IV Capitolo

225 16 2
                                    

Eryn chiuse la porta dietro di se e uscì dalla stanza. Ne approfittai della solitudine per riposarmi; ero davvero stanca. Più che stanca ero debole. Avevo ripreso a mangiare da pochi giorni e il mio corpo non aveva ancora riacquistato tutte le forze.
Mi accomodai sul letto, cercando di trovare una posizione abbastanza comoda per dormire. Quando riuscii a trovarla, chiusi gli occhi per iniziare a sognare e forse, chissà, avrei potuto incontrare nuovamente quella figura angelica, ancora una volta, ancora per un'istante. Fu in quel momento che la maniglia della mia stanza si abbassò: chi è che doveva entrare ancora?! La porta si aprì leggermente, facendo passare un ragazzo alto e moro. Non riuscii a vedergli il viso, dato che era di spalle, fino a quando non si girò ed io mi bloccai di colpo, spalancai la bocca e sgranai gli occhi. Ricci scuri, occhi verdi, alto: non poteva essere lui.

"Che c'è?" Disse ridendo: aveva un sorriso bellissimo, proprio come me lo riocordavo. "Sembra che hai visto un fantasma!" E si avvicinò al letto, sedendosi di fianco ad esso.

'In realtà ho visto un angelo' pensai.
Era lui il soggetto dei mio sogni, era lui l'angelo di quella notte, ed era sempre lui il ragazzo che mi abbracciava e al quale io sorridevo.
Ma lui chi era veramente?
Feci mente locale e ricordai che fuori dalla stanza, con i miei genitori, si trovava mio cugino Harry. Doveva essere così, sì.

"Quindi tu sei Harry?" Chiesi. "Il nostro cugino lontano?"

"Già." Piegò le labbra in un sorriso quasi sforzato.

'Che strano' commentai tra me e me.
Era entrato nella stanza nella quale ero ricoverata di soppiatto, come se non fosse stato del tutto convinto della decisione di varcare quella porta. Poi c'era il suo sorriso, incantevole, ma erano i suoi occhi che mi spaventavano, i suoi bellissimi occhi che non sorridevano. Se ti immergevi in quella tonalità di verde speranza, la speranza non la trovavi. Si vedeva al suo interno un'anima debole che, con le mie parole, si era frantumata in un solo istante. Sembrava che ciò che avevo appena detto, avesse dato il colpo di grazia per distruggere definitivamente quel ragazzo, come se io avessi avuto il controllo dei suoi sentimenti.

"Io davvero, non mi ricordo di te. Scusami." Dissi ridendo. "In oltre ci siamo visti così poche volte. Potrai perdonarmi questo, vero?"

E, se come pensavo, ero io che "controllavo" i suoi sentimenti, un mio sorriso doveva provocarne uno sulle sue labbra carnose. E fu così. La mia risata lo contagiò.

"Certo che ti perdono." Rispose, anche lui ridendo.

Questa volta anche i suoi occhi si accesero, mostrandomi un panorama spettacolare, una vista splendida: lui e il suo sorriso.

"In fondo neanche io ti ricordavo così.."

"Così?" Chiesi intimandolo a continuare.

"Così bella."

Abbassai lo sguardo sulle mie mani e subito arrossii a quel complimento inaspettato.
Poco più tardi rialzai gli occhi e i nostri sguardi si incontrano. I suoi occhi mi penetrarono dentro. Ora lui poteva leggermi, ero un libro aperto.
Distolsi lo sguardo, forse imbarazzata dal fatto che stesse entrando troppo nella mia intimità, raccolsi una ciocca e la riposi dietro l'orecchio, poi lo guardai nuovamente, tentando di non fargli più prendere il controllo su di me.

"Potresti passarmi il bicchiere d'acqua, per favore?" Chiesi con un filo di voce.

"Certo."

In coma || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora