quindi era di quell'angelo la voce che non riconoscevo, ma perché mia sorella gli aveva urlato contro? Era stato lui a farmi risvegliare.

"Grazie alla posizione in cui mi trovavo potevo vedere, dalla porta spalancata, il suo letto. Il ragazzo le si è avvicinato, quasi per baciarla, ma non ci è riuscito per via di sua sorella." Fece una pausa, penetrandomi negli occhi. "Sembrava che il suo respiro fosse entrato nel vostro corpo, facendovi battere il cuore di nuovo."

"Dottore." Disse una voce femminile. "Suo padre sta perdendo sempre più battiti." Non potevo vedere l'espressione del volto di quella ragazza, ma percepivo dalla sua voce la tristezza nel dire quelle parole.

"Mi scusi."

Il dottore piegò le labbra in un sorriso forzato e scappò via.
Aveva risposto ad una delle mie domande, si, ma ne aveva fatte nascere di nuove: chi era quel ragazzo? Perché mia sorella lo aveva cacciato? Lo conoscevo?
Tutto quel pensare, quelle domande, mi aveva fatto venire un gran mal di testa e mi aveva stancato.

Di fronte a me un
bellissimo ragazzo, alto
e riccio, continuava a
sorridere e mi stringeva
tra le sue forti braccia.
Subito dopo mi trovai
nella mia macchina.
Un gatto nero,
un urlo
e il buio.
Poi i pianti e quel
continuo "bip",
sempre costante,
sempre presente.
Mia sorella,
le urla,
quell'uomo,
quel ragazzo.
Un angelo dagli occhi verdi.




Ehii!
Scusatemi se aggiorno solo ora, ma la settima è stata un po' stressante e complicata.
Questo è un capitolo un po' importante e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, sia del capitolo che della storia.
Continuo a 3 commenti (di persone di verse, lol) e 30 visualizzazioni
:-))

xx
_blackdevil

In coma || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora