Capitolo 2

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L'insegnante ci venne incontro come un tornado. Controllai l'orologio. Le otto e mezza e per giunta eravamo zuppe.
≪Merda!≫ Sussurrai. L'avevamo combinata grossa, sparire per mezz'ora senza far sapere a nessuno, specialmente agli insegnanti, il nostro itinerario.
≪Le uniche che mancano all'appello e per giunta, le uniche che non rispondono ai cellulari! Ma cosa siete bambine? A ragazze di una certa età ci si aspetta anche una certa maturità!≫
Dalila mi stringeva forte il polso. Nessuna delle due era dell'umore giusto per sorbirsi le prediche stancanti della professoressa. Le sue parole si affievolirono piano nella mia testa. Tutto girava, piccole macchie nere mi annebbiarono la vista. La solita e inconfondibile voce che da mesi si faceva largo fra i miei sogni comparve. Era piatta, non lasciava trasparire nessun sentimento o emozione. ≪Ci siamo.≫ Per la prima volta la sentii reale, vivida. Mi sentii cedere le ginocchia, mancare il fiato. Le macchioline nere si trasformarono in un'onda di pece che mi travolse.

*********

Il ticchettio costante di un orologio appeso a un muro mi riportò alla realtà. Aprire gli occhi sotto le palpebre pesanti fu come ricevere acqua gelata in pieno volto. I lunghi capelli corvini di Dalila erano sparsi sulle lenzuola del letto come un'aureola; così addormentata sembrava una bambina. Scostai piano il braccio, bloccato della mano della mia amica. Si accorse di quel leggero movimento e sussultando fece scattare la testa in alto, una ciocca di capelli le finì sulla bocca colorata di un tenue rosso.
≪Ma sei matta? Svenire in quel modo davanti alla strada, davanti all'hotel per giunta, sono rimasti tutti scioccati saputa la notizia. Come ti senti?≫ La voce impastata era piena di preoccupazione. ≪Beh, non benissimo direi. Lasciamo stare, dev'essere stato un calo di zuccheri. Tutto qui.≫ Evitai di guardarla negli occhi. Non riuscivo a mentirle, ed era proprio quello che stavo facendo. Sentivo i muscoli doloranti, le gambe intorpidite, le orecchie fischiavano e tanti puntini neri presero a danzare davanti ai miei occhi. Respinsi anche un conato. Per giunta mi sentivo fredda, vuota, come se mi avessero risucchiato tutta l'energia. Come potevo aggiungere altre grane a Dalila, già troppo preoccupata?
≪Forza aiutami ad alzarmi. Dai, avanti è inutile che mi fissi con quella faccia preoccupata, sto bene! Scendiamo sotto a trovare gli altri.≫ Incrocia i suoi occhi per pochi secondi. Cavolo. Ero fregata. Ormai aveva capito tutto. Si alzò lentamente dalla sedia accanto al letto e prese ad attorcigliarsi i capelli sull'anulare come faceva sempre. Una sorta di tick nervoso. Per un paio di minuti restò in silenzio dandomi le spalle, tese.
≪Io, veramente, cerco di far di tutto dopo quello che ti è successo, dopo tuo padre, capisco che tu non abbia superato la cosa ed è giusto che non ne voglia parlare con me. So quanto eravate legati, quanto tu ci soffra. Ma non ti chiudere in te stessa, non soffrire da sola, ci sono io con te. Ci sarò sempre. Pensavo che le cose stessero migliorando, poi sono comparsi quei strani sogni, quel ragazzo. Okay, ammetto che per un momento non ti ho creduto, magari lo stress. Poi ti ho guardata. Le ombre sotto i tuoi occhi si infittivano ogni notte. Allora ho capito che avevi bisogno di me più di ogni altra cosa al mondo. Quindi ti prego, parla con me, sfogati, spacca qualcosa se ti può servire, ma ti scongiuro. Non mentirmi.≫
Dimenticai per quei pochi secondi di respirare. Mi guardava con occhi lucidi, le braccia incrociate al petto, un leggero tremolio le attraversò le spalle. Vederla così mi spezzava il cuore.
≪Io ho sempre pensato a come mi sentissi, non ho mai pensato a te. Ai tuoi sentimenti, per questo ti chiedo scusa. La mia famiglia si è sgretolata prima che me ne accorgessi, prima che fossi capace di fare qualcosa. Tu mi sei stata sempre accanto. Non sono abbastanza forte da affrontare questa storia purtroppo, né con te, né con altri. Sono l'incapacità fatta persona.≫ Sussurrai l'ultima frase così piano che temetti non mi avesse sentito.
≪Ale, come puoi farti colpa di quello che è successo? Tuo padre è morto a causa di un cancro. Gli sei stato sempre vicino, fino l'ultimo giorno. Pensi non ci voglia coraggio ad affrontare ciò? Pensi che non ci voglia forza alzarsi il mattino con il sorriso stampato sulle labbra? Non ti ho mai vista piangere. Mai. La vera forza è andare avanti, alzarsi e ricominciare. È quello che avrebbe voluto lui. E lo sai.≫ La sua voce divenne acuta e per poco non si spezzò. I miei occhi si inumidirono. ≪Ciò non giustifica il fatto di come ti abbia trattato in questi mesi.≫ Mi dispiaceva, trattarla con freddezza, mentirle, non parlarle. Ero così concentrata sul mio dolore da non essermi accorta del suo. Sentii nel mio cuore crearsi una piccola crepa. ≪Io ti capisco. Non sono arrabbiata, sono preoccupata per te, voglio solo vederti felice. So anche che non vuoi affrontare la situazione. Perciò ti lascerò tempo, per riflettere e pensare.≫ Si stava sforzando, non amava lasciare le discussioni a metà. Lo stava facendo per me, consapevole del fatto che non avrei mai retto un simile discorso su quell'argomento. Mio malgrado dovevo lasciar correre. Mi odiavo. Troppo fragile, troppo insicura, non riuscivo a fidarmi neanche della mia migliore amica. Disprezzavo me stessa. Sospirai sonoramente e mi alzai dal letto. Ero ancora vestita e fradicia. Raggiunsi Dalila ancora in piedi con le braccia strette al petto, la bocca secca e il viso arrossato sulle guance. Le presi le mani e l'abbracciai. Per un attimo rimase immobile, poi ricambiò l'abbraccio stritolandomi a sua volta. Lentamente stava tornando la ragazza energica e frizzante che conoscevo. ≪Bene, adesso ti aggiornerò. Sono le nove passate, gli altri sono andati a teatro compresi i professori; c'è uno spettacolo molto simpatico organizzato dalla gente del posto. Se ti fossi sentita meglio mi hanno consigliato di andare. Questo dipende da te, ovviamente.≫ Sciolse l'abbraccio e mi guardò con i suoi grandi occhi nocciola. Cercava di scrutare ogni sentimento o emozione che passasse in me. Annuii lentamente. Mi sentivo ancora un po' giù ma sempre meglio da quando mi ero svegliata. Raccolsi il giubbotto di pelle buttato distrattamente sul letto e le presi la mano. Prima di uscire dall'hotel mi accompagnò nella sala ristò e prese un bel tramezzino con la maionese. Il mio preferito. ≪Mangia, per il tuo calo zuccheri≫ lo disse in tono scherzoso e per la prima volta dopo essermi svegliata sorrise. Sulla guancia sinistra comparve una fossetta, i suoi denti perfetti e bianchi risplendevano in quella stanza poco illuminata. Il mio corpo si liberò dal freddo e vuoto opprimente di prima. Feci un mezzo sorriso sbilenco a mia volta. Portò il braccio sopra le mie spalle con fare protettivo e canticchiando ci avviammo verso le porte di vetro scorrevoli. Mentre lei rideva, scherzava si prese metà del mio tramezzino. Come sempre. La sua fame era implacabile. Le vie erano illuminate dalla luce fievole dei lampioni, la stradina stretta di pietra che stavamo attraversando era deserta. Udivo solo la voce di Dalila che rideva mentre mi raccontava la faccia dell'insegnate appena mi aveva visto crollare come una marionetta a cui si tagliano i fili. Né io né lei ce ne accorgemmo. Dei penetranti occhi neri come la notte ci osservavano dalle ombre al margine della strada.

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